INDICE DEI CONTENUTI
- 1 Ponte sullo Stretto: l’opera che non c’è ha più di un secolo e mezzo di storia (e un conto milionario)
- 2 LA STORIA DEL PONTE SULLO STRETTO DI MESSINA
- 3 IL PROGETTO DEL PONTE SULLO STRETTO
- 4 SI DICE SOSPESO O STRALLATO?
- 5 PONTE SULLO STRETTO, I LAVORI ‘INIZIATI’
- 6 LA VALUTAZIONE AMBIENTALE ‘SOSPESA’
- 7 QUANTO COSTERÀ IL PONTE SULLO STRETTO
- 8 QUANTO È COSTATO FINORA IL PONTE SULLO STRETTO
- 9 IL PONTE SULLO STRETTO PUÒ RESISTERE AL TERREMOTO?
- 10 IL PONTE PIÙ “IMITATO” AL MONDO
- 11 C’È CHI DICE NO AL PONTE SULLO STRETTO
- 12 CRONISTORIA DEL PONTE
- 12.1 La leggenda del Ponte sullo stretto di Metello
- 12.2 Lo studio Cottrau
- 12.3 L’idea del tunnel al posto del Ponte sullo Stretto
- 12.4 L’idea sottomarina inizia a piacere
- 12.5 Il primo modellino in scala del Ponte sullo Stretto
- 12.6 Dal progetto Steinman all’istmo
- 12.7 Arrivano gli ‘americani’
- 12.8 Il Ponte sullo Stretto? Non è fattibile?
- 12.9 Arriva Cousteau
- 12.10 I primi miliardi per il Ponte sullo Stretto
- 12.11 Il Concorso di idee
- 12.12 Facciamo una società?
- 12.13 L’interesse dell’Europa
- 12.14 Nasce la ‘Stretto di Messina SpA’
- 12.15 Signorile: Ponte sullo Stretto entro il 1994
- 12.16 Arriva il progetto di massima
- 12.17 Via libera del Consiglio dei LLPP
- 12.18 Il Ponte nel programma di Berlusconi
- 12.19 Arriva il progetto preliminare
- 12.20 Si sceglie il General Contractor
- 12.21 Il Ponte finisce in un cassetto
- 12.22 Torna Berlusconi, torna il Ponte
- 12.23 Il primo cantiere
- 12.24 Si approva il progetto definitivo
- 12.25 La società va in liquidazione
- 12.26 Il gruppo di lavoro
- 12.27 50 milioni a Rfi
- 12.28 Riparte l’iter
- 12.29 Rinasce “Stretto di Messina SpA”
Ponte sullo Stretto: l’opera che non c’è ha più di un secolo e mezzo di storia (e un conto milionario)
Campata unica. Due campate. A due piani. Tunnel sottomarino. Soluzione di Archimede. La storia del Ponte (che non c’è) sullo Stretto è lunga più di 150 anni. E in questo secolo e mezzo i progetti proposti per realizzarlo sulle sponde di Calabria e Sicilia sono stati i più disparati.
Se gli annunci che si sono susseguiti negli anni, da un governo all’altro, si fossero realizzati, di Ponti sullo Stretto a quest’ora ne avremmo inaugurati almeno quattro (e la stima è al ribasso). Nel 1960, nel 1994, a metà più o meno degli anni 2000 e nel 2018, che era l’anno di consegna previsto dal progetto definitivo del Ponte sullo Stretto da cui si sta ripartendo. La prossima data da segnare – la previsione stavolta è del ministro Salvini – è il 2032. Da lì, ha detto il responsabile del dicastero per le Infrastrutture, il Ponte sullo Stretto «potrebbe essere percorribile».
Finora, però, l’obiettivo di realizzare un collegamento stabile tra Sicilia e ‘continente’ l’avrebbero centrato solo i romani. Gente che di grandi opere se ne intendeva. L’episodio – se si accorda fiducia agli storici Strabone e Plinio il vecchio, che lo raccontano qualche secolo dopo – risale alle Guerre puniche e alla battaglia di Palermo. Il console romano Lucio Cecilio Metello, nel 251 a.C., avrebbe fatto costruire un ponte sullo Stretto provvisorio con le botti. Il tutto per trasferire a Roma, dalla Sicilia, i 104 elefanti catturati alle legioni di Asdrubale. Strabone e Plinio il Vecchio, però, sono vissuti entrambi parecchio tempo dopo Metello e Asdrubale, per cui il fatto resta lì, avvolto un po’ dalla leggenda.
Lucio Cecilio Metello:
“Radunate a Messina un gran numero di botti vuote le ha fatte disporre in linea sul mare legate a due a due in maniera che non potessero toccarsi o urtarsi”.
