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di ROBERTO MARINO
Non è per sparlare né per smania di protagonismo, ma la vicenda di Ranieri e del Leicester andrebbe vista, forse, anche da un’altra angolazione. E questo senza sminuire la portata storica dell’impresa. Anzi. Certi paragoni con realtà italiane tipo Cagliari, Verona e Sampdoria, sono esagerati e poco omogenei. Gli scudetti vinti da Riva, Bagnoli o dal duo delle meraviglie Vialli-Mancini hanno un significato profondo e più clamoroso. Un sogno realizzato in realtà piccole di provincia o addirittura con gravi problemi economici, come la Sardegna, concretizzato da società con gli spiccioli contati. Il Leicester, protagonista della favola del campionato inglese, appartiene a un miliardario thailandese, al nono posto nel mondo nella classifica dei supericchi. Una società con spalle solide e sterline senza limiti.
E allora? La stupenda impresa di Ranieri e dei suoi ragazzi va anche letta alla luce della crisi del giornalismo sportivo italiano e britannico in particolare. A cui va aggiunto un certo appannamento del fiuto dei bookmakers, con il Leicester dato vincitore a uno contro cinquemila.
E’ da un po’ di tempo che squadre considerate zero sulla carta, si prendono poi sul campo rivincite straordinarie, sbeffeggiando gli esperti del pallone, in aumento in ogni angolo del Belpaese. Quest’anno, per fare un esempio, la lezione è arrivata da Crotone: in lacrime in estate per la partenza di un allenatore molto amato, e poi invece approdato in modo trionfale in serie A. Il discorso non cambia per il Carpi, dato per spacciato a settembre e invece ancora in corsa per la salvezza. Senza contare il Frosinone, promosso al di fuori di ogni pronostico e con la maledizione da gufo di Lotito, allarmato per l’ascesa di squadre con al seguito pochi tifosi, soprattutto davanti alle Tv.
L’elenco è lungo: c’è il Sassuolo, il Chievo, il Lanciano, l’Atletico Madrid. Anche la vicenda della rimonta della Juve è emblematica. Insomma, ogni anno sempre più sorprese, con i pronostici dei sapientoni del calcio che vanno a farsi benedire. Casualità? Certo, anche. Però sarebbe semplicistico liquidare la faccenda così.
In realtà, la riscossa delle Cenerentole del pallone, non mette sotto accusa solo la capacità dei cronisti sportivi di cogliere il nuovo che avanza. E’ forse la spia di un atteggiamento culturale più ampio, che privilegia i luoghi comuni, le analisi semplicistiche, lasciandosi abbagliare da suggestioni senza stare ai fatti. E’ come se ci fosse un rifiuto inconscio verso l’imprevedibile, un’allergia per le sorprese, gli scompigliatori. Chi non dimostra il proprio valore viene catalogato come una scartina, un essere senza qualità, senza speranza di riscatto. Siamo diventati conservatori e pigri, refrattari a cambiamenti e novità. Incapaci di cogliere e valutare quello che non conosciamo bene, quello che non è abitudine. Anche il calcio, dove l’imprevisto è un dogma, riassunto nella sapienza della frase “la palla è rotonda”, non riesce a essere un’eccezione. Rimane prigioniero di quello che è stato, chiuso verso quello che potrebbe accadere.
Non si vince un campionato inglese senza giocatori capaci e un bravo allenatore. Il problema è che i soloni del calcio si limitano a nomi e campioni creati e osannati nel circuito delle tv, dai quali si fa poi fatica a uscire. Per carità, formidabili calciatori, ma poi giornalisti e osservatori si fermano lì, al circo delle esaltazioni, senza andare oltre. E così si perdono di vista i grandi giocatori del Leicester o del Sassuolo, del Crotone o del Carpi. Per correre dietro alle stupidate di Cassano o di Balotelli; o alle mattane di Cristiano Ronaldo.
Diciamo che si è smarrito il gusto per la ricerca del talento sconosciuto, quello che annaspa in realtà difficili e dimenticate. Talenti che aspettano proprio l’occhio curioso e competente del cronista per ritrovarsi sotto i riflettori e avere attenzione. E se ai tifosi è consentito giudicare una squadra in base ai nomi, chi fa il critico per mestiere dovrebbe andare oltre, indicare le sorprese, i nuovi potenziali assi, le novità. Invece il campo smentisce tutti. E’ il bello del calcio, certo. Ma questa crisi nell’azzeccare le previsioni si sta estendendo anche fuori dal mondo fatato dello sport. Non c’è stato un solo esperto di economia che sia riuscito a prevedere il cataclisma finanziario del 2008. Senza contare le previsioni catastrofiche fallite (meno male) per la Mucca pazza, il virus dell’aviaria, la peste suina e tante altre sciagure annunciate con toni apocalittici. Per questo onore e merito a Ranieri, al Leicester, al Crotone e al Sassuolo. Una tirata d’orecchi agli esperti, a tutti gli esperti. Umiltà, pazienza e mente sgombra: a volte i vinti sono più forti dei vincitori e non sempre un gol ci aiuta a capirlo.
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