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Andrea Agnelli e Florentino Perez

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“The people’s game, saved by the people”, il gioco del popolo salvato dal popolo; Gary Lineker, popolare calciatore d’altri tempi e commentatore di questi, così ha sintetizzato, forse enfatico, certamente efficace e cronistico, le ore che hanno svelato la Superlega patrocinata soprattutto da Florentino Perez (Real Madrid) e Andrea Agnelli (Real Juventus) per quel che era: una Supercazzola.

Certo non è la presa della Bastiglia, a memoria della quale in quel di Parigi non resta neppure una maceria mentre Versailles continua a splendere, pure se come sito turistico o set di film e shooting. Però è un bel segnale: la famosa “chiesa al centro del villaggio”, il tifoso che non è il coccolato e turlupinato cliente, che è di nuovo, non allo stadio dove non può accedere causa virus, il “dodicesimo uomo” (oggi, con i cinque cambi, il diciassettesimo).

Ci sono alcuni suggerimenti che vengono dall’esito della vicenda, la sola che sia riuscita a mettere in ombra Covid-19.

1: È straordinario ed emblematico che lo stop al golpe dei ricchi sia cominciato per le strade inglesi, quelle degli hooligans, divenuti i custodi dei valori. Per causa loro il Regno Unito perse anni fa l’accesso alle coppe, grazie a loro adesso lo ha conservato.

2: Gli inglesi escono da tutto: la Brexit li ha portati fuori dall’Unione Europea, escono perfino, pur essendone nipoti e figli, dalla Royal Family, ma dal calcio no.

3: Dopo qualche dichiarazione di stampo badogliano (8 settembre 1943: la guerra continua), Andrea Agnelli è stato costretto ad ammettere il fallimento dell’operazione finanziaria, pure se, ha detto, c’era “un patto di sangue” fra i 12 chiamati la “sporca dozzina”.

Anemici, i signori. Il progetto è da rimodulare, ha detto Agnelli.

Occhio: quando si parla di rimodulazione in Fiat…   

4: L’élite, la casta, si è trovata in sintonia con il popolo: Johnson, Macron, la Ue, Draghi, Sanchez in ordine temporale hanno respinto l’assalto alla diligenza, e alla dirigenza (ma questo continuerà, e non è detto che la dirigenza sia migliore degli assalitori, miliardari anche in debiti). Niente può unire i disconnessi quotidiani, la casta e il popolo, l’Europa spezzata, quanto il calcio: lo sport è sempre in anticipo, speriamo.

5: Allenatori e calciatori, in Germania e, soprattutto, in Inghilterra, hanno fatto squadra. È curioso come Guardiola e Klopp, manager di Manchester City e Liverpool, si siano subito messi a fianco del popolo anche contro i propri “Padroni”, come i capitani delle squadre inglesi. Ma Guardiola e Klopp a Torino sono passati, semmai, solo da avversari o da turisti. Pirlo, Conte, Pioli e Zidane, per dirne alcuni, si sono pilatescamente lavati le mani, e non per le indicazioni sanitarie vigenti. Sono questioni da presidente, hanno detto dribblando.

6: Il calcio non è solo business, streaming, buffering, royalties, sponsorship, marketing, merchandising, capital gain, big data, highlights. È specialmente altro. E la sola “costruzione dal basso” (modo di gioco che va per la maggiore in campo e per lo sbadiglio sul divano), che piace è quella che viene dal tifoso, il punto più basso della piramide ma più alto del cuore. Il resto è affarismo. E Paperone ha pure preso una papera…


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