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I lavoratori della Brsi di Bitritto durante un sit-in di protesta

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Più che un trasferimento, un vero e proprio licenziamento. I sindacati dei metalmeccanici denunciano quanto accade alle Brsi (Business Remote Solutions Italia) di Bitritto. I 92 lavoratori della sede barese dell’azienda del settore informatico e tecnologico rischiano di rimanere a casa almeno che non accettino il trasferimento in Sicilia, a Misterbianco, in provincia di Catania, il prossimo 13 dicembre.

Una decisione che dipenderebbe dalla fusione con la società Rsh (Remote Service Holding) e la razionalizzazione del lavoro che non convincono i rappresentanti di Fiom Cgil e Uilm che chiede una convocazione urgente dell’azienda e della task force regionale per il lavoro. La sede verrà quindi chiusa, dopo che l’intervento degli stessi sindacati aveva scongiurato il licenziamento dei 92 dipendenti nel 2020.

«Non è la prima volta – spiegano i metalmeccanici della Uil- che i lavoratori della Brsi sono oggetto di cessioni e macchinazioni varie sempre per mano di grandi aziende informatiche multinazionali. Come organizzazioni sindacali da sempre abbiamo denunciato la poca chiarezza e la mancanza di prospettiva rispetto all’ultima cessione del ramo d’azienda fatta dal colosso industriale informatico Dxc Technology a Solutions30, con la creazione di Brsi. Nonostante l’azienda sia satura di lavoro e pur avendo ancora tutte le commesse attive, attualmente i lavoratori sono in cassa integrazione. Come si è già visto in tante altre vertenze sul territorio nazionale – aggiunge il sindacato – stiamo assistendo a un ricatto occupazionale che di sicuro porterà nuovamente ad un licenziamento collettivo, ancora una volta nel già martoriato Mezzogiorno».

Le cessioni per mano di grandi aziende informatiche multinazionali in questi ann sonos tate diverse: Eds, HP, Dxc technology, Es srl e Solutions 30 srl. Quest’ultima ha creato l’azienda ad hoc Brsi, con capitale sociale di soli 10 mila euro e un’operazione, secondo le sigle sindacali, costata oltre 13 milioni di euro alla cedente.

Un’operazione sembrata poco trasparenza. Come se non bastasse «i lavoratori – spiega il segretario Fiom Ciro D’Alessio – in passato erano stati ricattati con la richiesta di una riduzione del 30 per cento dello stipendio da parte di Solutions30, proposta indecente non accettata nel 2019 che sfociò nell’apertura di una procedura di licenziamento collettivo sventata grazie all’intervento dei sindacati e della Task Force della Regione con l’Arpal». Nonostante le commesse con Eni, Ferrero, Miur, Falck, Motorizzazione civile e Fastweb, i lavoratori in cassa integrazione «hanno a che fare con una scatola vuota».

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