Il porto di Bari
2 minuti per la letturaMaxi sequestro di oloturie nel porto di Bari. I militari della locale Stazione navale della guardia di finanza, nel corso di un controllo ad un autoarticolato con targa bulgara e diretto in Grecia, hanno rinvenuto 3.700 chilogrammi circa di oloturie, note anche come “cetrioli di mare”. Il conducente del mezzo è stato segnalato alla competente autorità giudiziaria, mentre le quasi quattro tonnellate di oloturie sono state sottoposto a sequestro.
Il quantitativo della specie ittica recuperato sarà avviato alla distruzione attraverso gli operatori autorizzati. L’intervento messo in atto dalla guardia di finanza nel porto del capoluogo ha impedito che il prodotto fosse immesso sul mercato illegale e senza alcun controllo di carattere igienico-sanitario. Il giro d’affari derivante dalla commercializzazione delle oloturie genera «esorbitanti profitti agli addetti del settore, solitamente mediante il commercio clandestino» spiegano i finanzieri.
Le oloturie costituiscono una specie ittica, appartenente alla famiglia degli echinodermi, che è molto nota per le sue elevate capacità filtranti, la cui pesca ha subìto un aumento crescente negli ultimi anni che ha interessato anche i fondali dei litorali pugliesi.
Il fenomeno scaturisce dalla fortissima e continua domanda di questo prodotto ittico da parte dei Paesi asiatici, in particolare dalla Cina, nei quali questa specie trova un largo utilizzo nel settore farmaceutico, cosmetico e alimentare.
L’importante ruolo rivestito dalle oloturie per l’equilibrio degli ecosistemi marini fa sì che la sua eccessiva ed indiscriminata pesca possa determinare l’estinzione di una o più specie in una determinata zona marina, con una conseguente diminuzione della biodiversità in grado di compromettere la stabilità dell’ecosistema di riferimento.
Una recente norma ha prorogato il divieto di pesca, detenzione a bordo, trasbordo ovvero sbarco di esemplari della classe Holothuroidea fino al 31 dicembre 2022. Per l’associazione Marevivo, la firma del decreto ha rappresentato un ulteriore passo a favore della conservazione e della protezione di mari e oceani. L’associazione, che si batte da anni per la tutela delle oloturie, già nel 2018 aveva ottenuto un decreto che ne vietava la pesca e da allora chiede che il divieto diventi definitivo.
Divieto che era già stato rinnovato per il 2020 dall’allora ministra Teresa Bellanova, al fine di assicurare la salvaguardia di questi importanti ecosistemi, oggi a rischio a causa dell’attività umana. «La pesca abusiva delle oloturie comporta un gravissimo danno alla biodiversità presente nei tratti di mare interessati, nonché l’alterazione grave ed irreversibile dell’ecosistema marino» ha affermato la presidente di Marevivo Rosalba Giugni.
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