“Sulle botti formò un passaggio di tavole coperte da terra e da altre materie e fissò parapetti di legno ai lati affinché gli elefanti non avessero a cascare in mare”.
Anche Carlo Magno avrebbe accarezzato l’idea di congiungere le due vicinissime sponde di Calabria e Sicilia. E dopo di lui anche Roberto il Guiscardo e Riccardo Cuor di Leone. E con l’Unità d’Italia che la necessità di garantire un collegamento tra la Sicilia e il resto del Paese torna a farsi sentire. Così il Ponte sullo Stretto inizia a comparire, con alterne fortune, nelle agende dei governi. Le difficoltà progettuali prima, le guerre, le crisi economiche e politiche, l’impossibilità di reperire un finanziamento così impegnativo poi, hanno lasciato il Ponte nel libro dei sogni.
In fondo, neanche Paperon de Paperoni è riuscito nell’impresa: lo racconta una storia apparsa su un Topolino di quasi quarant’anni fa (è il 1982) dedicata proprio al visionario progetto.
LA STORIA DEL PONTE SULLO STRETTO DI MESSINA
Se il Ponte sullo Stretto – o quello che oggi del Ponte abbiamo, ovvero un progetto – è già diventato un’opera mitologica, forse è anche perché eredita parte di quel carico di suggestioni che quella sottile striscia di mare tra Sicilia e Calabria porta con sé. Le correnti forti e irregolari e i venti a volte violenti rendevano la navigazione irta di pericoli, così da alimentare la leggenda di Scilla, colei che dilania, e di Cariddi, colei che risucchia.
Lasciamo però le stagioni del mito, di Omero e di Virgilio, per arrivare a tempi a noi un po’ più vicini. È con l’Unita d’Italia – ricorda Aurelio Angelini nel suo ‘Il mitico Ponte sullo Stretto di Messina’ edito da FrancoAngeli – che l’esigenza di collegare in modo stabile Sicilia e continente si fa più urgente nel Paese. Nel 1896 entrano in servizio le prime due navi traghetto – ‘Scilla’ e ‘Cariddi’ – ma qualche decennio prima il ministro dei lavori pubblici Stefano Jacini aveva affidato al costruttore Alfredo Cottrau l’incarico di studiare la fattibilità di un collegamento stabile tra Sicilia e Calabria. I risultati si rivelano negativi: Cottrau conclude che è impossibile: le acque profonde e le correnti impetuose rendono pressoché impossibile la costruzione di piloni, a meno di non voler investire cifre enormi.
Tuttavia tecnici e politici non si scoraggiano. Tempo quattro anni e l’ingegnere torinese Carlo Navone presenta alla camera dei Deputati il progetto di un tunnel, aprendo così il dibattito tra scelta aerea o sottomarina che sarebbe andato avanti per anni. I traghetti, però, si mostrano decisamente meno costosi come soluzione. E così i governi successivi accantonano sul finire dell’800 l’idea del Ponte sullo Stretto. Il terribile terremoto del 1908, che distrugge le città dello Stretto, contribuisce al declino (momentaneo) dell’idea.
Bisogna attendere il secondo dopoguerra e gli anni del boom per ritrovare il Ponte come tema (quasi) costante del dibattito pubblico. L’entusiasmo è grande, proliferano comitati e progetti. Il fascino di un’opera così ambiziosa travalica l’oceano e finisce per conquistare gli emigrati italiani negli Usa. L’ingegner Mario Palmieri dà vita in America alla società “Messina Strait Bridge Corporation” che nel maggio del ’55 presenta un suo progetto, che ottiene il parere favorevole del Consiglio Superiore dei Lavori pubblici.
C’è anche un piano finanziario: il 75 per cento dell’opera sarebbe stato a carico di risparmiatori Usa. Si azzarda per l’inaugurazione dell’opera anche una data, fissata al 30 giugno del 1960. Ma non è l’unico progetto avanzato in quegli anni. Nel ’53 aveva già fatto la sua apparizione alla Fiera di Messina un modellino in scala del ponte a tre campate ideato dall’ingegner Fausto Masi. E c’è anche l’idea ardita dell’ingegner Nino Del Bosco, che propone la realizzazione di un istmo artificiale per collegare la costa siciliana e quella calabrese tra Ganzirri e Punta Pezzo.
