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Due ore. Tanto è durata la discussione in aula – dinanzi ai giudici del Tribunale del Riesame, presieduto da Giulia Romanazzi – tra i tre dei quattro pm che coordinano l’indagine (il procuratore Roberto Rossi, l’aggiunto Giuseppe Maralfa e la sostituta Grazia Errede) e l’avvocato Roberto Eustachio Sisto, difensore del ginecologo Giovanni Miniello.

Il professionista, agli arresti domiciliari dal 30 novembre scorso per violenza sessuale aggravata nei confronti di due pazienti, secondo la difesa, non può reiterare i reati dal momento che non esercita più la professione medica. Sisto ha prodotto, infatti, una ampia documentazione che dimostrerebbe la cessazione dell’attività da parte del ginecologo, ormai in pensione. Miniello, infatti, ha ormai chiuso lo studio e dismesso il contratto con la segretaria, ha chiesto la cancellazione dall’Ordine dei medici e, pertanto, non potrebbe reiterare presunti abusi su pazienti durante le visite ginecologiche. I giudici si sono riservati e decideranno entro la settimana.

Intanto è attesa nei prossimi giorni la fissazione dell’udienza per l’appello proposto dalla Procura, che chiede al contrario l’aggravamento della misura cautelare con il carcere. Nei giorni scorsi, infatti, il procuratore Roberto Rossi con l’aggiunto Giuseppe Maralfa e le sostitute Larissa Catella e Grazia Errede, hanno impugnato l’ordinanza degli arresti domiciliari, contestando la misura cautelare applicata dal gip e chiedendo quella più restrittiva della detenzione in carcere.

Nell’insistere per la custodia cautelare in carcere, la Procura ha parlato di «aberranti modalità della condotta» del medico. «È evidente – hanno scritto i pm – come ci si trovi di fronte a un criminale seriale che ha dato ampia prova negli anni di non possedere alcun freno inibitorio e, conseguentemente, il rischio di reiterazione appare elevato oltre misura, sicché palesemente erronea è la scelta di concessione degli arresti domiciliari, laddove ci si trova in presenza di un soggetto che nel corso degli anni in più circostanze ha tenuto in spregio assoluto leggi, etica professionale e morale».

Il medico è accusato di aver proposto ad alcune pazienti rapporti sessuali con lui come cura per il papilloma virus e per prevenire il tumore dell’utero. Avrebbe poi abusato delle pazienti, durante le visite, palpeggiandole nelle parti intime. Secondo i pm «la prospettazione della possibilità di guarigione dalla patologia attraverso la terapia consistente nella diretta trasmissione di anticorpi tramite rapporti sessuali ripetuti con lo stesso indagato, ove si consideri il peso e la tipologia delle minacce prospettate, ovvero l’evoluzione della patologia in un tumore al collo dell’utero, sia lo stato di inferiorità psichica in cui versavano le vittime al momento del fatto, aveva una efficacia intimidatoria idonea a configurare l’elemento costitutivo della minaccia».

Nell’appello la Procura ha evidenziato che «Miniello ha tenuto nei confronti delle persone offese un comportamento attivo di persuasione sottile e subdola, finalizzato a spingere, istigare o convincere le vittime a subire atti sessuali che diversamente le stesse non avrebbero compiuto e che, per fortuna, non hanno compiuto per cause del tutto indipendenti dalla volontà della persona sottoposta alle indagini».

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