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«Deve essere tutelato l’interesse della minore, che deve poter fruire del diritto di essere mantenuta, istruita, educata ed assistita moralmente da entrambe le persone che considera di fatto suoi genitori e che hanno concorso alla sua nascita sulla scorta di un progetto genitoriale condiviso». E’ la motivazione con la quale il Tribunale civile di Bari ha rigettato l’istanza di parziale rettifica della trascrizione sul registro di stato civile del Comune di Bari dell’atto di nascita di una bambina, figlia di due madri, nata nel 2017 negli Stati Uniti con la maternità surrogata.
Nell’istanza, presentata dopo la separazione delle due donne, si chiedeva la cancellazione del nome di una delle due mamme, quella senza legami genetici con la figlia. Nell’atto di nascita americano c’era l’indicazione di entrambe come genitori (l’atto riporta il termine parent), sebbene solo una presenti un legame genetico (e non biologico) con la minore, mentre l’altra ha prestato il consenso allo svolgimento della procedura di concepimento.
Secondo i giudici baresi, sulla base anche di una sentenza della Corte Costituzionale del 2021, «il consenso alla genitorialità e l’assunzione della conseguente responsabilità nella formazione di un nucleo familiare dimostra la volontà di tutelare l’interesse del minore alla propria identità affettiva, relazionale, sociale e a mantenere il legame genitoriale acquisito nei confronti di entrambi i genitori, eventualmente anche in contrasto con la verità biologica della procreazione».
La vicenda
Le due donne si erano sposate a New York nel 2016. Ricorrendo alla maternità surrogata – vietata in Italia – hanno avuto una figlia, nata in California nel novembre 2017, che quindi oggi ha quasi 5 anni. L’atto di nascita registrato negli Stati Uniti è stato trascritto nei registri dello stato civile del Comune di Bari un anno dopo, a firma direttamente del sindaco Antonio Decaro come delegato di stato civile.
Poi la coppia si è separata e il pubblico ministero, su istanza dei nonni della bambina, i genitori della madre che aveva dato il proprio ovulo e anche il cognome, con il supporto della stessa donna, ha promosso il procedimento per chiedere la cancellazione del nome dell’altra mamma dall’atto trascritto, eccependo la «mancanza di un legame biologico tra la madre intenzionale e la minore».
«Nessuna delle due donne – fa presente il Tribunale – ha un legame biologico con la minore, considerato che una è genitore genetico, non avendo partorito la minore ma avendole trasmesso il suo patrimonio genetico». Nel procedimento, al fianco della madre «intenzionale», assistita dall’avvocato Domenico Costantino, si è costituito il Comune di Bari.
Condividendo le ragioni di questi ultimi, i giudici (presidente Saverio De Simone), parlando di «vuoto legislativo», evidenziano “l’importanza e l’urgenza di una tutela dell’interesse preminente della minore alla bigenitorialità, ad essere cresciuta da entrambe le persone che ne hanno voluto la nascita e che si sono assunte nei suoi confronti le relative responsabilità, senza subire le conseguenze di tardivi ripensamenti di uno dei componenti della coppia».
Anche la successiva «rottura della relazione sentimentale delle componenti della coppia genitoriale non assume rilievo – spiega il Tribunale – , poiché non fa venir meno il valore del progetto di genitorialità condivisa. Ed invero, tale progetto, superate le iniziali situazioni di conflittualità che caratterizzano ogni separazione, dovrà essere comunque attuato, avendo la piccola diritto alla continuità del legame affettivo con entrambe le madri».
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