Illustrazione di Roberto Melis
4 minuti per la letturaE’ una vita da precari quella che vivono i 4000 tirocinanti che lavorano negli enti pubblici calabresi; o da “precarissimi”, soggetti al lavoro in nero
Chi è il precario nella Pubblica Amministrazione?
«La parola nell’utilizzo comune del termine, denota la presenza di 2 fattori principali:
- mancanza di continuità del rapporto di lavoro e di certezza sul futuro;
- mancanza di un reddito e di condizioni di lavoro adeguate su cui poter contare per la pianificazione della propria vita».
Oltre ciò, c’è una sottocategoria di precari, – i precarissimi – ai quali oltre all’incertezza della condizione, bisogna anche eliminare la parola “lavoro”. O eventualmente, nell’accezione calabrese, aggiungere “a nero”.
Parliamo dei circa 4.000 lavoratori tirocinanti precari in forza negli Enti pubblici calabresi. Padri e madri di famiglia, estromessi dal mercato del lavoro non per propria negligenza o volontà. Non più reintegrati per età e oggi di difficile collocazione. Infatti circa l’80% supera i 55 anni, e molti prossimi alla pensione.
Da dieci anni questi tirocinanti precari prestano egregiamente il loro servizio, meglio identificato come “lavoro a nero” negli Enti Pubblici calabresi: Comuni, Provincie, Asp, Istituti scolastici. Validissime risorse, ottime competenze professionali arricchite dall’esperienza maturata negli anni, sostituiscono e supportano dipendenti sopperendo alla cronica carenza di personale. Sono soggetti ai cambiamenti politici e amministrativi, finanziari ed economici e vivono in una condizione di totale incertezza.
Nello scorso febbraio un decreto legge in Parlamento aveva riacceso una speranza. Parliamo della Legge n.18 del 23 febbraio 2024 che prevedeva di bandire «procedure selettive per l’accesso a forme contrattuali a tempo determinato e a tempo parziale di 18 ore settimanali della durata di 18 mesi, ai quali sono prioritariamente ammessi i Tirocinanti rientranti nei percorsi di inclusione sociale rivolti a disoccupati e già percettori di mobilità in deroga», quindi il graduale assorbimento a contratto di questi lavoratori, ma purtroppo con copertura finanziaria insufficiente.
Oggi a 2 mesi dalla fine del progetto di Tirocinio, nulla all’orizzonte! Un silenzio angosciante… E mentre qualcuno cantava “una vita da mediano”, i 4000 invece vivono “una vita da precario”!
In assenza di regolare contratto, ovviamente non vengono riconosciuti i diritti fondamentali. Come il riconoscimento dello status di “lavoratore” che conferisce dignità all’essere umano in quanto consente di esprimere la propria creatività, mettere in pratica le proprie competenze e sentirsi utili alla società, contribuendo al senso di autostima e realizzazione personale, al benessere individuale e sociale, non sono riconosciuti la malattia, le ferie, i contributi, ma una semplice indennità mensile che fiscalmente viene assimilata a lavoro dipendente (in modo solo virtuale), e che come conseguenza limita anche la possibilità di fruire di altri sostegni erogati dallo stato.
Cosa aggiungere sulla categoria?
Il quadro rappresenta chiaramente la tristezza della situazione di questi veri e propri funamboli sulla corda del proprio destino!
Ma, c’è un grande “Ma”… Infatti sulla Costituzione Italiana sono ben quattro gli articoli principali che parlano del diritto al lavoro e cito uno su tutti il n. 4: «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto». E allora sarebbe opportuno dare valore a quanto espresso dalla Legge fondamentale dello Stato, concretizzando tutte le misure e le condizioni atte a restituire dignità lavorativa e sociale, con regolare contratto agli appartenenti alla categoria.
La Regione, per esempio potrebbe istituire una Società in House con relativa anagrafe professionale, una sorta di albo per utilizzare i lavoratori fornendo servizi pubblici a servizio delle comunità, per sopperire magari a tutte le emergenze socio-ambientali e non solo che affliggono la nostra Regione, considerando la distribuzione geografica capillare dei Tirocinanti che sono presenti in 400 comuni; anche le singole Amministrazioni Comunali che da 10 anni beneficiano gratuitamente del loro lavoro, potrebbero fare la loro parte riconoscendo concretamente l’attività dei Tirocinanti, programmando azioni per un graduale inserimento, utilizzando strumenti normativi come l’articolo 16 della Legge n. 56/87 che «regola le modalità di assunzione presso la Pubblica Amministrazione per lavori, sia a tempo determinato che indeterminato, per i quali è sufficiente aver assolto all’obbligo di istruzione».
Azioni semplici e veloci attraverso selezioni gestite dai centri per l’Impiego; è normale che non tutto il bacino rientrerebbe con questa modalità, ma porterebbe ad un significativo smaltimento delle 4.000 unità, considerando inoltre che nel prossimo anno un 20% verrà collocato a riposo, la restante parte, con uno sforzo del Governo centrale troverebbe casa, chiudendo così una storica vertenza che restituirà la dignità non solo ai lavoratori e alle loro famiglie ma all’intera Regione Calabria!
*Segretaria Dipartimento Precari
e Politiche del lavoro – Tirocinanti CSA
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