Una centrale nucleare
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Politica e tecnici tornano a parlare di nucleare. Un tema che dal referendum del 1987, che portò alla chiusura delle centrali, riaffiora periodicamente
Nucleare sì, nucleare no. E’ un dilemma che, dall’indomani del referendum del 1987 il cui esito portò alla chiusura delle centrali nucleari, riaffiora periodicamente, come un fiume carsico e il nostro Paese torna a dividersi tra favorevoli e contrari.
Tutti i partiti che formano la maggioranza di Centrodestra nei programmi elettorali avevano preso in considerazione il nucleare come opzione concreta nell’ambito della strategia di una nuova politica energetica sempre più diversificata e sempre meno dipendente, se possibile, dalle fonti fossili, che deve accompagnare il processo di transizione ecologica.
Con l’avvento del Governo Meloni il dibattito sul ripensamento del nucleare ha ripresa quota. Prova ne sia che diversi suoi autorevoli esponenti, tra i quali il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini e quello dell’Energia, Gilberto Pichetto Fratin, si sono dichiarati favorevoli anche se mantengono un profilo di prudenza perché l’argomento è di quelli che “scottano”.
L’Italia “sta ancora discutendo sul sito in cui smaltire le vecchie scorie nucleari.
Se davvero si vuole dare un segnale per investire” su questa fonte energetica, “dobbiamo dire dove le smaltiamo. Se non siamo in grado di farlo non sarà mai possibile costruire una centrale” mette le mani avanti Antonio Zoccoli, presidente dell’Istituto nazionale di fisica nucleare durante un evento organizzato alla Camera dei deputati nei giorni scorsi dal Dipartimento Energia di Forza Italia presieduto dall’on. Luca Squeri. “Bisogna investire nella conoscenza e nella ricerca – spiega Zoccoli – perché abbiamo le competenze. Investiamo in programmi mirati, diventiamo specialisti. Se facciamo questo tra 10 anni saremo pronti al nucleare, ovviamente a seguito di una decisione politica”.
Già, la decisione politica. Paolo Barelli, presidente dei deputati di Forza Italia ricorda che Forza Italia “crede si debba procedere sulla strada della ricerca sul nucleare ovviamente con tutte le cautele del caso”. “Nel programma di governo un punto specifico sul tema è presente e su questo – ha aggiunto il parlamentare – credo che il Paese debba riflettere perché per raggiungere gli obbiettivi energetici ed ambientali non appaiono altre soluzioni” che partendo dall’energia nucleare.
IL GOVERNO
Il Governo, come detto, un orientamento di massima ce l’ha, ma nessun passo concreto è stato ancora fatto in questa direzione. Chi sembra meno travagliato dai dubbi è il ministro dell’Energia, Pichetto Fratin che è favorevole come, del resto, il suo partito, Forza Italia. L’Italia, spiega, ha “un processo di decarbonizzazone importante, vogliamo mantenere l’impegno a livello europeo che prevede al 2050 il raggiungimento della neutralità. Dobbiamo raggiungere i target climatici, vogliamo primeggiare sulle tecnologie, non dobbiamo giocare in difesa. Ritengo che l’energia nucleare sia il futuro perché nessuno è in grado di dimostrare che si possa arrivare senza” l’utilizzo di questo tipo di energia “a soddisfare le esigenze”.
Ciò “significa – spiega – che dobbiamo assolutamente andare avanti nel creare la filiera, la valutazione deve esser fatta a livello di attività produttive. Dobbiamo andare avanti sul fronte dell’accostamento alla fusione con il lavoro che può fare Eni o facciamo a Frascati”. Inoltre, aggiunge il ministro, “dobbiamo guardare con molto ottimismo ai reattori di quarta generazione, qui esprimo un’opinione, pronto a cambiarla. Parlare di centrali di terza generazione, significa infatti che ci vogliono 15-20 anni, si rischia di andare a fare una valutazione su un usato che non si può vendere neanche come usato sicuro”.
