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Don Luigi Ciotti

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«Oggi dobbiamo sentire ancora di più il grido dei poveri e della terra, consapevoli che i disastri ambientali e i disastri sociali non sono crisi diverse ma un’unica crisi socio-ambientale». Lo ha detto don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, intervenendo al 70esimo congresso della Federazione universitaria cattolica italiana, nel Politecnico di Bari, in occasione dei 125 anni della fondazione della Fuci. Il congresso è stato dedicato al tema «Comprendiamo le città».

«Il 75% delle terre emerse e il 66% dei mari sono compromessi, ci dicono gli scienziati. Questa è la sesta estinzione di massa – ha detto nella sua prolusione don Ciotti – ma la prima che l’essere umano sta costruendo, noi con le nostre scelte e la nostra indifferenza, con la nostra non assunzione di responsabilità». «Gli esseri umani rappresentano solo il 3% degli esseri viventi sulla terra, l’85% sono piante, alberi e fiori, viviamo grazie a loro. Allora – ha concluso – dobbiamo ascoltare di più il grido della terra che soffre, come quello dei fragili delle nostre città e periferie che soffrono, non geografiche ma esistenziali, di ogni forma di miseria».

«Sono molto contento che si sono trovate subito le terre per accogliere» chi fugge dall’Ucraina, «Ma per accogliere tutti gli altri, quelli che fuggono dalle altre 33 guerre che ci sono nel mondo, le terre non ci sono. Allora mentre giustamente noi accogliamo, dobbiamo accogliere anche tutti gli altri – ha aggiunto don Luigi Ciotti.

«Durante il Covid – ha detto – i dati parlano chiaro, mentre tutti venivano travolti da questa pandemia, diminuiva la spesa sociale e quella per l’istruzione e aumentava quella militare. Abbiamo vissuto una pace armata e oggi gli unici vittoriosi sono le industrie delle armi e le organizzazioni criminali, perché dove arrivano le tempeste loro ci sono. E allora la riflessione che si impone alle nostre coscienze è quella di lavorare per una pace non armata».

«Siamo contenti che arrivino soldi dall’Europa, ma dipende da come e dove vengono investiti, in quali progetti, quali opportunità potranno portare in quei luoghi dove sono le fragilità – ha aggiunto – Siete la terra di don Tonino Bello che già nel 1992 si diceva preoccupato di una Europa che diventava sempre più cassa comune invece di casa comune, una Europa più di mercanti che di fratelli.

Abbiamo tante aree del nostro Paese con sacche di fragilità e povertà – ha ricordato il fondatore di Libera – I diritti sono la spina dorsale della nostra umanità, della nostra civiltà ma noi che abbiamo una propulsione versione la solidarietà e la giustizia, e non verremo mai meno a questo, rischiamo di fare ortopedia sociale.

Non possiamo riempire i vuoti di un meccanismo della società che ha il dovere di offrire le opportunità, le politiche perché si possa andare incontro ai bisogni profondi delle persone, lavorando insieme, perché il sociale – ha concluso – non è un costo ma un investimento».

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