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La fiducia dei cittadini nei confronti dei governanti e dei rappresentanti politici è in fase calante da alcuni decenni e questa tendenza negativa sembra non riesca ad arrestarsi. Il fenomeno non interessa soltanto il nostro Paese, riguarda quasi tutte le nazioni democratiche.
Dei regimi dittatoriali non è il caso di parlarne, lì la sfiducia è ben presente ma ha oggettive difficoltà a esprimersi. Naturalmente le ragioni di ciò sono tantissime e non basterebbe certo un articolo di giornale per riassumerle.
Tuttavia, alle molte manifestazioni di sfiducia, biasimo e censura nei confronti di tanti esponenti e partiti politici dobbiamo aggiungerne una in più che se non fosse del tutto inedita, non meriterebbe attenzione e non potrebbe aggravare il quadro fosco della debolezza del consenso nelle democrazie del XXI secolo.
In un recentissimo studio di un ateneo privato spagnolo, la IE University, sono stati intervistati circa 3000 cittadini di 11 Paesi per conoscere il parere delle persone nei confronti dell’impatto della tecnologia sulla società e su come questa stia plasmando le nostre vite in termini di automazione, democrazia e influenza delle aziende Big Tech.
Tra le tante domande ne è stata posta una cruciale: «Cosa ne pensate della possibile sostituzione nei vostri Paesi dei parlamentari con un algoritmo di intelligenza artificiale che usando i vostri dati operi per massimizzare i vostri interessi?».
Le risposte ottenute hanno rivelato che la maggior parte degli europei vorrebbe vedere i membri dei loro parlamenti sostituiti da algoritmi di intelligenza artificiale. Non si tratta di uno scherzo, sono pareri espressi in un’indagine accurata e testimoniano quanto bassa sia la fiducia dei cittadini nei confronti dei loro governanti al punto di arrivare a pensare che un algoritmo possa essere più affidabile di un deputato, di un senatore o di un consigliere regionale.
Considerando l’intera Europa, nell’indagine citata il 51% dei cittadini ha dichiarato che preferirebbe senza dubbio un software di intelligenza artificiale al posto dei propri parlamentari. In ambito italiano il risultato è ancora più preoccupante perché nel nostro Paese il 60% dei cittadini preferisce l’intelligenza degli algoritmi a quella dei politici.
Naturalmente non è il caso di prendere i sondaggi per oro colato, ma nelle risposte a questa particolare domanda certamente si esprime una forte sfiducia nei confronti della classe politica fino a pensare di sostituirla con sistemi automatici guidati da algoritmi. Pur sapendo che questi ultimi sono comunque delle procedure che spesso mostrano opacità e non rispondono “personalmente” delle loro scelte, la maggioranza dei cittadini li sostituirebbe ai politici.
Da qui si può intuire quanto sia profondo il distacco tra i luoghi e i rappresentanti del potere e i semplici cittadini, fino a farli giungere a pensare di rimpiazzarli con una macchina capace di prendere decisioni sulla base di regole automatiche.
La questione diventa ancora più preoccupante per gli esponenti del potere politico se si guarda all’atteggiamento dei giovani rispetto all’uso degli algoritmi al posto dei rappresentanti del popolo in carne e ossa. Infatti, le persone più giovani sembrano essere maggiormente favorevoli a questo scambio. Il 60% degli europei tra i 25 e i 34 anni e il 56% delle persone che hanno un’età tra 34 e 44 anni, vedono di buon grado l’uso delle macchine digitali “intelligenti” al posto dei parlamentari.
Più degli italiani, sono gli spagnoli quelli maggiormente scettici sui loro rappresentanti politici e i più propensi a sostituirli con degli algoritmi, infatti lì la percentuale è del 66% (i 2/3 degli intervistati!). Mentre i meno favorevoli sono gli abitanti della Gran Bretagna, dove la cittadinanza non mostra di amare molto l’idea di sostituire i politici con le tecnologie proposte dall’intelligenza artificiale.
Infatti, oltre la Manica il dato dei favorevoli scende al 31% (quasi un terzo). Negli USA il 40% si è detto favorevole, mentre in Estonia i favorevoli salgono al 56%. Si sono mostrati in parte dubbiosi sull’impiego delle tecnologie digitali nelle decisioni politiche anche i tedeschi (è contrario il 54% degli intervistati) e gli olandesi (contrario il 56%).
Questi risultati, seppure riguardino ipotesi prospettiche, dovrebbero far preoccupare molto i rappresentati dei partiti politici e gli eletti in ogni assemblea parlamentare. Occorre anche aggiungere che, sulla base del sondaggio, un terzo degli europei preferirebbe che gli algoritmi di intelligenza artificiale decidessero i contributi per il welfare o approvassero il visto per lavorare in un paese straniero al posto dei funzionari pubblici.
Infine, va anche segnalato che il 72% degli intervistati si è detto favorevole anche al voto elettronico tramite il proprio smartphone, anche se i sistemi di voto elettronico non sono ancora del tutto sicuri e affidabili. Questa ultima risposta certifica l’accettazione dell’uso ormai universale dei nostri cellulari da usare in ogni atto della nostra vita.
Per alcuni aspetti i dati ottenuti dal sondaggio dell’università spagnola sono il frutto di un alto grado di fiducia delle persone nelle capacità delle tecnologie digitali. Aspetto questo che andrebbe analizzato con attenzione, anche alla luce degli usi discriminatori delle tecnologie che talvolta si registrano.
D’altro canto, questo sondaggio conferma ancora una volta una profonda sfiducia dei cittadini verso il personale politico, tanto da arrivare a pensare di sostituirlo con delle procedure automatiche. Non sappiamo se la politica avrà il tempo di riflettere su questi orientamenti e sugli scenari prefigurati, impegnata com’è nel tessere alleanze e nel coltivare il proprio ‘particolare’.
Eppure, sarebbe opportuno porre la giusta attenzione sui dati di quel sondaggio che mostrano evidenti segnali di possibili scenari futuri che potrebbero modificare profondamente la vita dei nostri sistemi democratici. Le tecnologie digitali, infatti, invece di rafforzarle sembrano sfidare le democrazie, fino a prospettare future campagne elettorali tra algoritmi e non più tra persone.
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