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Nemmeno Marcell Jacobs, anche con la velocità del suo (e nostro) giorno d’oro in quel di Tokyo, sarebbe sceso altrettanto rapidamente dal pullman dell’assembramento felice dove l’Italia tutta s’affollò in un giorno di mezza estate, le mani protese verso i campioni d’Europa e la loro coppa, in pellegrinaggio trionfale per le vie di Roma, come forse facevano i Cesari sulla biga. Bonucci e Chiellini erano meglio di Romolo e Remo e trattavano alla pari con le autorità.
Roberto Mancini era Mario Draghi o viceversa, l’Italia intera era in ebollizione, e quasi ci si confondeva se affidare la Nazionale a Draghi e il Pnrr a Mancini, che tanto invertendo l’ordine dei fattori il prodotto non sarebbe cambiato. Il prodotto era il successo d’Italia.
CIELO AZZURRO RANNUVOLATO
Tanto più che quella vittoria del calcio azzurro a Londra, che seguiva a ruota la vittoria del rock azzurro all’Eurocontest con i Maneskin, ebbe una scia d’oro, olimpica e no, che ogni italiano sembrava un Re Mida, avesse per le mani un qualche attrezzo sportivo (o tra i piedi: i pedali di Filippo Ganna) o un semplice bigné al mondiale dei pasticceri, tutto diventava d’oro. Con la Merkel in disarmo, Johnson sull’impervia via di fuga della Brexit, Macron alle prese con i suoi guai, anche lì c’eravamo noi, gli italiani. Trionfanti e talvolta perfino un po’ tronfi: non i protagonisti che trionfavano, ma i cori che li accompagnavano.
Ed ecco che improvvisamente il cielo azzurro s’è rannuvolato, com’è naturale nella sequenza eterna delle stagioni pure ai tempi dei cambiamenti climatici e dei “blà blà” che vanno da Greta al vecchio leader, che è tutto un blà blà da ogni lato.
Ecco che il virus disfattista, più radicato del Covid-19 e contro il quale pare non esserci vaccino che tenga, né alla prima dose né alla seconda, ripropone la propria ondata. Sono bastati, in fondo, due o tre calci di rigore tirati un po’ sbilenchi da Jorginho per metterci in fuga dalla bella squadra che ora ci sembra come una maggioranza appiccicaticcia che sorregga un governo e che si sfilacci man mano che s’avvicinano gli appuntamenti più grandi. Quelle sgrammaticature dal dischetto magari potranno far perdere a Jorginho le vaghe speranze d’un Pallone d’oro, ma porti pazienza: neppure Ibrahimovic l’ha mai vinto e a domanda, con la sua splendida e arrogante autoironia che è la sua cifra, rispose magnificamente. «Ti manca il pallone d’oro?» gli chiesero, «Sono io che manco a lui» il non sventurato rispose.
RIVINCITA INGLESE
Al fischio finale dell’altra sera a Belfast, dove l’Italia non segnò neppure un gol, i Pindari d’oggidì spensero le tastiere, gli assalitori di quel pullman imboccarono la solita bartaliana via dell’«è tutto sbagliato, è tutto da rifare». Mancini, invece, disse: «Andremo al mondiale e magari lo vinceremo». L’appuntamento non è fatalmente alle Idi di marzo, ma alla fine di quel mese.
Ma lo tsunami dello scetticismo, che del disfattismo è vicino di casa, era già partito nel Belpaese del sole e dell’umore cangiante con pervicace rapidità, si tratti di una partita di calcio o di un programma di governo, di un po’ di tiki-taca o di un molto di riforme. Dimenticato che sui calci di rigore ben cantò il principe De Gregori: «Non è da questi particolari che si giudica un giocatore», figurarsi un allenatore, una Nazionale, una Nazione.
Gli inglesi, nel frattempo, hanno avuto il loro revenge football. Però c’è dell’ironia anche in questo: Dio, per salvare la Regina, ha scelto i sudditi più lontani, i nordirlandesi anziché i vicinissimi londinesi, quei nordirlandesi che la Brexit ha tradito; e i tabloid popolari hanno per un attimo trascurato il colpo della strega della novantacinquenne sovrana, gli antichi “fattacci” di Carlo, Diana e Camilla e quelli nuovi di Harry e Meghan, e si sono dedicati allo sfottò italiano.
Però c’è una soddisfazione per noi italici: per fare il titolo di scatola sull’inciampo azzurro legandolo a un successo musicale, hanno scritto “Mamma mia”. Nella patria dei Beatles, dei Rolling Stones e dei Queen hanno dovuto pescare l’ultima hit dei Maneskin. Dunque smettiamola di stracciarci subito le vesti, anche se “copiate”, dicono loro, dai Cugini di Campagna. Perché crogiolarci nel tarlo che sia già finita? Gli sportelli del pullman sono sempre aperti e ai Pindari basterà un clic dietro una porta o dentro un’urna… State buoni, se potete…
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