La piccola Eva con mamma Natalia (fonte foto Asl Bari)
2 minuti per la letturaNatalia è stata una dei “bambini di Chernobyl”. Una di quelle piccole creature che veniva in Italia, in estate, per i cosiddetti “soggiorni di risanamento” ospitati da famiglie o strutture disposte a tenere con sé temporaneamente i minori provenienti dalle zone contaminate. Si trattava di soggiorni terapeutici di “decontaminazione”. In Italia, tra la fine deli anni 80 e gli inizi del ’90, arrivarono oltre cinquecentomila bambini, soprattutto ucraini e bielorussi malati di cancro alla tiroide, leucemie, il corpo devastato dal Cesio. Fu il più grande ponte umanitario della storia italiana.
Natalia era stata ospitata da una famiglia di Castellana Grotte, nel barese con sua sorella. Poi era tornata in Ucraina, per fare la sua vita. Serena e in buona salute. Ma il fato segue la strada e non è sempre quella che si vorrebbe, oggi Natalia è stata costretta a tornare in Italia, per fuggire dalla guerra. Ha 29 anni, una figlia di due anni e una in arrivo, stretta al cordone ombelicale fino al suo arrivo – sempre a Castellana Grotte, sempre nella stessa famiglia, il 19 marzo scorso – dove la piccola Eva, come la prima donna, ha visto la luce ieri, all’Ospedale San Giacomo di Monopoli.
Eva è nata con parto spontaneo, 2.940 grammi di peso e 48 centimetri di lunghezza. La piccola è in ottime condizioni. Ad assisterla la dottoressa Marcella Palmisano e l’equipe dell’unità operativa di Ostetricia e Ginecologia, diretta dal dottor Sabino Santamato. Per la giovane madre ucraina è un ritorno in una terra ospitale, nella stessa famiglia di Castellana Grotte che l’aveva accolta anni fa, mentre suo marito è rimasto a combattere in Ucraina.
«Da medico e da castellanese – dice la dottoressa Mariarosa Giangrande – siamo orgogliosi: il parto è stato sereno, la madre e la bambina godono di ottima salute e, poi, entrambe dopodomani saranno dimesse e torneranno a casa. Con l’augurio che, prima possibile possano ritornare nella loro terra, portandosi dietro il calore e l’accoglienza della nostra Puglia».
Scappata da Kiev ha affrontato un lungo viaggio in bus attraverso l’Europa. «Viviamo a Kiev mio marito è rimasto a combattare, con mio fratello, mia sorella e mio nipote». Per la giovane madre ucraina racconta la Asl di Bari: «si è trattato di un ritorno in una terra ospitale».
I bambini di Chernobyl
Il 26 aprile del 1986, durante un test di sicurezza, il reattore numero 4 della centrale – situata in Ucraina – esplose. La nube radioattiva sprigionata dall’incidente invase diverse aree dell’Europa. I Paesi più colpiti furono l’Ucraina, la Russia ma soprattutto la Bielorussia, dove si riversò circa il 70% delle sostanze radioattive espulse nell’atmosfera.
Le conseguenze di quel disastro nucleare scossero il mondo e innescarono una gara di solidarietà, soprattutto in favore dei bambini, i più esposti agli effetti nocivi delle radiazioni. Nacquero così – nei primi anni ‘90, in Italia e in altri Paesi – i cosiddetti “soggiorni di risanamento”.
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