Un bacio tra due giocatrici
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Nella patria di David Beckham, Wayne Rooney e Bobby Charlton, nella terra in cui George Best venne inizialmente scartato perché troppo piccolo e leggero, nella nazione dove è la Regina a sedere sul trono ma è il pallone che regna nel cuore degli inglesi, anche se lo sport nazionale ufficiale resta il cricket, il Calcio è un argomento preso molto, molto sul serio.
Proprio per questo motivo, nel 2002, durante l’inaugurazione del National Football Museum di Preston, nella Hall of Fame, tra le statue in bronzo che raffigurano i più grandi campioni scesi in campo in terra d’Albione, ce ne è una che suscita maggiore interesse tra appassionati di calcio in pellegrinaggio nel più imponente museo del mondo dedicato al The beautiful game.
D’altronde, tra tutte quelle che è possibile ammirare in quel tempio in cui si idolatrano le divinità del pallone, è l’unica dedicata ad una donna.
La giocatrice scolpita nel bronzo, alta un metro e ottanta, magra, allampanata, cappellino in testa per raccogliere la folta chioma, dallo sguardo severo e intelligente è Lillian “Lily” Parr, colei che possiamo definire, senza timore di smentita, uno dei più grandi giocatori di calcio di tutti i tempi, facendo bene attenzione a non rinchiudere questa definizione in un genere che sia maschile o femminile.
I numeri di Lily Parr sono paragonabili a quelli di Pelè, superiori a quelli di Maradona. La grazia potente del suo gioco è oggi universalmente riconosciuta.
D’altro canto non segni mille gol in partite ufficiali nel corso di una carriera se non hai nei piedi un po’ di magia.
La storia della Parr è un paradigma della storia delle donne, spesso costrette a scontrarsi, anche nel mondo dello sport, con un gretto maschilismo che vuole affossare talento e passione.
Merita di essere raccontata, merita di essere conosciuta.
Come tutto cominciò, romanzando la genesi di un mito nella narrazione di una periferia inglese in cui il silenzio grigio è interrotto solo dal rimbombo di un pallone che si schianta ancora e ancora contro un muro sgretolato. ce lo raccontano Alice Keller e Veronica Truttero, rispettivamente scrittrice e disegnatrice di Doppio Passo, splendido graphic novel per ragazzi pubblicato da Edizioni Sinnos (Vai in coda all’articolo per sfogliare l’anteprima).
Il doppio passo è un dribbling calcistico, più propriamente una finta, eseguito simulando un contatto col pallone che in realtà non avviene.
Alice Keller parte proprio con un doppio passo e costruisce una finzione. Inventa il personaggio di Martin e della sua famiglia che, come tante negli anni della Grande Guerra, paga il primo conflitto mondiale con la vita dei propri figli, costretti ad andare al fronte. È il calcio, che si consuma in campetti improvvisati nati nella periferia della periferia, vicino alle grandi fabbriche coinvolte nel conflitto bellico, è una doppia fuga: mentale, per tutti ragazzi che si vogliono distrarre da una realtà incerta, e esistenziale, perché essere chiamato a giocare in una grossa squadra di calcio può allontanarti dalla guerra.
Questo spera il fratello di Martin: di essere notato da una qualche procuratore in una delle sfide che vedono coinvolte le squadre di quartiere, domenica dopo domenica.
Martin invece non ha speranza con cui nutrire il proprio sogno, dato che lui, nel gioco del pallone, è tra quelli che vengono scelti per ultimi, dopo il portiere, dopo il lato del campo di gioco, dopo la squadra che deve dare il calcio d’inizio.
Ma se per Martin la palla è quadrata, per Lilly, che abita non troppo lontano da lui, è un proiettile.
O meglio, Lilly è un cannone, con quei piedi capaci di far fare di tutto alla sfera, anche di farla viaggiare a velocità mai viste prime.
Incredibilmente, Lilly e Martin, si assomigliano tantissimo. Così tanto che qualcuno, nel corso di una partita, potrebbe anche non accorgersi che in campo c’è una ragazza, che gioca meglio di tutti gli uomini che si muovono affannosamente cercando di arginare l’estro creativo dei suoi piedi.
Poi, inesorabilmente, ogni equivoco appassisce e la verità narrativa viene ristabilita, giusto in tempo per poter tornare alla realtà e continuare a raccontare la storia della campionessa inglese.
La storia calcista della Parr, quella importante, inizia con le Dick, Kerr’s Ladies, formazione composta dalle operaie dell’omonima azienda che si impegnava nella produzione di munizioni.
