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Musica, libri, arte e cinema: solo nel 2022, il settore cultura ha generato 2.250 miliardi di dollari su scala globale, il 60% dal digitale e l’analogico fatica
Siamo lì, sospesi tra due epoche. Ci offrono una chiavetta Usb con un libro dentro, e tentiamo l’ultima difesa, vana, di una cultura analogica che sta perdendo colpo dopo colpo il suo primato. Quel libro cartaceo che per anni abbiamo strenuamente difeso ora contiene codici QR, metadati e collegamenti digitali. Hai perso, boomer! Ma forse no. Se accetti il cambiamento e provi a comprenderlo, scoprirai che il digitale non è solo un concorrente dell’analogico, ma una sua estensione, che ha portato con sé nuove opportunità e sfide. Il mondo della cultura, nell’era digitale, è in pieno movimento, ma la domanda chiave resta: abbiamo fatto un balzo in avanti? E a quale costo?
Negli anni Ottanta, il mondo della cultura italiana era saldamente radicato nell’analogico. Il mercato dei libri cartacei produceva circa 150 milioni di copie all’anno, con una rete di oltre 3.000 librerie indipendenti e una vendita di circa 70 milioni di copie annue. L’industria musicale viaggiava su miliardi di lire, con 15 milioni di dischi venduti ogni anno, e le sale cinematografiche attiravano oltre 500 milioni di spettatori annui. La cultura era percepita come qualcosa di esclusivo, accessibile principalmente tramite intermediari fisici. Il digitale ha capovolto questa logica.
Con l’avvento degli anni Duemila, e-reader, piattaforme di streaming e social media hanno aperto le porte a una produzione culturale più democratica, ma anche più frammentata. Nel 2010, Amazon ha introdotto il Kindle in Italia, e nel giro di pochi anni gli ebook sono passati dall’essere una curiosità tecnologica a rappresentare circa il 10% delle vendite totali di libri. Questo dato, però, è molto più basso rispetto alla media statunitense (30%) o a quella del Regno Unito (20%). Nonostante ciò, in Italia il numero complessivo di titoli pubblicati è aumentato. Nel 2000, si pubblicavano circa 50.000 nuovi titoli all’anno; nel 2022, siamo saliti a oltre 85.000, un incremento del 70%. La stampa digitale ha ridotto i costi di produzione, consentendo anche alle case editrici minori o agli autori indipendenti di entrare nel mercato.
Tuttavia, il digitale non ha risolto il problema della lettura. Oggi il 60% degli italiani non legge nemmeno un libro all’anno, e questa percentuale non è cambiata significativamente rispetto agli anni Novanta. La lettura digitale ha creato nuove abitudini, come l’ascolto di audiolibri e la fruizione di contenuti brevi, ma non ha ampliato in modo sostanziale il pubblico. Audible, ad esempio, conta oltre 500.000 abbonati in Italia, ma la diffusione di audiolibri resta inferiore rispetto a paesi come Germania e Regno Unito.
Il mercato musicale ha subìto un cambiamento ancora più radicale. Se negli anni Novanta si vendevano circa 15 milioni di CD all’anno, oggi questa cifra è crollata sotto il milione. Lo streaming domina il mercato, rappresentando il 96% dei ricavi musicali in Italia. Spotify e Apple Music hanno reso la musica più accessibile, ma hanno anche ridotto i guadagni degli artisti: un musicista guadagna in media 0,003 euro per ogni ascolto in streaming. Di contro, la democratizzazione della produzione musicale ha portato a un’esplosione di nuovi artisti: ogni giorno vengono caricati su Spotify oltre 60.000 nuovi brani a livello globale. In Italia, il numero di produzioni discografiche indipendenti è aumentato del 40% negli ultimi dieci anni.
Il cinema, un tempo dominato dalle sale, ha trovato nel digitale un’alternativa e, al contempo, una sfida. Nel 2019, prima della pandemia, le sale cinematografiche italiane avevano incassato circa 635 milioni di euro, ma nel 2022 questa cifra era scesa a 230 milioni. Le piattaforme di streaming, però, hanno offerto nuove opportunità: Netflix, Amazon Prime e Disney+ contano oltre 15 milioni di abbonati in Italia, e molte produzioni italiane, come L’amica geniale, hanno trovato un pubblico globale. Tuttavia, solo il 10% delle entrate generate da queste piattaforme viene reinvestito nella produzione di contenuti italiani, una percentuale nettamente inferiore rispetto a paesi come la Francia, dove il reinvestimento supera il 20%.
Anche il mondo dell’arte ha beneficiato del digitale, soprattutto durante la pandemia. Nel 2020, i musei italiani hanno lanciato oltre 200 progetti digitali, attirando milioni di visitatori virtuali. Il Museo Egizio di Torino, ad esempio, ha registrato oltre 2 milioni di visualizzazioni per le sue mostre online. Tuttavia, il digitale non può sostituire l’esperienza fisica: nel 2022, solo il 5% degli utenti che hanno visitato un museo virtuale ha poi acquistato un biglietto per visitarlo di persona.
Se confrontiamo l’Italia con il resto d’Europa, emerge un quadro di luci e ombre. La Germania, con un accesso capillare alla banda larga, ha un consumo culturale digitale molto più alto: il 68% dei cittadini legge almeno un libro digitale all’anno, contro il 35% degli italiani. La Francia, grazie a politiche di sostegno, ha mantenuto una forte rete di librerie indipendenti, mentre in Italia oltre il 20% delle librerie ha chiuso negli ultimi dieci anni. Nonostante ciò, l’Italia si distingue in alcuni settori: l’editoria indipendente, ad esempio, è cresciuta del 12% grazie a modelli innovativi come il crowdfunding.
Anche all’interno del nostro paese esistono forti differenze. Al Nord, dove il 70% delle famiglie ha accesso alla fibra ottica, il consumo culturale digitale è molto più alto. Milano, Torino e Bologna guidano l’innovazione con progetti come biblioteche digitali e festival dedicati alla cultura online. Al Sud, invece, solo il 35% delle famiglie ha una connessione internet adeguata, ma non mancano casi virtuosi. La Digital Library Calabria, ad esempio, ha raggiunto oltre 100.000 utenti, mentre eventi come il Matera Digital Festival stanno dimostrando come il digitale possa valorizzare il patrimonio culturale locale.
Nel 2022, l’industria culturale globale ha generato 2.250 miliardi di dollari, il 60% dai prodotti digitali. La musica, guidata dallo streaming, vale 26 miliardi, mentre il mercato degli ebook raggiunge i 17 miliardi. In Italia, il digitale ha prodotto 5,4 miliardi di euro, con una crescita annua media del 12% dal 2015. Lo streaming musicale genera 340 milioni di euro, contro i 15 milioni della musica fisica. Il cinema e le piattaforme digitali hanno superato il box office tradizionale, con 1,2 miliardi rispetto ai 230 milioni delle sale. L’editoria digitale ha contribuito con 100 milioni di euro, trainata dagli acquisti online. Nonostante il predominio digitale, l’analogico sopravvive in nicchie come i vinili, che crescono del 20% annuo, e le librerie indipendenti, che mantengono il 15% delle vendite totali di libri. Il futuro vedrà convivere i due modelli, con il digitale come protagonista.
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