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Una madre detenuta

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Alla fine di febbraio 2024, le donne detenute in Italia erano 2.611, il 4,3% della popolazione detenuta totale in carcere


Alla fine di febbraio 2024, secondo il rapporto sulle condizioni di detenzione dell’Associazione Antigone “Donne e bambini”, le donne detenute in Italia erano 2.611. Il 4,3% della popolazione detenuta totale.
Questa quota negli ultimi decenni ha visto solo piccole oscillazioni, ma con l’introduzione del ddl Sicurezza i numeri sono destinati ad aumentare. L’art. 15 prevede infatti l’abrogazione di due commi dell’art. 146 del codice penale, cioè le fattispecie di differimento obbligatorio della pena per donne incinte o madri di prole di età inferiore a un anno.
A fronte di un sistema normativo che ha progressivamente costruito un quadro di importanti tutele per la detenuta madre, in funzione dei “best interests of the child” secondo la definizione dell’art. 3 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, gli interventi proposti si pongono in controtendenza e segnerebbero un grave arretramento rispetto al modello normativo sin qui proposto.

DONNE DETENUTE IN CARCERE NUMERI IN AUMENTO CON IL DDL SICUREZZA


Rispetto ai dati dell’Italia, la media delle donne detenute nei paesi del Consiglio d’Europa è più alta e si attesta al 5,4%: questa cifra, tuttavia, è influenzata da piccolissime realtà come Andorra e il Principato di Monaco, che con 6 e 2 donne rispettivamente detenute alzano fortemente la media complessiva.
In Albania la percentuale è pari all’1,2%, in Danimarca al 5,6%, in Islanda all’8,3%: le proporzioni testimoniano la netta residualità della detenzione femminile, che a livello mondiale è pari al 6,9% della popolazione carceraria globale.
Tra i reati ascritti alle donne in carcere, la categoria più rappresentata è quella dei reati contro il patrimonio (28,7%); seguono i reati contro la persona (18,5%) e quelli legati alla droga (15%).
Al 31 dicembre 2023, le donne straniere detenute erano 701, pari al 26,8% del totale, in calo rispetto al 2022 (quando costituivano il 30,5% del totale). Le prime tre nazionalità più rappresentate erano la rumena (168 donne), la nigeriana (95 donne) e la marocchina (40 donne).
Volgendo lo sguardo alle misure alternative alla detenzione, alla fine di febbraio, 4.025 donne stavano scontando la pena attraverso una di queste. La minore gravità dei reati commessi e la minore pericolosità sociale conducono, infatti, a una maggiore concessione delle misure non detentive. La detenzione domiciliare rappresentava il 32,9%, mentre l’affidamento in prova pesava per il 66,3%.

QUATTRO CARCERI INTERAMENTE AL FEMMINILE IN ITALIA


Le carceri interamente femminili in Italia sono solo quattro: a Roma, Pozzuoli, Trani e Venezia. In questi istituti sono recluse 646 donne, di cui 366 nel solo carcere femminile di Rebibbia a Roma, il più grande d’Europa. I restanti tre quarti delle donne si trovano in sezioni femminili all’interno di 45 istituti a prevalenza maschile, alcuni dei quali di dimensioni molto ridotte: 14 donne (a fronte di 259 detenuti uomini) sono ospitate nel carcere di Reggio Calabria, 16 (a fronte di 392 uomini) si trovano a Piacenza, 5 (a fronte di 233 uomini) a Barcellona Pozzo di Gotto. In queste strutture la separazione diurna tra uomini e donne influisce negativamente sull’offerta di attività significative verso il reparto femminile.
Lo stesso accade per le sei sezioni dedicate a detenute transessuali, che si trovano a Como, Ivrea, Reggio Emilia, Belluno, Napoli Secondigliano e Roma Rebibbia Nuovo Complesso. Le detenute transessuali sono circa 70, vengono allocate dall’Amministrazione Penitenziaria secondo il loro sesso biologico, quindi in istituti maschili, ma vengono tenute separate dal resto dei detenuti.