Ma la data da segnare in rosso sul calendario è il 1969. Nell’anno del primo uomo sulla Luna, il governo italiano si sente pronto ad affrontare le ‘terribili’ Scilla e Cariddi. Viene bandito il “Concorso Internazionale di idee per il collegamento stabile viario e ferroviario tra la Sicilia e il continente”. Arrivano 143 progetti, dopo due anni vengono assegnati sei primi premi ex aequo e altrettante menzioni. È qui che vengono definite le prime caratteristiche del futuro Ponte, tuttora valide, come la previsione di due binari ferroviari e sei corsie autostradali. Tra le soluzioni progettuali selezionate prevale il ponte sospeso a una o più campate: solo una delle sei ‘vincenti’ prevede il tunnel.
Nel 1971 – governo Colombo – il Parlamento approva la legge che autorizza la creazione di una società di diritto privato a capitale pubblico, concessionaria per la progettazione, realizzazione e gestione del collegamento stabile tra la Sicilia e il resto del Paese: la Stretto di Messina SpA muove i primi passi. Il 51 per cento delle azioni viene assegnato all’Iri, il resto va a Ferrovie dello Stato, Anas, le Regioni Sicilia e Calabria. Primi passi, ma lenti: bisogna aspettare dieci anni per vedere la nascita della società con l’avvocato Oscar Andò primo presidente. A tenerla a battesimo il presidente del Consiglio Arnaldo Forlani.
È l’84 quando il ministro per gli interventi straordinari del Mezzogiorno Claudio Signorile annuncia che lo Stato avrebbe realizzato il ponte entro il 1994. Già l’anno dopo, il 1985, le stime saranno diverse. Il presidente del Consiglio Bettino Craxi ipotizza l’avvio dei cantieri per il 1988: resteranno operanti, dice, «per otto, dieci anni». Nel 1988 dei cantieri non c’è traccia: in quell’anno però si individua la soluzione progettuale. Anas, Ferrovie e Consiglio superiore dei Lavori pubblici optano per il ponte sospeso e si sceglie quello a campata unica di 3.300 metri sulla direttrice Cannitello-Ganzirri.
Nel ’92, seguendo questa soluzione tecnica, si presenta il progetto di massima definitivo, approvato – cinque anni più tardi – dal Consiglio superiore dei Lavori pubblici. Ed è sul finire degli anni ’90 che le associazioni ambientaliste e con loro anche tanti accademici organizzano la mobilitazione ‘no ponte’. Nasce il comitato ‘Tra Scilla e Cariddi’, che si rivolge all’Unesco per difendere quello che definiscono il ‘cuore del Mediterraneo’.
Nel frattempo arriva il nuovo millennio e con esso il Ponte entra nel contratto con gli italiani dei Governi Berlusconi. Il Cavaliere si mostra, senza dubbio, il suo più grande sostenitore. Ne vede solo i vantaggi, anche quelli romantico-sentimentali, se vogliamo chiamarli così.
Con il Ponte, dice in una delle tante battute, «si potrà andare dalla Sicilia in Italia anche di notte, e chi ha un grande amore dall’altra parte non dovrà aspettare i traghetti per tornare alle 4 del mattino». Un’altra volta se ne esce asserendo che «con quest’opera i cittadini siciliani saranno al 100% italiani». E più di recente, ‘sprona’ la Calabria alla conquista della Sicilia ‘via’ Ponte.
Ma torniamo agli atti. Nel dicembre 2001 il dicembre il Senato approva la “Legge Obiettivo sulle Grandi Opere” e il Cipe approva l’elenco delle prime 19: al Ponte si assegna priorità assoluta. Due anni dopo il Consiglio d’Amministrazione della ‘Stretto di Messina’ SpA – in cui l’azionista di maggioranza è diventata Fintecna, con la chiusura dell’Iri – approva il progetto preliminare dell’opera e nel 2004 si bandisce la gara per individuare il General contractor a cui affidare progettazione definitiva, esecutiva e realizzazione dell’opera. Le procedure si concludono nel 2005, con l’aggiudicazione al Consorzio Eurolink, con Impregilo capofila: i lavori sarebbero dovuti partire nel 2007 per concludersi nel 2012 con un costo previsto intorno ai 3,88 miliardi.
Il 2006, però, con la vittoria del centrosinistra e la formazione del secondo governo Prodi segna un nuovo stop per l’opera, giudicata da Palazzo Chigi non prioritaria e dal neoministro dell’Ambiente, il leader dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio, inutile.
Tempo due anni e con il cambio del governo e il ritorno, alla sua guida, di Silvio Berlusconi l’operazione Ponte riparte. Nel 2009 l’assemblea straordinaria della Stretto di Messina SpA approva l’aumento di capitale di 900 milioni di euro (soldi provenienti da Anas e Rfi) e nello stesso anno partono i lavori di realizzazione della variante ferroviaria di Cannitello, necessaria per eliminare le interferenze con il futuro cantiere sulla sponda calabrese. Nel 2011 viene approvato il progetto definitivo, con una previsione di spesa di 8,5 miliardi di euro.
