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Sarebbe stata «una schiera di giovani incensurati insospettabili, studenti e lavoratori» a gestire il traffico e lo spaccio di droga nei Comuni del Sud Est Barese. A coordinarli, Davide Monti, 32enne con precedenti e una lunga storia criminale che gli è valsa in passato il soprannome di “bambino con la pistola”.

L’indagine della guardia di finanza di Bari, coordinata dalla pm della Dda Bruna Manganelli con l’aggiunto Francesco Giannella, ha accertato l’esistenza, tra il 2017 e il 2019, di una presunta associazione per delinquere dedita al traffico di cocaina, marijuana e amnesia da Bari ai Comuni di Turi (dove si trovava la sede operativa), Conversano, Putignano, Casamassima, Rutigliano, Bitonto, Noicattaro, Gioia del Colle, Altamura.

Dodici le persone arrestate, tre in carcere – tra i quali Monti e un 27enne con precedenti di Turi, conosciuto come ‘McGregor’ – e altre 9 ai domiciliari. Tra i presunti componenti del gruppo c’è anche la figlia 29enne di un appartenente alle forze dell’ordine, accusata di essere uno dei corrieri della droga. In totale gli indagati sono 44, quasi tutti giovani incensurati apparentemente lontani dai contesti criminali.

I giovani si sarebbero lasciati – si legge nell’ordinanza d’arresto -“abbagliare dalla promessa di guadagni facili e di fringe benefits come l’uso illimitato di internet, Sky o l’accesso alle sostanze stupefacenti”.

Così, insospettabili bariste sarebbero diventate esperte nel taglio e nell’occultamento delle dosi; studentesse universitarie avrebbero scalato le posizioni del sodalizio, partendo dal semplice ruolo di corriere, fino a divenire punto di riferimento per gli altri spacciatori; uno studente delle scuole superiori sarebbe diventato custode dello stupefacente, mentre un altro giovane, da semplice acquirente, sarebbe arrivato rapidamente a gestire una piazza di spaccio.

In una delle intercettazioni registrate dagli investigatori, ad uno degli insospettabili che il gruppo voleva reclutare viene fatta «una offerta di lavoro» si legge negli atti, con compenso di 30 euro al giorno per restare tutto il giorno nell’appartamento di Turi dove era custodita la droga. «Devi stare a casa mia – era la proposta – , fitto pagato, televisione, ci sta tutto, sky, internet». L’inchiesta ha documentato anche una cassa comune per pagare le spese legali e mantenere le famiglie dei sodali detenuti.

Comunicavano tra di loro con utenze intestate a prestanome o tramite Whatsapp, Facebook, Telegram e chat Playstation. Nelle conversazioni veniva usato anche un linguaggio in codice: “dolci” e «caramelle» per lo stupefacente; «minuti» per indicarne il quantitativo (dove ogni minuto equivaleva a un grammo); «documenti» e «calcolatrice» per indicare denaro e bilancino di precisione.

La droga veniva nascosta in casa degli incensurati, in vani ascensore o nei muretti a secco delle campagne. Sequestrati anche beni per un valore di oltre 200mila euro.

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