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C’è in giro una vaga e volgare convinzione sull’inutilità dei giornali smentita dai fatti
C’è in giro una vaga e volgare convinzione sull’inutilità dei giornali, in questi giorni smentita da una serie di fatti calabri. Ma prima di affrontarli, tocca sfatare qualche luogo comune dettato dallo spirito del tempo: i giornali sono su carta (con le edicole che chiudono) e anche online: il Quotidiano + Altravoce costano 1,50 in edicola, 1,10 sul digitale full color, e ci si può anche abbonare. La crisi della carta è una tendenza mondiale, non il giornalismo: di cui, purtroppo per molti, ci sarà sempre bisogno.
Usciamo quindi dalla nostra bolla di cugini su whatsapp e di compagni di classe su Facebook per mettere insieme qualche fatto. Parliamo prima di tutto di Sanità, e prendiamo una storia piccola. Mettiamo che il presidente della Regione annunci a fine maggio ai suoi fans, ai followers la riapertura di un Pronto Soccorso chiuso da quindici anni. Il trionfo di like è assicurato, tocca però ai cronisti andare a vedere: ma è vero oppure no? No, ma per fortuna oggi i lavori sono quasi finiti.
La politica calabrese peraltro ha una specializzazione nel taglio del nastro, di prime pietre messe dieci volte, e scusate se ne saltiamo qualcuna. Perché la prima pietra è una promessa e una speranza, e tutti i reggini in cuor loro bramano il famoso ponte sul Calopinace: 32 metri che unirebbero i due tratti del Lungomare, per un totale di circa sei chilometri.
Vengono in mente altre promesse, spesso psichedeliche: l’autodromo, che un rampante deputato del centrodestra propose tempo fa per rilanciare la provincia più a sud della Calabria, già nota per certe strade spericolate. Oppure l’annuncio della creazione dell’Orchestra sinfonica calabrese a Vibo, con la direzione del Maestro Alberto Veronesi: soldi buttati via, soldi da restituire, orchestrali non pagati. Chi ne scrive? Naturalmente i giornali. Che restano l’unico luogo equilibrato di confronto fra cittadini e potere: una volta eravamo i cani da guardia, ci accontenteremmo che questo fosse campo neutro. E che dire del Ponte sullo Stretto? Una campagna che altri media portano legittimamente avanti da cinquant’anni. Il Quotidiano resta un luogo aperto a tutte le opinioni, e prima di tutto ai rischi.
Ma torniamo alla Sanità. La campagna lanciata dal direttore Massimo Razzi è un megafono delle centinaia di segnalazioni dei cittadini e delle associazioni: spesso gentili, quando forse servirebbe più rabbia, come ai tempi del Covid. La rabbia dei cittadini di San Giovanni in Fiore dopo la tragedia di Serafino Congi, che ha atteso invano per tre ore un’ambulanza. L’altro giorno, in un drammatico diario da pendolare delle cure, Antonio Cavallaro ha dato atto a Occhiuto di aver individuato il sistema sanitario come emergenza numero 1. Che non significa aver risolto i problemi: la stretta arriva spesso dal governo centrale, i concorsi e le offerte che vanno deserte raccontano una crisi di sistema, su cui ingrassano (cit. Gino Strada) le strutture private.
È la Sanità un argomento ostico, articoli da saltare perché spesso provocano angoscia: fino a quando non arriva l’esperienza personale, quella di un parente o di un amico. A quel punto, scatta il valore collettivo della testimonianza: è qui che il giornale interviene per selezionare e accendere l’attenzione.
Ma sono tutte storie che non troverete mai su Facebook, perché l’algoritmo butta giù i link, gli argomenti seri, le opinioni. Sono voci che finirebbero al vento, non ci fosse un mezzo di comunicazione tradizionale a raccoglierli. Il vescovo parla alla sua diocesi, il politico alla sua comunità. Senza offesa, sono mondi protetti, se non chiusi. Bene che va, le opinioni che mettete sui social, le segnalazioni restano nel vostro cortile. Nel frattempo, chi comanda si specchia nel video fatto su Tik-Tok, una comunicazione che arriva dall’alto, senza contraddittorio.
Ecco a cosa servono i giornali. E viene in mente anche il lavoro eccezionale della nostra collega Luciana De Luca: dovrebbe accendere qualche domanda anche nella magistratura calabrese. Luogo privilegiato per la carriera, passaggio obbligato verso luoghi evidentemente più prestigiosi, la nostra Regione è anche il posto dei delitti irrisolti, dei familiari senza giustizia, dei fascicoli polverosi mai più aperti. Luciana raccoglie da anni, e con pazienza, racconti drammatici di orfani, di imprenditori vessati, di famiglie distrutte e bambini cresciuti senza padre. Sono più di duecento casi finiti nell’oblìo quelli pubblicati fino ad ora. Discorsi in prima persona di gente che ha sconfitto la paura, che cammina a testa alta, dopo decine di anni, che ci mette la faccia e le lacrime. Il clima è cambiato, le nuove generazioni non conoscono il “sangue chiama sangue”, è il tempo del coraggio e della consapevolezza.
E sono giornalisti quelli che a nome vostro chiedono notizie sulle indagini, trovando sempre più spesso porte chiuse, diffidenza e omertà. Quelli che non hanno orari, quelli delle auto bruciate e dei proiettili nella buca delle lettere. Quelli che studiano le leggi e le delibere comunali. Quel piccolo gesto che fate la mattina, due spiccioli in edicola o un clic sul pc, sono il prezzo della loro libertà. Ma soprattutto della vostra.
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