Un nuovo stop è dietro l’angolo, al cambio della maggioranza politica e complice anche la decisione di Bruxelles di depennare il Ponte dalle opere finanziabili con fondi comunitari. Il nuovo governo dei tecnici guidati da Mario Monti avvia la chiusura del progetto che culmina con la messa in liquidazione nel 2013 della società concessionaria. Sembra la pietra tombale sul Ponte, ma non sarà così.
Ci pensa Matteo Renzi premier a rilanciarlo nel 2016 e più tardi, nel 2020, il governo Conte che intende portare l’alta velocità in Sicilia. Il Governo istituisce un Gruppo di lavoro che deve esaminare le soluzioni per i possibili collegamenti tra Calabria e Sicilia. La relazione finale, che giudica vantaggiosa la realizzazione del Ponte, arriva dopo un anno. Il ministro Giovannini (governo Draghi) nel maggio 2022 affida a Rfi 50 milioni di euro per avviare un nuovo studio di fattibilità. Studio, però, mai realizzato: quei 50 milioni finiranno per esser destinati alla rinascita della società concessionaria.
Il resto è cronaca dei giorni nostri: l’arrivo di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi e di Matteo Salvini al ministero delle Infrastrutture riporta il Ponte in cima all’agenda del governo. A marzo 2023 un decreto legge riattiva la società Stretto di Messina con un assetto societario che prevede la partecipazione di Rfi, Anas, delle Regioni Sicilia e Calabria e, per una quota non inferiore al 51%, di Mef e Mit. Si riparte dal progetto definitivo del 2011 (da rivedere e aggiornare) e dai contratti stipulati con Impregilo, oggi WeBuild.
IL PROGETTO DEL PONTE SULLO STRETTO
Il progetto definitivo approvato nel 2011 – ora punto di (ri)partenza per il ministero delle Infrastrutture – prevede la realizzazione di un ponte a campata unica. La più lunga al mondo: misurerà 3.300 metri circa su un totale di 3.666 di lunghezza complessiva dell’opera. Le due torri centrali – da cui partono due coppie di cavi per il sistema di sospensione – saranno alte 399 metri, l’impalcato largo 61. I cavi saranno lunghi complessivamente 5.320 metri: ciascuno conterrà 44.323 fili d’acciaio. Saranno garantiti 65 metri di altezza di canale navigabile centrale per il transito di grandi navi. E le torri sorgeranno l’una a Ganzirri, frazione di Messina, l’altra a Cannitello, quartiere di Villa San Giovanni: sono i punti più ravvicinati dello Stretto.
Il Ponte avrà 6 corsie stradali, 3 per ciascun senso di marcia (2 + 1 emergenza) e 2 binari ferroviari, con una capacità di transito pari a 6mila veicoli l’ora e 200 treni al giorno. L’infrastruttura è stata progettata con una resistenza al sisma pari a 7,5 magnitudo della scala Richter, con un impalcato aerodinamico di “terza generazione” stabile fino a velocità del vento di 300 km/h.
Previsti anche, da progetto, 40 chilometri di opere di raccordo stradale e ferroviario sui versanti calabrese e siciliano, in larga parte in galleria, per collegare il Ponte alle linee autostradali e ai tracciati ferroviari.
Quali saranno i vantaggi? Si prevedono tempi di percorrenza praticamente dimezzati.
Secondo il report dei tecnici ministeriali incaricati dal governo Conte, il tragitto da Reggio Calabria a Messina, che oggi richiede un’ora circa in treno e almeno 70 minuti in auto, si coprirebbe in mezz’ora.
Questo progetto, che come detto risale a oltre dieci anni fa, affronterà comunque una fase di revisione prima di passare all’esecutivo. Il decreto che a fine marzo ha fatto ripartire la società Stretto di Messina prevede l’integrazione con una relazione del progettista. Nella relazione andranno indicate le prescrizioni da sviluppare nell’esecutivo per adeguare il progetto alle nuove norme, alle evoluzioni tecnologiche che ci sono state, alle prove sperimentali richieste dal Comitato scientifico nel 2011 e assicurarne la compatibilità ambientale. Quest’ultima, come vedremo più avanti, è una questione ancora aperta.
In viaggio virtuale lungo il ‘futuro’ Ponte nel video pubblicato da WeBuild nel 2021
SI DICE SOSPESO O STRALLATO?
Capita di sentir chiamare il ‘futuro’ Ponte in entrambi i modi. Il ministero lo ha definito una volta ponte ‘sospeso strallato’. Qual è la definizione esatta? Il Ponte, per come è stato progettato dalla cordata guidata da Impregilo nel 2011, è un ponte sospeso.
