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NEL gergo comune con la parola “Bufala”, oltra a definire l’animale (la femmina del bufalo), si indicano anche tutte quelle notizie false che spesso si cerca di spacciare per vere. La circolazione di notizie false è, senza dubbio, una circostanza estremamente pericolosa in quanto in base a quelle notizie si tende a formare una coscienza sociale a volte talmente forte da spingere l’opinione pubblica verso alcune direzioni decisionali piuttosto che verso altre, causando, ove le scelte fossero fondate su false informazioni, anche notevoli danni.
Ma perché per indicare che una notizia è falsa si usa il termine “bufala”? A dare una spiegazione ci ha pensato l’accademia della crusca che in una nota pubblicata sul proprio sito istituzionale ha chiarito il significato della parola e i motivi del suo utilizzo figurativo.
In particolare, secondo l’Accademia della Crusca la tesi più convincente riguardo il motivo dell’utilizzo della parola “bufala” in relazione alle notizie false è quella proposta da Paolo D’Achille, professore ordinario di Linguistica italiana presso l’Università degli Studi Roma Tre. Secondo D’Achille «il significato figurato di bufala avrebbe avuto origine in ambito gastronomico, non con riferimento alla mozzarella di bufala, ma alla carne; alcuni ristoratori romani disonesti, infatti, avevano il malcostume di spacciare la carne di bufala invece della più pregiata carne di vitella; di qui il termine avrebbe assunto il valore di ‘fregatura’ e quindi di ‘notizia falsa’ e di ‘produzione artistica/cinematografica scadente’».
Inoltre, Riccardo Cimaglia, docente a contratto di italianistica, fornisce un ulteriore elemento a sostegno dell’origine “romana” del termine citando dapprima il romanzo di Ercole Patti, Un amore a Roma (1956), in cui «viene perentoriamente evidenziata l’origine del termine dal romanesco: “La ragazza, pur conservando l’accento veneto, non appena il discorso era passato al cinematografo, aveva cominciato ad esprimersi in termini romaneschi. Non ha visto il Pozzo dei miracoli? Meglio così. Una vera bufala. Una? chiese Marcello. Una bufala. Si dice così a Roma quando si vuole alludere a un film brutto e noioso”».
E infine lo stesso Cimaglia aggiunge anche l’aneddoto secondo il quale a Roma «negli anni quaranta le donne erano solite portare, per risparmiare, delle scarpe con le suole in pelle di bufalo/bufala, invece del più costoso cuoio; capitava, nei giorni di pioggia, che con tali calzature si scivolasse, anche con considerevoli conseguenze; quando una donna infortunata arrivava al Pronto Soccorso , il personale d’ospedale, considerata l’alta frequenza dei casi, usava l’espressione “Ecco un’altra bufala”. Di qui il termine sarebbe diventato sinonimo di fregatura, per passare poi a indicare sia la notizia falsa, sia una produzione cinematografica di scarso valore».
Pur non potendo verificare l’attendibilità di questo ultimo aneddoto di certo lo stesso costituisce una conferma dell’origine del termine come sinonimo di fregatura.
In conclusione, l’accademico Cimaglia, quindi, riconduce il significato del termine in senso di fregatura ad una genesi «relativamente recente e ha sicuramente origine a Roma, anche se è stata registrata solo tardivamente nella lessicografia romanesca» e aggiunge in conclusione che «la V edizione del Vocabolario della Crusca (vol. II, 1866) riporta la locuzione menare altrui pel naso come un bufalo/una bufala, nel senso di ‘raggirare qualcuno’».
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