Il ministro Salvini pensa che l’approccio più giusto sia promuovere un referendum, argomentando perché all’Italia convenga arrivare al nucleare pulito di ultima generazione. “Bisogna superare il no figlio dell’emozione di qualche decennio fa e dobbiamo tornare nel contesto dei paesi moderni e sviluppati e competere ad armi pari con tutti gli altri” dice il vice presidente del Consiglio dei ministri. Ma pur facendo sfoggio di pragmatismo, un po’ di prudenza non guasta. “Chiederò – dice – un tavolo tecnico sul nucleare per non dire no pregiudizialmente a nessuna fonte”. Il che non vuol dire nulla. Perché quando la politica non vuole decidere si nasconde dietro la foglia di fico dei tecnici o delle commissioni di esperti. E i tecnici, cosa dicono al riguardo?
IL RUOLO DEI TECNICI
“ENEA è pronta a fornire un supporto di tecnologia sul nucleare di nuova generazione, ma anche a fornire formazione e informazione sulla base di dati tecnici per facilitare nell’opinione pubblica e nelle istituzioni il dibattito sul tema” risponde Alberto Dialuce, Presidente dell’Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l’Energia e lo Sviluppo Economico Sostenibile. Anche per Paolo Arrigoni, presidente del Gestore dei servizi energetici (società per azioni nata nel 1999 controllata dal Ministero dell’economia e delle Finanze, alla quale è attribuito l’incarico della promozione e dello sviluppo delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica) la strada della decarbonizzazione passa per il nucleare.
“Se veramente vogliamo decarbonizzare” e “arrivare alle emissioni nette zero di CO2 al 2050, rispondere alla domanda di una maggiore elettrificazione dei consumi” e “avere un sistema energetico programmabile, sicuro e stabile e ridurre la dipendenza energetica del nostro Paese che è la più alta in Europa, allora “il nostro Paese non può permettersi di rimanere escluso dallo sviluppo dell’energia nucleare di ultima generazione, pulita e sicura, soprattutto di quella degli Small Modular Reactor (piccoli reattori modulari n.d.r.)”.
Secondo Stefano Monti, Presidente dell’Associazione Italia Nucleare “l’approccio sul nucleare, consolidato nella maggior parte del mondo, è che ciascuna fonte energetica debba essere sfruttata per i vantaggi che può offrire e poi bisognerebbe perseguire l’obiettivo di ottimizzazione del sistema energetico. Ottimizzazione significa tener presente i costi di sistema abbiamo la necessità di abbandonare pian piano i combustibili fossili e non considerare l’opzione nucleare non sembra una cosa furba”.
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“Affinché l’Italia resti un Paese industriale e con un’industria, una manifattura di qualità serve un’energia di qualità, sicura dal punto di vista del prezzo e decarbonizzata. Noi non lavoriamo sul fuel (carburanti sintetici n.d.r.) – che per il nostro Paese è un tema complicato – ma sulla quarta generazione (del nucleare n.d.r.) i conti non sono ancora stati fatti.
Su quest’ultima, soprattutto sul LFR (il reattore veloce raffreddato al piombo n.d.r.) noi in Europa siamo leader indiscussi da 20 anni” chiosa il CEO di Ansaldo Nucleare, Riccardo Casale. “Riteniamo – aggiunge il manager – che debba crearsi uno scenario sostenibile e vediamo uno sviluppo futuro del nucleare in Europa, che è il nostro mercato domestico, basato in alcuni Paesi anche su reattori di grande taglia, ma sicuramente vediamo un grande sviluppo degli SMR, e ne stiamo già sviluppando uno pensato per la produzione di calore e di idrogeno. Vediamo quindi, al 2030, una prima flotta di reattori di piccola taglia e, all’orizzonte ragionevole del 2040, i reattori di quarta generazione, che hanno il grande pregio di chiudere il ciclo nucleare”.
DA DOVE PARTIRE
Che fare dunque? Alcuni propongono di partire dall’esistente. “La fusione nucleare è uno dei punti del mosaico che compone la nostra traiettoria 2050 per il net zero (emissioni inquinanti zero n.d.r.) dice l’amministratore delegato dell’Eni, Claudio Descalzi. “La fusione è iniziata come visione, come esperimento più di 10 anni fa. Noi collaboriamo con il Mit (Massachussetts Institute of Technology n.d.r.) di Boston dal 2008. E’ un aspetto del nucleare che offre tanti vantaggi, limitatissime scorie e, soprattutto, è un processo molto più controllabile”, sottolinea Descalzi.
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