Nel suo campionato di esordio segna 43 gol. Ha solo 14 anni.
Da allora le Dick Kerr’s Ladies giocarono in tutta Inghilterra centinaia di partite, partecipando a tornei appositamente creati per raccogliere fondi destinati all’Associazione nazionale dei soldati e marinai congedati e disabili.
Il pubblico arrivava a frotte.
Il 26 dicembre del 1920, nello stadio di Goodison Park, a Liverpool, c’erano 53.000 spettatori per assistere alla sfida tra le Dick Kerr’s Ladies e le St.Helens Ladies, squadra dove Lily Parr aveva esordito.
Le cronache ricordano che vinsero le Dick Kerr’s Ladies per tre a zero, ma anche che, nel corso delle 67 partite la squadra disputò nei mesi a venire, in totale furono presenti circa 900.000 spettatori, che pagarono un biglietto con soldi che sarebbe andati in beneficienza.
Questa storia, già incredibile di suo, ha ancora due o tre colpi di scena da raccontare.
Il primo: le partite avvenivano dopo l’orario di lavoro. Le calciatrici, compresa la Parr, erano tutte operaie della fabbrica che sponsorizzava la squadra di calcio. Fabbrica e squadra avevano un solo proprietario.
Il loro ingaggio da calciatrici era il loro salario di operarie. In più veniva versato loro un rimborso per il vitto, il viaggio e l’alloggio durante le partite in trasferta.
Centinaia di migliaia di sterline raccolte in beneficienza per i soldati di guerra nel dopo lavoro da un gruppo di indomabili giovani calciatrici…
Il secondo colpo di scena: la Football Association, la federazione calcistica inglese, nota l’attenzione che si muove intorno alle Dick, Kerr’s Ladies.
Ma nota anche altro, cioè la presenza di diverse giocatrici dichiaratamente omossessuali all’interno della squadra (tra cui la stessa Lillian Parr) e l’influenza mediatica e politica che il calcio femminile sta acquisendo.
In un’epoca che non era ancora pronta ad accettare che una donna, che un gruppo di donne, potessero fare bene tanto e quanto gli uomini, che potessero infiammare i cuori degli appassionati di calcio, che potessero vivere serenamente la propria individualità, la Football Association decide di intervenire, come fanno i bambini quando, su un campo di calcio, si sento offesi o minacciati: presero il pallone sotto il braccio e se lo portarono via, o meglio, non potendo portare via il pallone, si portarono via i campi di calcio…
Il 5 dicembre 1921 venne approvata una legge che vietata alle società maschili di cedere il proprio campo o l’uso degli stadi per partite di calcio femminile. Tale divieto restò in vigore fino al 1970.
Da allora quel racconto di solidarietà e di emancipazione che aveva in Lilly Parr il proprio simbolo, iniziò piano piano a vivere alti e bassi, per poi, infine, spegnersi.
Le Dick, Kerr’s Ladies volarono in tournée in Canada, ma anche lì non fu permesso loro di giocare.
Decisero allora di spostarsi negli USA dove furono accolte trionfalmente, disputando 9 partite contro formazioni maschili perdendone solo tre.
Come sempre, Lilly Parr si distingueva per il suo gioco, la sua potenza e i suoi gol.
Tornate in patria, per una serie di avvicendamenti societari le Dick, Kerr’s Ladies divennero le Preston Ladies, venne loro tagliato il sostengo da parte della società (Niente più rimborsi viaggi, vitto e alloggi per le trasferte) portando all’abbandono di molte giocatrici e alla fine di una realtà simbolo della forza delle donne.
La Parr, divenuta nel frattempo infermiera, smetterà di giocare soltanto alla veneranda età di 46 anni, disputando la sua ultima partita nel 1951.
Nella sua carriera, fu attaccante capace di segnare 1000 gol, ma riuscì anche ad essere ironica e tagliante difensore dei diritti della comunità lesbica, e paladina di un popolo che amava vedere sul campo di calcio la personificazione di un concetto semplice: non c’è nulla che una donna non possa fare bene quanto e meglio di un uomo.
Lilly Parr morì di cancro al seno, il 24 maggio del 1978. Oltre il calcio, oltre alla sua compagna Mary, l’altra sua grande passione erano, purtroppo, le sigarette.
Di lei, Bobby Walker, storico campione scozzese, disse che “era il più grande talento che il mondo avesse mai visto”.
Doppio Passo, di Alice Keller e Veronica Truttero, edito da Edizioni Sinnos, racconta l’inizio della sua storia.
Una storia che va conosciuta, una storia che andava raccontata.
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