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Maxi sequestro preventivo della Finanza di Bari che mette i sigilli per una presunta evasione fiscale a beni per oltre 32 milioni di euro

BARI – I Finanzieri del Comando Provinciale di Bari hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo di beni per un valore complessivo di circa 32 milioni di euro. Il sequestro ha riguardato una società portoghese, operante nella gestione di un servizio a pagamento per la pubblicazione di annunci su un noto portale web, amministrata nelle province di Torino e Cuneo, nonché dei suoi 22 soci, quale profitto del reato di omessa dichiarazione commesso nella forma associativa, ossia evasione fiscale.

Il decreto, emesso dal gip del Tribunale di Torino, su richiesta della Procura, «costituisce – spiega la Finanza – l’epilogo di una verifica fiscale e delle indagini di polizia giudiziaria delegate al Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Bari inizialmente dalla Procura della Repubblica barese. Il fascicolo processuale è stato successivamente trasmesso, per competenza territoriale, alla Procura della Repubblica torinese che ha svolto gli ulteriori accertamenti».

Scendendo nel dettaglio, l’attività investigativa «trae origine da approfondimenti antiriciclaggio eseguiti dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Bari». Gli accertamenti hanno evidenziato che «il sito sarebbe gestito da una società cartolarmente con sede a Madeira (Portogallo), ma di fatto amministrata in Italia da un commercialista di Mondovì in provincia di Cuneo».

A seguito degli accertamenti la Procura della Repubblica di Bari ha disposto «una mirata attività di perquisizione locale, tra l’altro, presso l’abitazione del commercialista cuneese».

LE PROVE DELLA PRESUNTA EVASIONE FISCALE DIETRO IL MAXI SEQUESTRO DI 32 MILIONI

La finanza ha trovato «numerosi files audio riproducenti le registrazioni effettuate dall’amministratore, sui suoi telefoni cellulari, delle riunioni con i soci e con i consulenti che lo avrebbero affiancato nell’attività gestoria e amministrativa della presunta società esterovestita e di quelle ad essa collegate». Inoltre, sono stati «acquisiti elementi indiziari idonei a svelare gli espedienti utilizzati per eludere la tassazione degli utili da parte degli indagati, attraverso l’utilizzo dello schermo di strutture societarie estere». Nello specifico, «gli utili conseguiti dalla società di Madeira sarebbero confluiti inizialmente in una controllante, con sede a Cipro, che li avrebbe successivamente distribuiti a entità giuridiche del Regno Unito, riconducibili agli odierni indagati, i quali, a questo punto, avrebbero potuto decidere se tenerli “parcheggiati” all’estero, effettuare investimenti nei predetti Paesi o far rientrare parte delle somme in Italia, mediante l’inclusione del relativo importo nel quadro RW del modello dichiarativo presentato ai fini delle imposte dirette».

Inoltre, «la società portoghese avrebbe omesso la presentazione delle dichiarazioni fiscali e posto così in essere una presunta, sistematica evasione delle imposte dovute in Italia. Ciò in quanto avrebbe avuto solo formalmente la residenza all’estero, poiché i soci erano, per la quasi totalità, residenti in Italia, le strategie decisionali sarebbero promanate da Torino e le attività economiche sarebbero state rivolte, principalmente, al mercato nazionale».

Considerati gli indizi raccolti la Procura ha richiesto il sequestro «al fine di inibire il consolidamento del vantaggio economico derivante dalla presunta evasione». Il gip ha accolto emettendo il decreto di sequestro dei beni nella disponibilità delle società portoghese, dei suoi amministratori e soci.

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