Il ponte strallato è un ponte sospeso in cui lunghi cavi (gli stralli) partono dai piloni di sostegno e si agganciano direttamente all’impalcato (un esempio è il ponte di Calatrava a Cosenza). Nel ponte sospeso di tipo ‘classico’ i cavi principali sono sorretti dai due piloni. Da questi cavi ne partono poi altri secondari e verticali che si agganciano all’impalcato.
Lo spiega bene in questo video Andrea Moccia di Geopop
PONTE SULLO STRETTO, I LAVORI ‘INIZIATI’
Un cantiere, legato ai lavori di realizzazione del Ponte sullo Stretto, in realtà è stato già aperto e anche completato. Parliamo dei lavori per la Variante ferroviaria di Cannitello, a Villa San Giovanni, ultimati nel 2012.
Si tratta di lavori propedeutici alla costruzione del Ponte, necessari per risolvere le interferenze con il futuro cantiere della torre dell’infrastruttura, lato Calabria.
I costi sostenuti per la realizzazione della variante – si ricava dal bilancio 2021 della società Stretto di Messina – ammontano a 20milioni 394mila euro (il tetto stabilito era pari a 26 milioni). Il ministero delle Infrastrutture ha liquidato alla Stretto di Messina SpA 18 milioni 689mila euro in rate annuali dal 2007 al 2017.
Quel che resta (almeno per ora) è uno scatolone di cemento armato che a Villa San Giovanni chiamano ecomostro. Nel progetto definitivo del Ponte era previsto il mascheramento di questo muraglione che oggi sfregia il paesaggio di Villa: sarebbe rientrato tra le opere ‘connesse’, sulla sponda calabrese, disegnate dall’architetto Daniel Libeskind, a cui si deve la Freedom tower sorta sull’area distrutta a New York dagli attentati dell’11 settembre 2011. Le opere comprendevano l’area del centro direzionale della località Piale a Villa San Giovanni, la fascia dal blocco di ancoraggio alla torre del ponte (Cannitello), il lungomare di Villa San Giovanni.
LA VALUTAZIONE AMBIENTALE ‘SOSPESA’
Il progetto definitivo per la realizzazione del Ponte sullo Stretto non ha superato l’esame del ministero dell’Ambiente. Nel 2013, con l’opera ormai cancellata dal governo Monti e la società concessionaria avviata alla liquidazione, la procedura di valutazione si chiuse con esito non favorevole: il ministero dichiarò l’impossibilità di pronuncia sulla compatibilità ambientale varianti, con parere non positivo per quanto riguardava la valutazione d’incidenza ambientale e alcune prescrizioni impartite con l’approvazione del progetto preliminare ancora non ottemperate.
Tra i nodi principali da risolvere c’è l’interferenza con le migrazioni degli uccelli. Il Ponte sbarrerebbe una delle rotte più importanti per l’avifauna tra il continente africano e l’Europa, creando un possibile ostacolo fisico e un elemento di disturbo, con i dissuasori visivi e sonori. Nel 2005 la commissione europea aveva già segnalato la violazione della direttiva ‘Uccelli’, lamentando la carenza della valutazione di incidenza ambientale a suo tempo eseguita.
La revisione del progetto definitivo – che dovrà indicare le prescrizioni a cui attenersi con l’esecutivo – dovrà sanare le questioni aperte.
QUANTO COSTERÀ IL PONTE SULLO STRETTO
Il costo previsto per la realizzazione dell’opera è di 13,5 miliardi, secondo le previsioni contenute nell’allegato Infrastrutture al Def 2023. A questa somma andrà aggiunto 1 miliardo 100 milioni per i raccordi ferroviari (nell’ambito di un accordo di programma con Rfi) e risorse ancora non quantificate per i collegamenti stradali di competenza di Anas. Dove li troverà il governo Meloni? «Se i privati vorranno dare una mano saranno i benvenuti» ha detto il ministro Salvini, ospite della trasmissione ‘Cinque minuti’ di Bruno Vespa su Rai1. Il project financing è da sempre un’opzione: al dicembre 2009 era previsto che il costo dell’opera (all’epoca 6,4 miliardi) venisse coperto per il 40 per cento con risorse pubbliche e per il 60 con finanziamenti da reperire sui mercati internazionali.
