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L’avvocatura comunale valuta la possibilità concreta, nell’arco di due mesi, di un ricorso in Cassazione per ribaltare il tema della proprietà. E per approfondire quella parte della sentenza che parla di «restituzione dell’immobile».
Ma si guarda con interesse anche alle mosse dello Stato e in particolare della Protezione civile che il 19 gennaio scorso ha deciso di iscrivere il bene all’ipoteca giudiziale per blindare il credito degli oltre 43 milioni di euro vantati per la ricostruzione. E che, secondo i giudici, i privati devono adesso pagare per riprendere in mano la proprietà dell’immobile.
Si ingarbuglia sempre più il destino del Petruzzelli di Bari tra novità e contromosse emerse ieri dalla commissione Trasparenza del Comune. L’organo consiliare che sta approfondendo le criticità emerse dalle recenti sentenze della Corte d’Appello di Bari, quelle che hanno estromesso la proprietà pubblica dal politeama.
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La posizione dell’amministrazione comunale, illustrata dal direttore generale Davide Pellegrino, è riassumibile in due punti chiave: nessuna trattativa al rialzo con i Messeni Nemagna e l’indisponibilità a riesumare il protocollo d’intesa del novembre 2002 e che gli stessi giudici hanno definito «nulla e inefficace». «E che se era impresentabile vent’anni fa, oggi lo è ancor di più» ragionano a Palazzo di città. Il Comune insomma rispedisce al mittente la richiesta avanzata di recente dai legali degli eredi di ripartire da uno schema di accordo – sulla scia dell’ultimo siglato nel 1990 con l’allora gestore Ferdinando Pinto – basato su un canone quantificato in un milione e 700mila euro all’anno. E che secondo loro avrebbe origine dal protocollo del 2002.
«Ma quella cifra allora attestata sul milione e 275mila euro (e quindi oggi lievitata con la rivalutazione, ndr) era solo inserita in una bozza. Il protocollo firmato prevedeva 500mila euro di canone annuo per 40 anni» ha ribadito Pellegrino ai consiglieri comunali della commissione guidata da Filippo Melchiorre (Fdi). Un protocollo che la stessa amministrazione Decaro oggi giudica «illogico» e «sbilanciato solo a favore dei privati» visto che metteva tutto a carico dello Stato, obbligato non solo a rimuovere le macerie del teatro incendiato, ma anche a ricostruire il bene, a gestirlo e a versare ai proprietari un canone per 40 anni. Con tutte le incognite successive alla scadenza degli accordi.
«Un protocollo che nemmeno un marziano riuscirebbe a capire. E se c’è materia per la Corte dei conti, io credo che sia proprio questo aspetto. Su chi firmò quel protocollo, un vero e proprio regalo» le spiegazioni di Pellegrino riferendosi indirettamente alla recente mossa dei Messeni Nemagna di rivolgersi alla magistratura contabile per accertare i 5 milioni di euro messi dall’ex Provincia per rispettare un protocollo che poi nei fatti non ha mai ratificato (la causa madre che secondo i giudici ha fatto cadere tutto l’impianto degli accordi sottoscritti nel 2002).
Intanto anche la stessa Fondazione – che oggi occupa e gestisce il teatro per la sua stagione – ha fatto degli approfondimenti con i suoi legali per capire la propria posizione di inquilino. «Ma fino a quando – ha spiegato Pellegrino – la sentenza sulla proprietà non diventa esecutiva, la presenza dell’ente lirico-sinfonico è in regola. L’unica parte esecutiva della sentenza è quella che condanna i privati a pagare lo Stato per la ricostruzione». Ora il prossimo passo della commissione Trasparenza sarà la convocazione degli eredi. «A loro manderemo il verbale dell’audizione con il Comune e chiederemo di fissare una data per ascoltarli» ha annunciato il consigliere comunale Melchiorre.
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