Don Ennio Stamile
2 minuti per la letturaCHIESA e ‘ndrangheta. Un binomio ricorrente negli anni in Calabria. Ne parliamo con don Ennio Stamile, referente regionale di Libera in Calabria.
Ci sono personaggi mafiosi o riconducibili alla criminalità organizzata che hanno decine di “compari”. Talvolta i sacramenti diventano funzionali a un sistema di potere. Come è cambiata negli anni la posizione della Chiesa?
«Negli ultimi anni sono stati fatti significativi passi in avanti. A partire dalla scomunica di Papa Francesco che non è soltanto indirizzata ai mafiosi ma a tutti gli operatori del male. E poi c’è stata anche la netta presa di posizione della Conferenza episcopale Calabra che ha detto no ai testimone di nozze mafiosi e collusi. I mafiosi hanno bisogno di un radicamento nella cultura del luogo di origine. Tale radicamento viene, in prevalenza, dalla partecipazione ai riti, alle cerimonie e più in generale dall’appartenenza visibile e riconosciuta alla Chiesa cattolica. Per questo è necessaria una presa di distanza chiara. Occorre dire No a una ‘ndrangheta e a una cultura mafiosa che per anni ha condizionato questa terra. La ‘ndrangheta ha tutto l’interesse per far sentire il proprio potere in campo religioso».
Rifiutare il danaro dei mafiosi destinato alla chiesa e alle processioni è possibile?
«Un percorso è stata intrapreso ma la strada è ancora lunga e tortuosa. Non è semplice intercettare quella forma di contributo. La Chiesa sta facendo ogni sforzo per evitare di essere destinataria di soldi sporchi, “conquistati” con spargimenti di sangue, corruzione, tangenti. Occorre fare come il vescovo di Locri, Francesco Oliva, che rifiutò diecimila euro per restaurare il tetto di una chiesa perchè quei soldi provenivano da ditte sospettate di rapporti con la ‘ndrangheta, meglio rinunciare ai lavori. Ritengo che ci stiamo incamminando sulla buona strada. La Chiesa deve essere un baluardo contro il potere mafioso. La Chiesa, in tutte le sue componenti, ha una grande responsabilità, soprattutto nella formazione delle coscienze, nelle testimonianze personali e comunitarie è chiamata a contrastare concretamente la ‘ndrangheta, denunciando e sostenendo i familiari delle vittime di mafia».
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