Il gruppo di lavoro. che nel 2020 (governo Conte), aveva avuto dal ministero delle Infrastrutture l’incarico di studiare le migliori soluzioni per l’attraversamento stabile dello Stretto, mostrò però perplessità sull’ipotesi del project financing. «Appare evidente che la brevità del percorso di attraversamento e delle relative opere connesse non consente di prevedere un volume di pedaggi a carico degli utenti in grado di consentire una operazione di project financing – si legge nella relazione –. L’unica possibilità per garantire un adeguato flusso di risorse è quella di porre a carico di Anas e Rfi un significativo canone di disponibilità per l’utilizzo dell’infrastruttura e del sistema di attraversamento, la qual cosa si tradurrebbe sostanzialmente, sia pure in forma indiretta, in un finanziamento dell’intervento a carico del bilancio pubblico. Per queste ragioni appare, quindi, ragionevole che l’investimento sia effettuato direttamente con risorse pubbliche (nazionali e/o europee)».
Il dicastero di Porta Pia guarda comunque fiducioso all’Europa. E da Adina Valean, commissaria europea ai Trasporti, sono arrivati segnali incoraggianti: il ponte rientra nel corridoio Scandinavo-Mediterraneo e consente di completare le reti transeuropee di trasporto e può essere finanziato dall’Unione, ma servirà un progetto competitivo.
Va detto anche che 13,5 miliardi è fissato come tetto massimo di spesa per l’opera: oltre questa soglia, si sforerebbe il tetto massimo del 50 per cento di aumento dei costi (rispetto all’appalto originario), che rende obbligatorio per le norme europee procedere con un nuovo bando di gara.
QUANTO È COSTATO FINORA IL PONTE SULLO STRETTO
Fare una stima compiuta dei soldi finora spesi per il Ponte che non c’è è difficile. Quel che è sicuro, comunque, è che il Ponte ha già maturato un conto plurimilionario che pesa sulle casse del Paese.
«Bisogna sfatare il luogo comune che sono stati spesi miliardi per il Ponte sullo Stretto. Non è vero. Sono stati spesi dei soldi per fare il progetto che è ancora valido» ha detto di recente il commissario liquidatore della Stretto di Messina SpA, Vincenzo Fortunato. E senza dubbio in questa categoria rientrano i fondi spesi per studi di fattibilità, progetti, lavori già eseguiti (vedi la variante di Cannitello), funzionamento della società stessa finché era funzionale alla realizzazione dell’opera.
Non c’è dubbio però che i ritardi e tutto questo tergiversare spalmato su un arco temporale di oltre 40 anni – compreso il mantenimento in vita di una società che doveva essere chiusa nel 2014 – hanno prodotto esborsi aggiuntivi.
Proviamo a fare ordine tra le cifre.
La prima, ricavabile dai bilanci della società Stretto di Messina e dalle relazioni della Corte dei Conti, è quella fotografata dai costi capitalizzati, quindi quelli riportati nello stato patrimoniale, perché di utilità pluriennale. È l’investimento principale fin qui sostenuto dalla società concessionaria: circa 312 milioni di euro, dal 1981 al 2013, spesi per studi di fattibilità, ricerca, progetto di massima, progetto preliminare, gare, progetto definitivo, monitoraggio ambientale e varie altre attività.
Questa somma corrisponde più o meno a quella che, dopo la messa in liquidazione, la società ha reclamato ai ministeri delle Infrastrutture e al Mef come indennizzo. Con un’aggiunta del 10 per cento delle prestazioni rese (come risarcimento) e la decurtazione dei contributi già ricevuti (circa 18 milioni di euro) si arriva a 326 milioni di euro. I due ministeri, così come la presidenza del Consiglio, hanno sempre ribattuto di non dover nulla alla concessionaria, perché tutti i costi sostenuti avevano trovato copertura attraverso aumenti di capitale finanziati con risorse pubbliche.
Dei costi sostenuti per i lavori di realizzazione della variante di Cannitello abbiamo già detto prima: circa 20 milioni di euro.
E dopo il 2013? Ci sono da considerare i costi sostenuti per mantenere la società Stretto di Messina: doveva essere chiusa nel 2014, dopo la messa in liquidazione decisa l’anno prima. La società invece è rimasta in piedi per quasi dieci anni, nonostante i richiami della Corte dei Conti: presidenza del Consiglio dei ministri e ministeri si sono rimpallate le responsabilità, mentre la concessionaria si è sempre detta contraria alla chiusura, per via dei contenziosi in essere, proposti dalle imprese che si erano aggiudicate la costruzione del ponte. Nel 2014 i costi di produzione sostenuti dalla società in liquidazione ammontavano a 2 milioni 700 milioni di euro, circa la metà assorbiti dalle spese per il personale distaccato. L’anno successivo si è scesi a 1 milione 900mila euro, poi a un milione e mezzo e, nel 2017, a un milione 215mila euro.
