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La PA italiana affronta sfide di lentezza e inefficienza. Urge digitalizzare i concorsi, riqualificare i dipendenti e valorizzare il talento interno. La riforma mira a una PA agile, trasparente e al servizio dei cittadini, con interventi normativi e culturali.


La Pubblica Amministrazione (PA) italiana rappresenta un pilastro fondamentale per il funzionamento dello Stato, ma da anni è alle prese con criticità legate a procedure farraginose, tempi dilatati e una gestione del personale spesso poco dinamica. Il principio costituzionale della «economicità dell’azione amministrativa» (art. 97 Cost.) impone efficienza e razionalizzazione, obiettivi ancora lontani in molti contesti. Allo stesso tempo, il diritto alla riqualificazione professionale dei dipendenti pubblici e le procedure di verticalizzazione interna restano strumenti sottoutilizzati, nonostante il loro potenziale nel rilanciare la produttività e la motivazione del personale. Concorsi pubblici: tra lentezze e il principio di economicità.

CONCORSI PUBBLICI: LA NECESSITÀ DI UN CAMBIO DI PASSO

I concorsi nella PA sono spesso caratterizzati da iter complessi, tempi biblici e costi elevati, con ricadute negative sulla qualità dei servizi e sulla fiducia dei cittadini. Secondo i dati del Ministero della PA, nel 2023 il tempo medio per l’espletamento di un concorso supera i 18 mesi, contro i 6-8 previsti dalle linee guida. Questo contrasta con il principio di economicità, che richiede non solo risparmio, ma anche «celerità» e «efficacia». Una soluzione potrebbe essere l’adozione di “piattaforme digitali integrate” per gestire bandi, prove e valutazioni, riducendo gli adempimenti cartacei. Esperienze pilota, come quelle attivate in Emilia – Romagna e Lombardia, hanno dimostrato come l’uso di algoritmi per la preselezione e l’organizzazione di prove telematiche possa tagliare i tempi del 30-40%. Inoltre, andrebbe potenziata la figura del “Responsabile del Procedimento Concorsuale”, con formazione specifica in project management, per monitorare ogni fase ed evitare contenziosi.

Non secondario è il tema della “trasparenza”: pubblicare online gli esiti delle valutazioni, con griglie dettagliate, ridurrebbe il numero di ricorsi e aumenterebbe la percezione di equità, come previsto dal decreto legislativo n. 33/2013 (Testo Unico sulla Trasparenza). Diritto alla riqualificazione professionale: un investimento non solo etico. L’art. 23 del decreto legislativo n. 75/2017 riconosce ai dipendenti pubblici il diritto alla formazione continua, strumento essenziale per adeguare le competenze alle sfide digitali e organizzative. Tuttavia, secondo il rapporto ARAN 2022, solo il 18% del personale PA partecipa annualmente a corsi di aggiornamento, contro una media europea del 35%. La riqualificazione dovrebbe essere “obbligatoria e strutturata”, con piani formativi personalizzati legati alle esigenze degli uffici.

VERTICALIZZAZIONI INTERNE: VALORIZZARE IL TALENTO INTERNO

Un modello da seguire è quello francese del “Compte Personnel de Formation” (CPF), che assegna a ogni lavoratore un budget formativo utilizzabile in corsi certificati. In Italia, risorse del Pnrr (Missione 1) potrebbero finanziare percorsi su competenze digitali, gestione dei fondi europei e innovazione nei servizi al cittadino. Inoltre, andrebbero incentivati “accordi con università e enti di ricerca” per corsi di alta specializzazione, riconosciuti nel percorso di carriera.

Un esempio virtuoso è il progetto «PA 4.0» della Regione Toscana, che ha formato 2.000 dipendenti su intelligenza artificiale e big data, migliorando i tempi di erogazione dei servizi sociali. Verticalizzazioni interne: un tesoro nascosto nella PA. Le procedure di verticalizzazione consentono di coprire posizioni apicali o specialistiche attingendo al personale interno, valorizzando merito e conoscenza dell’organizzazione. Tuttavia, come evidenzia il rapporto Svimez 2023, solo il 12% delle assunzioni dirigenziali avviene attraverso questa modalità, preferendo concorsi esterni o incarichi temporanei. Le cause sono molteplici: «Rigidità nei bandi»: spesso i requisiti richiesti (es. titoli specifici) non considerano competenze acquisite sul campo; «Carenza di valutazione delle performance»: senza un sistema oggettivo di misurazione del merito, è difficile individuare candidati interni idonei; «Resistenze culturali»: in molti enti prevale la diffidenza verso carriere “troppo veloci” del personale interno.

Per invertire la rotta, servirebbero: “Piani di carriera trasparenti”, con passaggi obbligati tra ruoli tecnici e dirigenziali; “Assessment interni periodici”, basati su obiettivi quantificabili e competenze trasversali; “Mentorship programmi”, dove dirigenti senior affianchino giovani risorse per prepararle a ruoli di responsabilità. Un caso di successo è quello dell’Agenzia delle Entrate, che nel 2021 ha promosso 150 funzionari a posizioni dirigenziali tramite valutazioni interne, riducendo i costi di reclutamento del 25%.

VERSO UNA PA ITALIANA AGILE E VALORIZZATA

Conclusioni: verso una PA agile e valorizzata Snellire i concorsi, investire sulla riqualificazione e sbloccare le verticalizzazioni interne non sono mere questioni tecniche, ma scelte strategiche per una PA al servizio del paese. Servono interventi normativi mirati, come l’estensione del “Silenzio-Assenso” nei procedimenti concorsuali o l’obbligo per gli enti di destinare il 3% del fondo formazione a corsi certificati. Al contempo, è essenziale un cambio di mentalità: vedere i dipendenti pubblici non come “costi”, ma come risorse da valorizzare. Solo così si potrà attrarre giovani talenti e rispondere alle attese dei cittadini, in coerenza con i principi costituzionali di buon andamento e imparzialità.

* Dario Giannicola, avvocato e presidente Nazionale ASSAPLI (Associazione Appartenenti alla Polizia Locale Italiana).

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