L’ingresso monumentale della Fiera che affaccia sul lungomare nord
3 minuti per la letturaOggi non verrà pronunciata la frase che dal 1946 veniva ripetuta dai presidenti del Consiglio in carica. Non ci sarà il premier Mario Draghi a proferire le parole che, ogni anno, davano il via non solo alla Campionaria storica ma ad una nuova stagione politica ed economica del Paese: «Dichiaro aperta l’85esima edizione della Fiera del Levante». Non si udirà questa dichiarazione nel padiglione riservato ai grandi appuntamenti.
Oggi si sarebbe dovuta tenere la cerimonia d’inaugurazione, invece i cancelli restano desolatamente chiusi. Un brutto colpo per Bari, d’immagine ma anche di sostanza: dal punto di vista economico, la città perde introiti importanti, a rimetterci è tutto l’indotto, compresi i settori della ristorazione e quello alberghiero. Certo, la Fiera non era già più quella degli anni Novanta o addirittura degli anni Sessanta e Settanta: il declino è stato lento ma progressivo. Basti pensare che gli espositori sono passati da circa 800, picco massimo, a 200 dell’ultima edizione. Non solo: i visitatori nel 2020 sono stati appena 80mila, nei tempi d’oro si sfioravano i 900mila tagliandi staccati. Poi negli anni Duemila il tracollo, sino al periodo più buio: tra il 2014 e 2017 la Fiera del Levante ha rischiato di chiudere, per sempre.
Di fallire sotto i colpi di un buco di circa 8 milioni di euro. Sotto la gestione del presidente Ugo Patroni Griffi il difficile rilancio e il salvataggio, dovuto anche grazie all’ingresso nella compagina societaria di Bologna Fiere. Ma anche dopo aver evitato il crac definitivo, la Campionaria non è mai più tornata al suo «splendore», l’ultima edizione di «rilievo» è quella del 2019 con 300mila visitatori, il numero più alto negli ultimi dieci anni. La crisi è sistemica, la Campionaria generalista non funziona più: la Fiera del Levante pesa ormai circa il 2% del totale delle presenze registrate nelle fiere internazionali italiane.
In tre anni, dal 2010 al 2012, ha perso 770mila visitatori. Il calo è vistoso: si è passati da circa 998.000 ospiti del 2010 a circa 224.000 nel 2012. Stesso discorso per gli espositori, nel 2010 erano 800 circa, nel 2012 appena 433, nel 2020 solamente 200, un quarto. Anche gli spazi espositivi affittati si sono ristretti da 45 a 35mila mq. Per non parlare dei bilanci: i ricavi tra il 2002 e il 2012 hanno fatto registrare una flessione del 65%. I padiglioni oggi sono semivuoti, quasi tutti affittati e occupati da agenzie partecipate della Regione Puglia. A tutto questo bisogna aggiungere una convivenza non facile con l’ospedale Covid, che ha sottratto altri 15mila metri quadri all’area fieristica.
«È un colpo al cuore per chi come me ha partecipato ad ogni inaugurazione sin da quando aveva 17 anni», ammette Mimmo Magistro, memoria storica ed ex componente del consiglio di amministrazione della Fiera durante la gestione del presidente Ugo Patroni Griffi. Magistro non condivide la decisione di lasciare lì l’ospedale Covid come vorrebbe fare il presidente Michele Emiliano.
«Davanti ad una emergenza come quella della pandemia – dice – è chiaro che è stato giusto cedere una parte dell’area per l’ospedale, ma pensare di tenere lì il centro Covid non credo sia una scelta corretta, non la considero una opportuna presenza. Finita l’emergenza bisognerà trovare una soluzione che sia idonea».
Magistro non nasconde la «sofferenza» per l’annullamento dell’85esima edizione: «È un grosso peso per me ma per tutta la città di Bari». «Non ho perso mai una Fiera del Levante – prosegue – ho avuto il piacere e l’onore di seguire la Campionaria in ogni sua edizione e anche come componente del cda. Soffro a vedere l’attuale situazione. Nella gestione con Patroni Griffi risollevammo l’Ente, ricordo che io presi l’iniziativa di far verificare tutti i beni che stavano all’interno della Fiera: c’erano centinaia di quadri e decine di sculture, alcune anche di valore, che erano abbandonate e non erano mai state catalogate. Facemmo fare una perizia e pubblicammo anche un libro. Avevamo un valore dei beni artistici superiore persino alla perdita nei bilanci. Poi, cedemmo alcuni locali inutilizzati ad alcuni enti regionali e rinunciammo alle indennità».
Sembrava l’inizio di un nuovo corso, l’avvio di un percorso di rinascita per la Campionaria, ed invece le cose sono andate diversamente, per colpa anche ma non solo del Covid. Oggi nessun discorso politico risuonerà tra le mura dei padiglioni, i cancelli restano chiusi.
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