Il presidente della commissione Trasparenza, Filippo Melchiorre, assiste alla riunione collegato da remoto
3 minuti per la letturaTimidi segnali di riapertura. Da un lato la proprietà che torna a rilanciare una trattativa non disdegnando nemmeno un esproprio (concordato). «Ma a patto di un equo indennizzo perché – come spiega uno dei legali – i miei assistiti non navigano nell’oro». Dall’altro il Comune che, in attesa dei prossimi sviluppi legislativi e nelle aule di giustizia, sonda il terreno su un possibile accordo di locazione.
«Alla famiglia chiediamo di farci pervenire copia dell’ultimo contratto di gestione del 1990» dice il direttore generale di Palazzo di città Davide Pellegrino. L’obiettivo è sanare nell’immediato almeno la posizione della Fondazione: dal 18 novembre scorso, giorno della sentenza, l’ente lirico occupa senza titolo l’immobile. È di fatto diventato un inquilino in una proprietà non più pubblica ma privata. Quando tutto sembrava ormai compromesso si rialza il sipario sulle possibili trattative attorno al teatro Petruzzelli di Bari.
Ieri, prima volta in questa lunga battaglia legale che si trascina da oltre quindici anni, la proprietà e il Comune sono tornati a parlarsi. Merito della commissione consiliare Trasparenza, presieduta dal consigliere comunale di Fratelli d’Italia Filippo Melchiorre, per aver riunito (seppure con collegamenti da remoto) tutti i soggetti interessati: i Messeni Nemagna, i rappresentanti del Comune e i rispettivi legali.
Un virtuale faccia a faccia inevitabile dopo le due sentenze che hanno nuovamente ingarbugliato il destino del politeama: riassegnato dai giudici agli ex proprietari, contestualmente condannati a pagare 43 milioni per la ricostruzione e a dire addio a ogni pretesa sul protocollo d’intesa del 2002 perché dichiarato «inefficace». Difficile però chiamarlo “disgelo totale”. Nelle oltre due ore di colloquio le parti hanno rimarcato nettamente le proprie posizioni, dopo le polemiche a distanza degli ultimi giorni.
«Noi abbiamo invocato la mediazione civile ma la parte pubblica ha dato il cattivo esempio disertando l’incontro. La famiglia vive in un perenne stato di angoscia essendo stata sempre ignorata da tutti gli enti» dice uno dei legali, Ascanio Amenduni, riassumendo tutto l’iter giudiziario e ritornando sull’incontro del 9 dicembre scorso annullato dal sindaco Antonio Decaro. «Noi non vogliamo stracciare le sentenze. Non abbiamo fatto alcun gioco al rialzo e siamo disponibili a ogni trattativa, anche da tenersi al Polo Nord per parlare su tutto. Anche sull’esproprio e i dovuti indennizzi» sottolinea il legale.
Dichiarazioni chiarissime che ammorbidiscono la linea del Comune esposta dal direttore Pellegrino: «Noi come amministrazione nemmeno un’ora dopo le sentenze abbiamo convocato gli eredi ma le successive dichiarazioni della controparte, seppur legittime, sono andate nella direzione opposta rispetto a quanto auspicavamo. Non si può invocare una mediazione stabilendo però a priori delle condizioni e chiedendo di cancellare le sentenze. E gli enti pubblici devono avere dei comportamenti ineccepibili, non possono ragionare per simpatie o antipatie».
Insomma, dal fronte Comune non c’è alcun pregiudizio sulla famiglia. «Ma dal protocollo si può ripartire. Basta che l’attuale Provincia (Città metropolitana, ndr) ratifichi l’accordo con data retroattiva» rilancia Amenduni. Perché quel protocollo per la famiglia resta la pietra miliare. Riconosceva la proprietà privata, ammetteva la gestione tramite una Fondazione pubblica e stabiliva anche un canone di locazione quarantennale, dell’importo di 500mila euro all’anno.
Ora si potrebbe ripartire almeno da un accordo con il Comune e gli altri soci della Fondazione con un contratto di gestione simile a quello che sino al 1990 regolava i rapporti tra la famiglia e l’allora gestore Ferdinando Pinto, prima dell’incendio del 1991. «Un canone che andrà rivisto con gli adeguamenti Istat ma che almeno regolarizza la presenza della Fondazione in un teatro privato» è il ragionamento lineare delle ultime ore a Palazzo di città con un filo diretto su Roma. «Trasferiremo a chi di dovere – sottolinea Pellegrino – l’idea che la famiglia non è contraria all’esproprio».
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