LE MISURE DI DETENZIONE ALTERNATIVE PER LE DONNE CON FIGLI IN CARCERE


A questi spazi si aggiungono i tre Icam – Istituti a custodia attenuata per madri – attualmente in funzione a Milano, Torino e Lauro, dove sono recluse 12 donne con i loro figli. L’istituto di Lauro, in particolare, ha una capienza di 50 posti, è costituito da stanze somiglianti a piccoli appartamenti moderni e funzionali, ma ospita solo 4 detenute madri.
Tra Icam e sezioni nido di carceri ordinarie, 23 donne vivono in carcere con i loro 26 bambini. Lo scorso dicembre erano 20, con 20 bambini, quando le detenute incinte erano 12. Tra queste, una ventiseienne lo scorso marzo ha perso il proprio bambino nel carcere di Sollicciano (Fi), a causa di complicazioni della gravidanza.
Era già accaduto nel luglio 2022, quando una detenuta dell’istituto milanese di San Vittore di era sentita male, e nel marzo 2019 a Pozzuoli. Nel 2021, invece, una donna ha partorito improvvisamente nella propria cella del carcere di Rebibbia a Roma con il solo aiuto della compagna di stanza.

DONNE CON FIGLI IN CARCERE OSPITATE ANCHE IN SEZIONI NIDO


A ospitare le donne detenute con figli non sono solo i luoghi sopra descritti, ma anche aree interne a istituti penitenziari ordinari, come le cosiddette sezioni nido. Si tratta di piccole aree detentive, separate dal resto della sezione, con stanze ampie e curate, mura colorate e attrezzature per la cura dei bambini. Alcuni nidi sono attrezzati anche con spazi di gioco interni ed esterni, biblioteche e piccoli ambulatori. La penuria di asili rischia, tuttavia, di amplificare il problema della lontananza dal luogo di residenza e da altri figli fuori dal carcere, magari troppo grandi per seguire le madri nel contesto di custodia.
«L’interesse supremo del minore a mantenere il contatto con la madre e a vivere in un luogo più adatto al suo sviluppo è l’unico tema che riguardi il penale e il penitenziario che mette d’accordo tutti da sempre. Altra cosa è poi realizzare le condizioni migliori affinché questo avvenga». Ha commentato Susanna Marietti, coordinatrice nazionale di Antigone: “Non si tratta solo di strutture, che pure si auspica vengano potenziate sul territorio, ma soprattutto di cambiare la mentalità: a parità di norme, studiando caso per caso, si possono trovare soluzioni adeguate a garantire l’interesse del minore”. Il numero dei bambini in carcere è diminuito negli ultimi anni, soprattutto per via della pandemia da Covid-19.


PROSPETTIVE E RISCHI DEL DDL SICUREZZA PER LE DONNE IN CARCERE


Il Ddl Sicurezza potrebbe modificare le disposizioni per le donne incinte o con bambini di età inferiore a un anno, eliminando l’obbligatorietà del rinvio di esecuzione della pena – che diventerebbe facoltativo – e semplificando la possibilità per le donne in gravidanza o con figli molto piccoli di finire in carcere. Per Paolo Siani, ex deputato del Partito Democratico,.

«Questa norma sulle donne in carcere è inutile e gratuita. La narrazione che viene fatta presenta questa disposizione per colpire le borseggiatrici rom che stanno nelle metropolitane, ma la verità è che costituiscono una piccola percentuale del problema. Si continua a dire che mettono al mondo in continuazione figli per essere impunite. La soluzione del governo è il carcere, ma quello che più mi fa inorridire è che non si pensa al bambino».

LE PROPOSTE DI SIANI PER LE DONNE CON FIGLI


Già durante la scorsa legislatura, Siani aveva proposto una legge apposita, contenente il divieto della custodia cautelare in carcere per le detenute madri con figli fino a sei anni di età e la possibilità di privilegiare le case famiglia (strutture non penitenziarie e di tipo comunitario) come luoghi alternativi in cui scontare la pena. In questi luoghi le detenute e i loro figli hanno a disposizione una stanza tutta per loro e ricevono costante assistenza sanitaria e psicologica; volontari ed educatori, inoltre, seguono i bambini in attività ludiche e ricreative.
I minori hanno il diritto a vivere in luoghi adatti alla loro crescita e alla corretta socializzazione. All’inizio di questa legislatura, la deputata del PD Debora Serracchiani aveva ripresentato la proposta di Siani, ma era stata costretta a ritirarla a causa di alcuni emendamenti della maggioranza che, a suo parere, ne snaturavano i principi. Per Michela di Biase, capogruppo del PD in commissione Infanzia, «a oggi il governo sembra essere impegnato in una direzione opposta rispetto a quella verso cui andavano le nostre proposte, come abbiamo visto con questo ddl».
Sul testo si è espresso negativamente, con un proprio parere, anche il Garante nazionale dei detenuti, ricordando che il problema della presenza di bambini negli istituti penitenziari contrasta con i principi nazionali e internazionali sanciti in materia di protezione dei minori, come la Convenzione ONU sui diritti dei minori di New York del 1989.

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