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Il 31 dicembre, quando saluteremo questo periodo, senza alcun rimpianto e con una crescente speranza di lasciarcelo alle spalle, ci accorgeremo che il nuovo anno non sarà probabilmente il 2022, ma il 2025, tanto lunga è la strada che, sul piano digitale, è stata in questi mesi percorsa per rendere possibile lo studiare e il lavorare insieme.

Il rischio però è considerare ciò che abbiamo vissuto come una semplice parentesi, sottovalutando l’adozione di alcuni comportamenti scoperti durante la pandemia che, anche se in modo non altrettanto assoluto, sono destinati a restare.

Secondo i più recenti dati del Politecnico di Milano ad esempio, nel 2020 le vendite online realizzate da aziende italiane nei confronti di clienti stranieri sono cresciute del 14% nonostante che l’export abbia registrato una contrazione marcata (-9,7%), con un calo più contenuto al Sud (-6,4%): anche se vi sono incoraggianti rilevazioni relative alla prima parte del 2021 come nel caso dei vini siciliani, la performance delle regioni meridionali, come del resto di tutte le altre salvo il Molise, illustra l’impatto che la crisi economica successiva al lockdown ha avuto sulla vita delle aziende, delle economie, delle persone.

La crescita delle vendite online, se rappresenta un segnale di cambiamento dei comportamenti, non deve però trarre in inganno e portare alla facile conclusione che occorra, da parte delle imprese, necessariamente lanciare un sito e-commerce per poter vendere all’estero: l’apertura di un negozio online, da parte di una cantina pugliese o di un pastificio campano, è infatti il punto di arrivo e non il punto di partenza di una strategia e-commerce internazionale che deve invece partire dall’esperienza che può essere maturata, in ciascun mercato nazionale, grazie alla collaborazione con i rivenditori online locali e alla presenza all’interno di un marketplace.

Le esportazioni italiane per Regione

Supportati da un importatore o autonomamente, i rivenditori online locali sono controparti alle quali appoggiarsi per la gestione delle attività operative dell’e-commerce (l’assistenza al cliente, i pagamenti, le consegne, i resi fra le altre), ma anche dei quali sfruttare la conoscenza del mercato, la clientela e la fiducia da questi ultimi ottenuta. Non per questo però, individuarli e persuaderli è sufficiente, ma ulteriori sono le attività per accrescere le vendite per entrambi quali:

  • l’efficacia comunicativa con cui viene realizzata la scheda prodotto nei confronti del consumatore
    straniero;
  • la capacità di quest’ultima di essere trovata sui motori di ricerca;
  • la condivisione di dati volti a migliorare il reperimento di tale scheda nella navigazione del sito (nella
    ricerca interna, fra i prodotti correlati, …);
  • lo sviluppo di iniziative congiunte per far scoprire il prodotto all’interno delle newsletter e dei profili social del rivenditore.

Questo “store marketing digitale” può servire soprattutto per le aziende che vogliano raggiungere mercati esteri in cui il marchio e il prodotto sono meno conosciuti e valorizzati e mette in luce le nuove competenze digitali necessarie ad un export manager.

Le vendite online verso consumatori esteri da parte delle aziende italiane.

Più impegnativo e più efficace nel far maturare esperienze di vendita online all’estero è la presenza su un marketplace: benchè non richieda gli investimenti di creazione e gestione di un sito proprio, tuttavia, ad esempio, essere presenti su Amazon, significa gestire interamente il processo di relazione con il cliente. In particolare, tre sono le possibilità a disposizione di un’impresa:

  • vendere i propri prodotti ad Amazon (modello “vendor“), appannaggio delle aziende più grandi;
  • vendere i propri prodotti attraverso Amazon (modello “merchant“);
  • diventare un merchant di Amazon avvalendosi della sua soluzione logistica per gestire le consegne (“FBA” o “Fullfilled by Amazon“).

La soluzione merchant permette a qualunque azienda – anche a quelle che non riuscirebbero a stipulare un contratto come vendor – di mettere a disposizione le proprie offerte e di osservare i dati di visibilità ottenuti per accrescerla, anche ricorrendo alla pubblicità, e per svilupparla facendo così crescere ricavi e buone recensioni.

L’uso della logistica di Amazon permette poi, soprattutto ad un’azienda non abituata ad occuparsi di spedizioni al cliente finale di non occuparsene e di avere la possibilità di finire nel paniere di Amazon Prime con il conseguente impatto positivo in termini di conversioni.

Aprire un negozio online proprio dunque, soprattutto all’estero, è oneroso tanto sul fronte del portarvi clienti quanto sul fronte del gestirne gli acquisti: per questo occorre definire un percorso che possa prevedere l’approdarvi, ma dopo aver maturato le esperienze e le competenze necessarie.

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Francesco Ridolfi

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Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

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