Il teatro Petruzzelli
3 minuti per la letturaDIVERSE le soluzioni in campo, ma tutte da definire. Si va dall’esproprio al sequestro conservativo, dalla transazione all’ennesimo protocollo d’intesa. Ma ogni scelta dipenderà anche dall’atteggiamento della controparte. Dalla disponibilità a non alzare il tiro e a sedersi attorno a un tavolo.
«Al momento nessuna strada è preclusa. Nelle prossime ore ci saranno nuovi incontri tra i tecnici per definire le azioni da intraprendere» spiega Antonio Antonio Decaro lanciando segnali distensivi per «chiudere al più presto questa ferita per la città».
Si tenta la procedura dell’ago e filo per ricucire l’ennesimo strappo attorno al futuro del teatro Petruzzelli. Per rammendare la nuova crepa nell’infinita tela di Penelope cucita addosso alla lunghissima battaglia legale. Ieri mattina a Roma il sindaco di Bari, e presidente della Fondazione che gestisce il politeama barese, ha avuto un lungo colloquio, di circa novanta minuti, con il ministro ai Beni Culturali Dario Franceschini per trovare una strada praticabile dinnanzi al bivio creato dall’ultima sentenza della Corte di Appello di Bari: il Petruzzelli deve svoltare verso la direzione della proprietà pubblica o deve fare marcia indietro verso la proprietà privata, adesso sancita dai giudici?
Un colloquio in ogni caso definito “interlocutorio” in attesa di capire le valutazioni che farà l’avvocatura dello Stato e le mosse dei Messeni Nemagna. Rientrati dalla porta principale della proprietà ma condannati a versare all’erario la cifra di 43,4 milioni, i fondi pubblici spesi per ricostruire il teatro divorato dalle fiamme nella notte del 27 ottobre 1991.
«Con il ministro – spiega Decaro, volato a Roma con il capo di gabinetto Vito Leccese e con il direttore generale del Comune Davide Pellegrino – abbiamo condiviso un obiettivo fondamentale: fare tutto ciò che è necessario e possibile per evitare l’interruzione della stagione e delle attività della Fondazione. Dobbiamo tutelare con qualsiasi strumento a nostra disposizione la fruibilità pubblica di un teatro che è stato interamente ricostruito con fondi pubblici».
E nelle pieghe del suo discorso si materializza l’appello a una sorta di senso di responsabilità da parte della controparte, i sette eredi Messeni Nemagna che già, a poche ore dalla sentenza di giovedì scorso, hanno annunciato l’intenzione di ricorrere in Cassazione per contestare il pagamento dell’indennizzo allo Stato e per vedersi riconoscere il protocollo d’intesa del 2002, spazzato poi via dalle azioni amministrative degli enti locali e infine dalle decisioni della giustizia.
«Io sento il dovere personale e istituzionale – sottolinea il sindaco – di creare un clima di distensione per cercare di chiudere al più presto questa ferita per la città, chiamando tutti a collaborare. Per questo, responsabilmente, non ho voluto usare toni drammatici e non sto facendo dichiarazioni che possano alimentare il conflitto. Devo però sommessamente notare che mentre noi stiamo tenendo fede a questo proposito, dall’altra parte si moltiplicano prese di posizione e richieste al rialzo. Temo che in questo modo non si vada da nessuna parte».
Insomma, l’invito al dialogo «anche perché Bari sa bene che se il teatro Petruzzelli oggi è vivo, e può vantare una produzione culturale di altissimo livello, lo si deve allo Stato che ha speso 45 milioni di euro appartenenti a tutti i cittadini. Per me è da questo dato che è necessario ripartire». Le prossime settimane diventano così decisive.
Attorno al tavolo bisognerà mettere anche gli altri soci fondatori della Fondazione, la Città Metropolitana (guidata sempre da Decaro) e la Regione Puglia che in questa prima fase ha deciso di non comparire dinnanzi al ministro, nonostante la presa di posizione delle scorse ore di Michele Emiliano.
Il governatore ha indicato come possibile soluzione la strada dell’esproprio e ha garantito da parte della sua amministrazione tutto l’appoggio politico ed economico per chiudere la faccenda. Intanto la famiglia proprietaria respinge l’ipotesi esproprio – già tentato inutilmente dal governo nel 2006 – e resta alla finestra. In attesa di una chiamata da Roma. Dal centralino del Ministero ai Beni Culturali.
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