Il ministro allo Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti
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L’ECONOMIA pugliese ha certamente subìto un forte contraccolpo inferto dall’emergenza sanitaria Covid, ma il comparto industriale, in realtà, ha risentito soprattutto dell’andamento «negativo registrato nel siderurgico» che «è riconducibile in larga misura allo stabilimento di Taranto, la cui produzione è calata di circa il 20 per cento nel 2020 (a 3,4 milioni di tonnellate circa), toccando livelli più bassi di quelli registrati durante le due precedenti recessioni».
IL REPORT
A mettere nero su bianco la crisi dell’ex Ilva, le ripercussioni economiche e, di conseguenza, sociali è la sede barese di Banca d’Italia nel suo ultimo report sull’economia regionale. Una crisi che non riguarda solo Taranto e la Puglia ma l’intero sistema Paese. Basti pensare che, secondo Svimez, l’impatto sul Pil nazionale è stato pari, per ogni anno fra il 2013 e il 2018, a una perdita compresa fra i 3 e i 4 miliardi di euro, circa due decimi di punto di ricchezza nazionale. Nel 2019, il Pil “bruciato” è stato di circa 3,6 miliardi. Negli anni fra il 2013 e il 2019 si sono persi, quindi, 23 miliardi di euro, l’equivalente cumulato di 1,35 punti percentuali di ricchezza. Sempre secondo i calcoli di Svimez, di questi 23 miliardi quasi sette e mezzo riguardano il Nord: Veneto, Emilia Romagna, Piemonte, Liguria e Lombardia.
Sempre fra il 2013 e il 2019, a causa della crisi dell’Ilva, sono stati eliminati export delle imprese per 10,4 miliardi di euro e consumi delle famiglie per 3,5 miliardi. L’impatto annuo sul Pil nazionale, infatti, è stimato, considerando gli effetti diretti, indiretti e indotti, in 3,5 miliardi di euro, di cui 2,6 miliardi concentrata al Sud e i restanti 0,9 miliardi nel Centro-Nord, pari allo 0,2% del Pil italiano. Se consideriamo l’impatto sul Pil del Mezzogiorno si sale allo 0,7%.
IL NODO OCCUPAZIONE
L’occupazione impegnata dall’ex Ilva, ora Acciaierie d’Italia, è di quasi 10mila addetti, di cui oltre l’80% a Taranto, di circa 3mila dipendenti nell’indotto e di altri 3mila addetti legati all’economia attivata dall’azienda: un bacino complessivo di oltre 15mila persone. Ma lo scorso giugno Acciaierie d’Italia ha comunicato alle organizzazioni sindacali l’avvio della cassa integrazione ordinaria con causale Covid per 13 settimane e per un numero massimo di 3.500 dipendenti dello stabilimento siderurgico di Taranto. L’Usb ha proclamato per il 31 agosto uno sciopero dei lavoratori dello stabilimento siderurgico pugliese in cassa integrazione straordinaria alle dipendenze dell’Ilva in As, con “presidio a oltranza” a partire dalle 9.30 sotto la sede della Regione a Bari.
Si protesta così contro il mancato avvio di lavori di pubblica utilità per fornire un’integrazione salariale agli operai. Sono circa 1.600 quelli rimasti ancora in capo all’Ilva in amministrazione straordinaria. Il coordinatore provinciale dell’Usb, Francesco Rizzo, in una nota parla di «silenzio assoluto dopo la riunione della Task force regionale nella quale era stata presa in carico la proposta di Usb di destinare i lavoratori ex Ilva in As ai Lavori di Pubblica Utilità, come accade a Genova da ormai 16 anni. Sono passati ormai tre mesi da quell’incontro e nessuna risposta è stata data, nonostante le rassicurazioni circa una nuova convocazione entro un mese da quel 19 maggio».
Le rivendicazioni riguardano anche il «sistema di calcolo integrazione salariale 2022 e anni successivi, prospettive future per i lavoratori collocati in As, insinuazione al passivo (tutto è fermo al gennaio 2015) e sblocco Tfr».
L’ULTIMA BATOSTA
Sabato scorso anche una nuova batosta: il ministero della Transizione ecologica ha emesso un decreto, pubblicato in Gazzetta ufficiale, che conferma la «messa fuori produzione» della batteria numero 12 delle cokerie dello stabilimento ex Ilva di Taranto. Acciaierie d’Italia avrebbe dovuto adeguare alle prescrizioni ambientali dell’Aia la batteria 12 entro il 30 giugno scorso. L’azienda aveva chiesto al ministero una proroga anche a causa del blocco lavori causato dal Covid, ma il ministero aveva confermato la data di termine lavori e disposto il fermo della batteria, in difetto di adempimento, entro i successivi dieci giorni.
Il Tar del Lazio, esprimendosi sul ricorso di Acciaierie d’Italia, successivamente aveva invitato il ministero a riesaminare le sue decisioni fissando l’udienza di merito a novembre prossimo.
GIORGETTI RASSICURA
«L’Ilva non è in stallo, il governo e il nuovo amministratore stanno lavorando a un piano – ha assicurato due giorni fa il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti – Resto prudentemente ottimista sul fatto che nell’arco di poco tempo i nuovi amministratori dell’Ilva presentino un piano credibile per il rilancio dell’acciaieria in modo ambientalmente sostenibile».
Il piano, ha ricordato Giorgetti, «prevede il consenso tra i due soci: uno è quello pubblico, lo Stato, l’altro è quello privato, Mittal, e poi prevede la necessità di trovare un consenso sociale e di contesto sia da parte dei sindacati che degli enti locali».
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