Tra il 2018 e il 2020 i costi si sono attestati intorno agli 800mila euro (per anno). Nel 2021 si è scesi a 533mila euro di spese per mantenere in piedi la società in liquidazione. Di questi, 451mila se ne sono andati in servizi, oltre la metà per stipendi ed emolumenti. I dipendenti (1 risorsa distaccata e quattro a servizio parziale) sono costati 214mila euro. Al commissario liquidatore, Vincenzo Fortunato, sono stati destinati 100mila euro di indennità, 20mila è il compenso del collegio sindacale e 13mila la parcella di Ey (Ernst & Young), che si occupa della revisione dei conti. Ci sono poi 55mila euro di spese legali, 30mila per «altre prestazioni professionali», 19 mila di «altri costi».
Citiamo infine i soldi sborsati da Stretto di Messina per risarcire i proprietari dei terreni sui quali dovrebbe sorgere il Ponte e che hanno chiesto, dopo la liquidazione della società, di essere indennizzati per i vincoli posti sui propri beni fin dal 2003 in vista del futuro esproprio. Due contenziosi si sono già chiusi e hanno visto Stretto di Messina condannata a sborsare 237mila euro.
Meritano poi una postilla i costi che sarebbero ancora potuti maturare, ovvero risarcimenti richiesti dalle imprese che si erano aggiudicate la gara di progettazione definitiva e realizzazione del Ponte nel 2005. Si tratta del contraente generale Eurolink e del project management consultant Parsons Transportation Group. Il primo ha chiesto 700 milioni di euro, il secondo 90 milioni.
Contenziosi che saranno azzerati – è la previsione – con la ripresa delle attività: il decreto che fa rivivere la concessionaria Stretto di Messina e ripristina i vecchi contratti prevede, come condizione preliminare, la rinuncia a tutte le pendenze in corso.
IL PONTE SULLO STRETTO PUÒ RESISTERE AL TERREMOTO?
È la domanda principale che spesso viene posta quando si parla del Ponte sullo Stretto. Da progetto, l’opera è pensata per resistere a terremoti di magnitudo 7.5 (analoghi a quello del 1908) e raffiche di vento pari a 300 chilometri orari. In occasione dell’esercitazione ‘Sisma sullo Stretto’, tanto la Protezione civile quanto l’Ingv garantirono che per l’ingegneria italiana non è un problema costruire opere in grado di resistere in zone ad alta sismicità. WeBuild ha depositato poche settimane fa un nuovo studio sulla sicurezza dell’opera.
IL PONTE PIÙ “IMITATO” AL MONDO
Nel corso delle audizioni organizzate dalle commissioni Ambiente e Trasporti della Camera, nel mese di aprile 2023, per la conversione del decreto, si sono registrati pareri discordanti tra i tecnici circa la fattibilità del ponte sullo Stretto.
Il progetto definitivo è stato redatto da COWI A/S, società di ingegneria svedese specializzata in grandi opere (ha disegnato il ponte dello Storebaelt in Danimarca) in cooperazione con altre importanti società di ingegneria europee e con i più importanti progettisti e docenti universitari italiani.
La campata unica, di oltre 3 chilometri, e la snellezza dell’opera (il rapporto tra altezza impalcato e luce della campata più lunga, ndr) per alcuni docenti universitari sarebbe però un salto eccessivo rispetto all’attuale sviluppo delle costruzioni. È il caso ad esempio di Federico Massimo Mazzolani, professore emerito di Tecnica delle costruzioni presso l’Università Federico II di Napoli. Per altri, invece, non c’è nessun azzardo, perché nessuna altra opera al mondo sarebbe stata studiata come il Ponte sullo Stretto. Proprio la snellezza anzi garantirebbe – lo ha spiegato nelle audizioni Ferruccio Resta, ordinario di Meccanica applicata alle macchine del Politecnico di Milano – «la flessibilità necessaria perché l’opera possa assorbire le oscillazioni in caso di sisma».
Per resistere ai sisma violenti e ai forti venti che è possibile attendersi nell’area, per il Ponte è stato studiato uno speciale profilo aerodinamico che consente di diminuire le forze di carico eoliche e di contenere la deformazione elastica. È il cosiddetto Messina Type deck, un tipo di impalcato a tre cassoni separati, che ha superato le prove nelle gallerie del vento maggiori d’Europa e nord America. Una soluzione poi realizzata davvero: il Ponte sullo Stretto non c’è ancora, ma il Messina Type deck è stato usato, ad esempio, per il Canakkale Bridge sui Dardanelli, oggi il ponte più lungo al mondo tra quelli sospesi.
Per resistere ai sisma violenti e ai forti venti che è possibile attendersi nell’area, per il Ponte è stato studiato uno speciale profilo aerodinamico che consente di diminuire le forze di carico eoliche e di contenere la deformazione elastica. È il cosiddetto Messina Type deck, un tipo di impalcato a tre cassoni separati, che ha superato le prove nelle gallerie del vento maggiori d’Europa e nord America.
