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Il boss Domenico Conte di Bitonto poteva contare su una rete di «talpe» che lo informavano delle mosse delle forze dell’ordine e della Procura e gli procuravano persino i verbali degli interrogatori dei neo pentiti. Il particolare emerge dall’ordinanza di custodia cautelare che, lunedì, ha portato all’arresto di 43 persone.
«Il gruppo – scrive il gip – disponeva anche di informatori, venendo messo al corrente delle vicende giudiziarie dei componenti del sodalizio, ottenendo informazioni di rilievo per l’operatività dell’associazione. Al riguardo, nell’abitazione di Conte è stato trovato il verbale di interrogatorio del collaboratore di giustizia Tarullo».
Circostanza confermata dagli stessi collaboratori di giustizia, come Rocco Papaleo «Conte – gli chiede il pm Antimafia durante un interrogatorio – vi ha mai dato informazioni avute dalle forze dell’ordine?».
«A me personalmente – risponde il collaboratore – una volta mi ha fatto vedere il fascicolo delle prime dichiarazioni di Tarullo in merito al pestaggio di Pastoressa. Tale evento avvenne quando un giorno mi recai con D’Elia Alessandro a casa di Conte Domenico. Con il Conte parlammo sul pianerottolo dell’attico di casa sua, disse che ci avrebbe fatto vedere una cosa, rientrò in casa e ritornò con l’interrogatorio di Tarullo.
In tale frangente disse anche che Tarullo aveva reso altre dichiarazioni che a breve gli arriveranno. Conte non mi disse da chi aveva avuto le dichiarazioni di Tarullo, ma ci mostrò soltanto le dichiarazioni. Mi disse anche che le ricevette da una persona con cui ha contatti, ma non mi riferì se lo aveva avuto dal suo legale o da altri. Ricordo solo che mi disse che a breve avrebbe avuto anche il secondo fascicolo delle dichiarazioni».
La sostituzione degli affiliati arrestati
Quando l’esercito di Conte perdeva un «pezzo» il boss era pronto a sostituirlo senza batter ciglio. «L’attività illecita – si legge nell’ordinanza – continuava anche in caso di arresto dei sodali, che venivano immediatamente sostituiti nel ruolo rispettivamente ricoperto e ricevevano i soldi in caso di detenzione. D’Elia Mario, così come Castellaneta Alessandro, aveva il compito di sostenere le famiglie dei sodali arrestati, durante la loro detenzione». A confermarlo è Michele Sabba nell’interrogatorio del 9 ottobre del 2019: «Quando ero detenuto la mia compagna riceveva cinquecento euro da Alessandro Castellaneta», ammette.
La figura di Conte
Domenico Conte, quindi, era colui che muoveva tutti i fili, non c’era foglia che cadesse senza che lui lo venisse a sapere.
«Il capo indiscusso dell’organizzazione criminale – scrive il gip – è Conte Domenico, il quale è stato in grado di organizzare e gestire una perfetta struttura criminale operante nel settore dello spaccio di sostanze stupefacenti. Tutti i collaboratori di giustizia, lo hanno descritto come soggetto capace e scaltro. L’efficienza dell’organizzazione nel generare il volume d’affari descritto ne testimoniano le doti criminali.
Conte tratta con i fornitori decidendo le quantità delle sostanze stupefacenti da acquistare ed è sempre lui a pagarli – il giorno dopo aver ricevuto il carico – dopo aver testato la qualità (in particolare per la cocaina) attraverso i provini che sottopone a più tossicodipendenti. Egli affida i ruoli a ciascun componente, decidendo quando ed in che misura la sostanza stupefacente deve essere “steccata” ed è sempre lui che provvede alla retribuzione dei propri affiliati il venerdì o il sabato per il lavoro svolto durante la settimana.
Ha anche organizzato il controllo dello spaccio, la rendicontazione della sostanza e la contabilità del denaro guadagnato, attraverso un sistema semplice, per consentirgli la verifica finale ed è proprio a lui che viene recapitato ogni giorno il denaro ricavato dalla vendita delle sostanze stupefacenti delle due piazze di spaccio»
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