Uno degli arrestati ripreso all’interno dell’agenzia di scommesse
2 minuti per la letturaCi sono persino i 1.500 euro per la cresima della figlia nell’elenco, lungo e doloroso, delle estorsioni che i sei affiliati al clan Strisciuglio di San Pio-Enziteto, avrebbero praticato per mesi ai danni del titolare di una agenzia di scommesse nel centro di Bari, rendendo la sua vita un calvario. Avrebbero chiesto 30mila euro a fronte di un prestito di 15mila e poi, una volta saldato il debito, avrebbero preteso che la vittima continuasse a pagare 500 euro al mese per «alimentare la cassa dell’associazione e finanziarne le attività illecite sul territorio».
Con l’accusa di concorso in estorsione con l’aggravante mafiosa, i carabinieri del comando provinciale di Bari hanno arrestato sei affiliati al clan Strisciuglio, tutti appartenenti al gruppo del quartiere San Pio-Enziteto. In carcere sono finiti il 37enne Vito Antonio Catacchio (fratello del più noto Oronzo, al momento detenuto), il 45enne Luca Sebastiano, il 30enne Lorenzo Pesce, il 46enne Leonardo Magrini e il 34enne Cosimo Profeta.
Allo stesso imprenditore il clan avrebbe poi fatto una seconda richiesta estorsiva: 10mila euro per sostenere le spese legali relative all’arresto di uno del clan e altri 38mila euro quale «liquidazione» della quota di uno degli arrestati (Vito Antonio Catacchio) come co-gestore dell’agenzia di scommesse, ritenutosi tale a fronte di un iniziale prestito di 7.500 euro per l’avviamento dell’attività.
La vittima, secondo le indagini condotte dai carabinieri della Compagnia San Paolo, sarebbe stata anche costretta ad assumere Catacchio e sua moglie, senza però che svolgessero realmente l’attività lavorativa. Inoltre, per “ripulire” le somme indebitamente ricevute, si sarebbero fatti intestare delle vincite in realtà conseguite da clienti del centro scommesse. Dalle indagini e dal racconto della vittima che nel gennaio 2021 ha denunciato, in più occasioni, in pieno giorno, gli esponenti del clan avrebbero asportato le somme giacenti negli apparecchi elettronici che erogano vincite in denaro presenti nell’agenzia di scommesse, impossessandosi delle chiavi di apertura dei macchinari all’insaputa del titolare.
Nell’ordinanza di custodia cautelare, il gip Angelo Salerno evidenzia in più punti la condotta tipicamente mafiosa degli arrestati, che si ritrova anche nelle espressioni usate dai sei, «che sono soliti fare riferimento al “paese”, agli “amici di Enziteto”, con un chiaro – oltre che ampiamente noto alla vittima – riferimento al clan di appartenenza. Gli indagati – scrive ancora il giudice – risultano essersi avvalsi della forza intimidatoria del vincolo associativo, specie di Vito Antonio Catacchio, il quale assume un ruolo egemone con il clan Strisciuglio operante ad Enziteto».
Ma non solo. Dalla misura emessa, emerge ancora una volta il clima di «diffusa omertà e assoggettamento emerso in analoghe attività investigative nel contesto economico-imprenditoriale della zona di interesse -si legge – rendendo alla polizia giudiziaria maggiormente difficoltosa la ricostruzione delle attività estorsive poste in essere dai soggetti appartenenti alla locale criminalità, che rendono altamente verosimile che gli indagati possano avvicinare la vittima per indurlo a ritrattare».
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