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I Maneskin

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Come ogni Festival di Sanremo che si rispetti, è normale che a distanza di due settimane si continui a parlare dei vincitori. Quest’anno poi, con la vittoria del mondo del rock per la prima volta nella storia del Festival, ancora di più.

I Maneskin però continuano ad andare dritti per la loro strada. E non si curano di critiche, attacchi e cattiverie gratuite. «Abbiamo catalizzato la nostra rabbia trasformandola in qualcosa di positivo che porta a cambiare le cose contro gli stereotipi. La nostra rivoluzione. Per tutti quelli che in passato ci hanno detto: dove pensate di andare? che fate? Per tutti i limiti che hanno provato a imporci».

Parlano così i Maneskin, in vista del loro nuovo album “Teatro d’Ira Vol. I”, in uscita domani 19 marzo. E non è un caso dunque, se immediatamente dopo il trionfo al Festival, avevano dedicato con un tweet la vittoria a quel professore che gli diceva sempre di stare “Zitti e Buoni”.

Il disco è il primo capitolo di un progetto più ampio che si svilupperà nel corso dell’anno. È stato registrato tutto in presa diretta. «Tutto analogico, crudo nei suoni e nei testi, contemporaneo, senza esserci dati limiti, e con gli strumenti che vengono fuori». L’idea – dicono – è quella di ricreare la dimensione live e di rimandare l’immagine «di ciò che siamo oggi, del percorso che abbiamo fatto in questi anni. Da quando abbiamo cominciato a suonare per strada a Roma ad oggi, passando per i tanti concerti che abbiamo fatto in Italia e all’estero. Nasciamo live, viviamo live e probabilmente moriremo live».

Tra i brani del disco, oltre al primo singolo estratto “Vent’anni” (GUARDA IL VIDEO), e a “Zitti e Buoni” (GUARDA IL VIDEO) brano vincitore a Sanremo, ci sono altre 6 tracce. Tra queste “In Nome del Padre”, «riferito alla musica che noi viviamo in maniera sacrale» chiarisce immediatamente Damiano, frontman del gruppo. E poi “Coraline” «che non è la storia del principe azzurro che salva la principessa, ma la storia reale di appassimento di questa ragazza, davanti al quale il cavaliere è semplice spettatore inerme». “Paura del buio” «racconta invece del rapporto conflittuale che l’artista ha con la musica stessa».

“Teatro d’ira Vol. I” contiene però anche brani in inglese, che non sono assolutamente una novità per i Maneskin. Anzi, si più dire che è proprio così che li abbiamo conosciuti. «Pensiamo di essere un progetto valido anche per l’estero» commentano infatti. Non è un caso se «The Struts ci hanno cercato: abbiamo fatto un brano insieme e ci hanno chiesto di aprire i loro concerti».

Intanto, a proposito di internazionalità, Damiano, Victoria, Ethan e Thomas, si preparano ad affrontare l’Eurovision Song Contest. Con la loro “Zitti e buoni”, in qualità di vincitori di Sanremo 2021, concorreranno per l’Italia. Anche se, hanno dovuto apportare qualche modifica a causa di un puritano regolamento della kermesse. Non sono ammesse parolacce nei testi delle canzoni, pena la squalifica; e in Zitti e Buoni ce n’è più di una.

Dunque per essere a Rotterdam a maggio, la band romana ha dovuto autocensurarsi, e inoltre tagliare qua e là per far rientrare il brano nella durata prevista di 3 minuti. «Siamo ribelli, mica scemi – commenta Damiano con un sorriso -. Non ci ha fatto piacere dover cambiare il testo, ma c’è un discorso di buon senso. Noi rimaniamo quello che siamo».

E su ciò che i Maneskin sono, scatta la polemica, l’ennesima. C’è chi dice infatti, che la loro appartenenza al rock è tutta da dimostrare. Ma loro, noncuranti come sempre delle critiche, rispondono con un’alzata di spalle. «Non è nostro interesse incasellarci in una categoria, stabilire cosa è rock e cosa no» sottolinea Victoria. «Ma in Italia – aggiunge – non ci sono 20enni che suonano come noi. Scriviamo quello che ci piace e se ci vogliono dire che non siamo rock che facciano pure».

Più agguerrito invece Damiano: «Avere un’identità, portarla nel mercato mainstream e mantenerla, portare un pezzo come Zitti e Buoni a Sanremo: se non è rock questo, cosa devo fare? Strappare la testa a morsi ai pipistrelli?». Chiaro il riferimento alla leggenda secondo la quale Ozzy Osbourne morse un pipistrello durante un concerto.

E per mettere a tacere le critiche, o forse no, aggiungono «Non siamo i Led Zeppelin, ma ci devi arrivare a essere i Led Zeppelin, dateci il tempo. Noi nel frattempo dormiamo sereni».

I Maneskin hanno anche annunciato il loro primo tour nei palasport: al via il 14 dicembre da Roma con una doppia data già sold out, come esaurite anche le successive due a Milano (il 18 e 19 dicembre). Il tour prosegue poi a Casalecchio di Reno (BO), ancora Assago (MI), Napoli, Firenze, Torino, Bari per finire il 23 aprile 2022 all’Arena di Verona.

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Maria Assunta Castellano

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