Una soluzione poi realizzata davvero: il Ponte sullo Stretto non c’è ancora, ma il Messina Type deck è stato usato, ad esempio, per il Canakkale Bridge sui Dardanelli, oggi il ponte più lungo al mondo tra quelli sospesi con 2023 metri di luce tra le due torri. Alla progettazione ha lavorato anche la COWI A/S.
C’È CHI DICE NO AL PONTE SULLO STRETTO
Non appena si è messo in moto l’iter per riportare in vita la società ‘Stretto di Messina’, è ripartita anche la mobilitazione del fronte del no. Comitati, associazioni ambientaliste, movimenti e partiti di sinistra ed ecologisti hanno ripreso le fila di un discorso che ritenevano ormai archiviato da dieci anni.
Per il fronte del No l’opera è inutilmente costosa (tanto più a fronte delle condizioni infrastrutturali delle due regioni), non sostenibile finanziariamente, dannosa per l’ecosistema costiero e marino dello Stretto.
«Dal punto di vista ambientale tutta l’area dello Stretto di Messina è sostanzialmente ricompresa in due importantissime Zone di Protezione Speciale – Zps (sul lato calabrese la Zps della Costa Viola e su quello siciliano dalla ZPS dei Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antenna a Mare e area marina dello Stretto) e da un sistema di ben 11 Zsc (Zone Speciali di Conservazione), ai sensi della direttiva comunitaria Habitat, che tutelano un ambiente unico che va dalla fragile costa calabrese, alla importante zona umida della Laguna di Capo Peloro, al prezioso ecosistema botanico dei Monti Peloritani» si legge in un recente documento diffuso dal Wwf.
Del fronte per il No fanno parte anche diversi docenti universitari, come Domenico Marino, professore di Politica economica dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria e autore del pamphlet “L’insostenibile leggerezza del Ponte”. Qui in un’intervista del 2011 Marino contestava il progetto defintiivo.
CRONISTORIA DEL PONTE
C’è poi chi nel frattempo ha lasciato il fronte del No. È il caso della Lega, soprattutto quando si chiamava ancora anche ‘nord’ ma pure in tempi più recenti. «Ci sono parecchi ingegneri che dicono che non sta in piedi, io non sono un ingegnere e vorrei rassicurazioni – diceva Salvini a L’aria che tira su La7 nel 2016 – A parte questo, non vorrei spendere qualche miliardo di euro per un ponte in mezzo al mare quando sia in Calabria che in Sicilia i treni non ci sono o vanno a binario unico».
Oggi, dice Salvini ministro, costruire il Ponte è un dovere morale verso la Calabria e la Sicilia. Ma, promette, sarà parte di un sistema. «Il Ponte da solo non serve, tutto il resto senza ponte non serve – ha detto il ministro – Rfi sta lavorando sulla progettazione di ferrovie moderne e veloci tra Salerno e Reggio Calabria, abbiamo destinato tre miliardi per la statale 106 calabrese e stiamo lavorando sulla A2. Stiamo investendo 11 miliardi di euro per ferrovie più moderne e veloci tra Palermo, Catania e Messina».
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I ponti hanno sempre aiutato lo sviluppo delle due sponde unite. Chi vuole lasciare lo status quo, non può sostenerlo dal punto di vista ambientale. Ogni volta si dice che per attraversare lo stretto sono necessari 20 minuti, mai che si parli di tempi di attesa, tempi di imbarco e di quanto inquinano e rendono pericoloso il passaggio dello stretto. Dal punto di vista paesaggistico può non piacere, ma questo è un dato soggettivo. A qualcuno piacciono le foreste fatte di alberi a qualcuno di grattacieli. Dal punto di vista sismico, tutti sono diventati ingegneri strutturisti e dicono che non si può. Cosa succede in Giappone non si fanno ponti, grattacieli eppure li siamo in una zona altamente più sismica della nostra. Il rischio sismico aumenta all’aumentare della rigidezza della struttura, più la struttura è tozza più questa è soggetta alle forze sismiche. Questo ponte come i grattacieli non sono strutture tozze. Per ultimo la questione mafia. Questa se glielo consentono entrerà nella fase costruttiva o nella gestione, ma come succede in tutte le grandi opere d’Italia e del mondo. Non sarà il ponte a far sviluppare la mafia o a farla regredire. Mi sembra di aver letto da qualche parte, qualche anno fa, che qualche società di navigazione sia stata commissariata per infiltrazione mafiosa. Quindi la mafia ci guadagnerebbe anche con lo status quo.