Una filiale della Banca popolare di Bari
2 minuti per la letturaBARI – La Banca popolare di Bari ha chiesto di essere estromessa come responsabile civile dal processo sul crac delle società del gruppo imprenditoriale Fusillo di Noci, come ha fatto anche ieri al diverso processo nel quale sono imputati gli ex amministratori dell’istituto di credito.
Questa volta, però, la Procura – a differenza di ieri – si è opposta. Anche in questo caso la richiesta della banca si basa sulla presunta violazione del diritto di difesa per non essere stata convocata in occasione dell’accertamento tecnico irripetibile relativo alla copia forense di alcuni cellulari, fatto durante le indagini.
Il pm Lanfranco Marazia ha replicato sostenendo che nella fase delle indagini la Procura non può sapere se ci sarà e chi sarà il responsabile civile. Sarebbe come – ha spiegato in sintesi il pm in aula facendo un paragone – se nelle indagini per morti sospette in ospedale o presunte colpe mediche si convocassero alle autopsie le aziende sanitarie, nella previsione che vengano in un eventuale processo citate come responsabili civili. Inoltre, ha spiegato il pm, quell’accertamento sui telefoni non avrebbe sortito effetti in termini di prove poste a fondamento dell’accusa.
Ieri invece, con il pm di udienza Federico Perrone Capano, la stessa Procura aveva ritenuto fondata la medesima questione sollevata dalla banca nel diverso processo. I giudici decideranno il 5 ottobre.
Il Tribunale, presidente Rosa Calia Di Pinto, oggi nel processo per il crac Fusillo si è riservato e ha rinviato al 30 novembre, quando i giudici decideranno anche sulle richieste di costituzione delle parti civili: le società fallite Fimco e Maiora del gruppo Fusillo, la stessa Banca popolare di Bari e quattro azionisti. Anche la curatela di una terza società, la Ambasciatori Immobiliare che è stata dichiarata fallita ieri dal Tribunale di Bari, potrebbe chiedere di costituirsi parte civile.
Nel processo per il crac Fusillo sono imputate 14 persone, tra le quali Marco e Gianluca Jacobini, padre e figlio rispettivamente ex presidente ed ex condirettore generale della Popolare di Bari, otto imprenditori e altri ex dirigenti dell’istituto di credito, tra i quali l’ex ad Giorgio Papa. Con la complicità dei vertici della banca, è l’ipotesi accusatoria, gli imprenditori avrebbero dissipato i beni aziendali con cessioni di quote e immobili per almeno 93 milioni di euro fino al 2019 e accumulato debiti stimati in circa 430 milioni di euro.
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