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Francesco Pinto, Segretario Generale di Asmel (l’Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali), celebra la « vittoria storica» contro l’accorpamento dei Comuni under 5mila. Pinto critica l’obbligo «incostituzionale», promuove la «collaborazione spontanea» chiedendo più autonomia per i Comuni.
La “Festa delle Autonomie” voluta da Asmel il 28 marzo nel Palazzo Reale di Napoli, è l’occasione per celebrare una vittoria storica dei Comuni italiani: l’abrogazione dell’obbligo di accorpamento per i Comuni under 5mila. Una battaglia che Asmel ha portato avanti con determinazione, trasformandola in una campagna simbolo a difesa dell’autonomia locale. L’evento rappresenta anche un momento di riflessione sul futuro degli enti locali, ed è l’occasione per fare due chiacchiere con Francesco Pinto, Segretario Generale di Asmel, che guida l’associazione ormai punto di riferimento per oltre 4.500 Comuni italiani.
Lei è Segretario Generale della seconda Associazione di rappresentanza dei Comuni Italiani (l’Asmel). Negli ultimi quindici anni si è messa in discussione la dimensione dei Comuni, soprattutto quelli inferiori ai 5.000 abitanti, che in Italia sono la maggioranza, accusati di essere oramai incapaci di poter garantire ai propri cittadini livelli di servizi adeguati alle esigenze dei tempi attuali. Si è quindi andati nella direzione di far associare i Comuni soprattutto di piccole dimensioni in Unioni e Fusioni. Cosa ne pensa di questa tendenza a voler far collaborare i Comuni confinanti o appartenenti a uno stesso ambito territoriale, e cosa ne pensa nello specifico della fusione dei Comuni?
Ogni formula associativa va bene se risponde alle esigenze del territorio. Noi ci siamo messi di traverso quando da Roma è stato calato dall’alto l’obbligo generalizzato, per i Comuni under 5000, di associarsi in Unioni con almeno 10mila abitanti. Una norma incostituzionale – perché lesiva dell’autonomia dei Comuni – impraticabile – perché calata dall’alto, senza tener conto delle diverse peculiarità dei territori – e che avrebbe generato maggiori costi invece dei risparmi ipotizzati.
Si enfatizzavano ipotetiche economie di scala, quando la dimensione sub provinciale delle Unioni genera una scaletta, altro che scala. L’esperienza Asmel ha reso evidenti i vantaggi e l’efficacia della messa in Rete dei Comuni attraverso la digitalizzazione. Insomma, l’Associazione non si è limitata a discettare su modalità e dimensioni ottimali della cooperazione, l’ha promossa concretamente. Con risultati riconosciuti da tutti non solo in Italia, ma anche in Europa dove il modello Asmel è stato premiato come best practice.
Come sa vari Paesi Europei (Svezia, Danimarca, Belgio, Olanda, ecc.) hanno negli ultimi decenni ridotto sensibilmente il numero dei loro Comuni. Considerata la posizione di Asmel contraria all’imposizione coatta delle fusioni, quindi favorevole a processi di collaborazione tra i Comuni che partano dal basso, e considerata altresì la necessità dei Comuni italiani di collaborare per affrontare e vincere le sfide dell’epoca attuale, come si può, a Suo avviso, promuovere la collaborazione tra i Comuni stessi senza imporla?
In Italia, il rapporto tra popolazione complessiva e Comuni è più basso che nei Paesi a noi più vicini, come Francia, Spagna, Austria e Germania. Per definizione, poi, le collaborazioni hanno successo se condivise, non certo se imposte dall’alto. Asmel ha contestato l’obbligo, non certo la necessità e l’opportunità di processi aggregativi tra Comuni. Infatti, abbiamo affiancato la rappresentanza istituzionale con la promozione di numerose community di rilievo nazionale. Tutte basate sulla gestione associata dei servizi, non certo delle funzioni dei Comuni, che rappresentano potestà e prerogative la cui gestione diventa il tratto distintivo dell’azione di ogni Sindaco e di ogni Giunta. In sintesi, è essenziale promuovere una collaborazione spontanea e rispettosa dell’autonomia dei Comuni, migliorando i servizi ai cittadini senza imporre processi.
In questi anni il ruolo di Asmel è cresciuto tanto, non soltanto per le battaglie “sindacali” a difesa dei Comuni ma anche per un’attività costante a servizio degli stessi. Quali sono le principali attività su cui siete impegnati?
Nel corso degli anni Asmel si è fatta promotrice di una nuova cultura della sussidiarietà stimolando processi di modernizzazione degli Enti soci attraverso la diffusione di community che spaziano dal supporto all’accesso ai finanziamenti pubblici e privati, alla digitalizzazione, al reclutamento e formazione del personale, alla committenza pubblica, alla riscossione, ai tanti adempimenti obbligatori come privacy, anticorruzione, trasparenza, eccetera. In ogni ambito in cui sia possibile promuovere le condizioni per una cooperazione tra i Comuni valorizzando il principio del risultato, Asmel si fa interprete di questa opportunità e propone soluzioni operative innovative.
I trasferimenti di risorse finanziarie dallo Stato ai Comuni negli ultimi decenni si sono sensibilmente ridotti causando diversi problemi di governabilità e di funzionamento dei Comuni stessi, i quali, a fronte di maggiori responsabilità e funzioni amministrative, si sono ritrovati con meno personale dipendente e meno fondi economici a disposizione. Cosa secondo Lei, oltre a incrementare i trasferimenti statali, è necessario attuare per restituire forza e slancio ai Comuni, soprattutto a quelli ricadenti nelle aree fragili? È solo una questione di soldi?
Non è solo questione di soldi, ma negli anni, Governi di ogni colore hanno tagliato di tutto e di più. Dunque, è anche questione di soldi, soprattutto per gli Enti più piccoli, ormai allo stremo. Occorre poi dare certezze ai Comuni, affidando loro direttamente i finanziamenti senza la lotteria dei bandi pubblici per l’accesso ai fondi europei, statali e regionali. I record di spesa ottenuti con i contributi per le piccole e medie opere assegnati direttamente ai Comuni, così come i fondi di emergenza durante il periodo covid, rimangono un modello di spesa veloce ed efficiente in linea con altri paesi europei che hanno creduto nelle capacità degli enti locali, pensiamo al cd modello spagnolo.
Meno burocrazia, meno imposizioni centralistiche e maggiore autonomia a livello locale nell’allocazione delle risorse sono la ricetta per garantire i servizi ai cittadini dei Comuni di ogni dimensione. Serve un radicale cambio culturale per sviluppare un modello di governance basato realmente sul principio di sussidiarietà e non sul dirigismo centralista. Asmel non si limita alla protesta, ma avanza proposte praticabili. Nell’ultima legge di Bilancio, per quadrare i conti, il Governo ha tagliato oltre 8 miliardi destinati su più anni ai Comuni più piccoli, la gran parte dei quali rientra nel target dei fondi di coesione. Proprio il settore nel quale l’Europa ci contesta i maggiori ritardi di spesa. Con la recente lettera al Governo firmata da oltre mille Sindaci abbiamo chiesto di riallocare queste spese trasferendole dai fondi ordinari a quelli europei.
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