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Ramazan Rragami

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Rragami, il bomber dei sette rigori trasformati nella stessa partita

Sette sono le meraviglie del mondo antico: la Piramide di Cheope in Egitto, che con i suoi 2.300.000 blocchi è arrivata , sola rea le sette, fino ai giorni nostri dal 2500 prima di Cristo; i Giardini Pensili di Babilonia, fatti costruire nella zona che oggi è Iraq, dal re Nabucodonosor, quello del Nabucco e del Va’ Pensiero; il Tempio di Artemide, a Efeso, vicino a Smirne, in Turchia; la statua di Zeus a Olimpia, oro e avorio per 12 metri d’altezza, Fidia come scultore; il Mausoleo di Alicarnasso, che era la tomba che Artemisia dedicò al suo fratello e sposo Mausolo nella città che oggi si chiama Boderum, in Turchia; il Colosso di Rodi, statua di bronzo alta 32 metri, dedicata al dio Sole, che proteggeva il porto dell’siola greca di Rodi; il Faro di Alessandria che, sull’isola di Faro, nel porto di Alessandria d’Egitto, altezza 134 metri, visibilità, scrivevano gli antichi, da 48chilometri di distanza, in piedi fino al Trecento, quando due terremoti lo distrussero.

E sette sono le meraviglie del mondo moderno, almeno come “selezionate” da una procedura via internet e poi da una giuria di sette esperti. Sono la città di Petra, in Giordania; la Grande Muraglia cinese che l’aneddotica vuole il solo monumento terrestre visibile dallo spazio; il Colosseo a Roma, la città maya di Chitchen’ Itzà, nel nord dello Yucatan, in Messico; il sito Inca di Machu Picchu, in Perù; il Tah Mahal, in India, il tempio del perduto amore dell’imperatore Shah Jahan per la memoria dell’amatissima consorte Mumtaz Mahal (è “una lacrima di marmo ferma sulla guancia del tempo” come ha descritto il mausoleo il poeta Tagore); il Cristo Redentor, la statua di 50 metri (più otto di basamento) che dal Corcovado, la montagna di granito, domina e protegge la baia di Rio de Janeiro.

Sette sono i vizi (lussuria, gola, avarizia, accidia, ira, invidia e superbia= e le virtù (fede, speranza, carità, prudenza, giustizia, fortezza e temperanza) capitali, nella religione cattolica. Sette sono i colori dell’arcobaleno (giallo, arancione, rosso, verde, blu, indaco e violetto), le stelle del Grande Carro, i colli e i re di Roma e i nani di Biancaneve, e di questi ulktimi tre sette a citarli se ne scorda sempre uno. Un ripasso? Aventino, Esquilino, Palatino, Quirinale, Viminale, Campidoglio e Celio; Romolo, Numa Pompilio, Tullo Ostilio, Anco Marzio, Tarquinio Prisco, Servio Tullio e Tarquinio il Superbo; Dotto, Brontolo, Pisolo, Eolo, Mammolo, Gongolo e Cucciolo. Sette sono le piaghe d’Egitto e i sacramenti cattolici, le lettere che fanno i numeri romani (I uno, V cinque, X dieci, L cinquanta, C cento, D cinquecento, M mille).

Sette sono le vite di un gatto e le camicie sudate da chi fatica allo stremo, i colori delle cinture di karate e le note musicali (do-re-mi-fa-sol-la-si), i magnifici pallanotisti del Settebello e i Magnifici del western di culto, i samurai e le spose per sette fratelli.

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Sette era il numero di maglia di Garrincha e di Bruno Conti, di David Beckham e di Eric Cantona, di George Best e di Cristiano Ronaldo, di Stanley Matthews e di Luis Figo, di Alessandro Del Piero e di Franco Causio. Sette è stato il numero di rigori trasformati in gol in una stessa partita da Ramazan Rragami.

Rragami, chi era costui? Ramazan era un ragazzo albanese, classe 1944, della città di Scutari nella quale crebbe calciatore nella squadra del luogo, il Vllzania, protsgonidts del campionato di Serie A d’Albania, che si chiama Kategoria Superiore , che il Vllzania, la società calcistica più antica del Paese, ha vinto nove volte.

Rragami, un centrocampista offensivo alto un metro e 83 centimetri, debuttò in prima squadra che non aveva ancora 17 anni e vi restò fino al 1964, quando passò al Partizan Tirana, per tornare all’ovile di Scutari nel 1971, giocarvi fino al 1977, per poi tornarvi ancora come allenatore negli Anni Ottanta.

Il “golden day” di Ramazan fu il 23 aprile 1972, nello stadio di casa. La finale della Coppa d’Albania si giocava in due turni, andata e ritorno. Questo era il secondo. Il primo lo aveva vinto 2 a 0 il Besa, con due reti segnate nel finale, al minuto 87 ed al minuto 89. Anche i tempi regolamentari del match di ritorno si conclusero 2 a 0, ma questa volta per il Vllzania: l’arbitro aveva assegnato due rigori ai padroni di casa e due volte Rragami si era presentato sul dischetto trasformando il rigore in gol. Ci volevano i supplementari, i quali, dal punto di vista del pallottoliere, furono inutili. Il risultato accumulato era di 2 a 2. Vai con il rigore.

A quel tempo il regolamento non prevedeva l’obbligatorietà della cinquina di rigoristi, ma ogni squadra poteva dare l’incarico dei cinque tiri a quanti boòber volesse. Poteva anche affidarsi ad un unico rigorista, il che in Albania era stabilito dalle norme; il Vllzania designò , il Besa Nimet Merhori. Il cecchino del Vllzania fu infallibile con le sue sette meraviglie, che tuttora costituiscono un record per un giocatore in una sola partita, e difficile da battere ora che sul dischetto si alternano i giocatori: dopo quella partita, infatti, le autorità che regolamentano il calcio internazionale posero l’obbligo dei cinque-rigori-cinque-rigoristi.


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