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Il Pil (almeno fino a quando non se ne trova un altro più affidabile) è un indicatore della produzione di un paese o di una regione. Riflette il valore totale di tutti i beni e servizi prodotti meno il valore di quelli utilizzati per la loro produzione.

Questo indicatore, dunque, rappresenta la ricchezza prodotta da una regione. Le differenze economiche e produttive delle regioni italiane vedono una grande distanza fra le aree settentrionali rispetto a quelle meridionali. La sola Lombardia (si veda l’Osservatorio dei Consulenti del lavoro sul lavoro nel Mezzogiorno) produce il 22,1% delle ricchezze del Paese, mentre le otto regioni meridionali solo il 22,5%.

WELFARE A RISCHIO

Per convenzione internazionale, la popolazione di età compresa fra i 15 e i 64 anni rappresenta la base potenzialmente produttiva di un paese. Tuttavia, per via dei processi di invecchiamento della popolazione e la bassa natalità, questa base è destinata a diminuire sensibilmente mettendo a rischio la sostenibilità dei sistemi di welfare nazionali.
Nei prossimi trent’anni, in Italia, la popolazione in età lavorativa diminuirà di 7,3 milioni di unità circa (-18,8%), metà delle quali nel Mezzogiorno (3,8 milioni), dove la flessione sarà pari a più di un quarto (-28,1%).

Infatti, nel Sud, ai fattori demografici si uniscono la continua tendenza migratoria e i trasferimenti di residenza della popolazione più giovane in cerca di lavoro, che comporteranno un aggravio dei già consistenti squilibri economici e produttivi.

Ecco, allora, che il virus del declino demografico si è esteso anche al Sud. Si tratta di un trend abbastanza recente. Nei prossimi anni – secondo i dati forniti dall’Osservatorio – nel Mezzogiorno saranno più numerosi i residenti che emigrano per andare a lavorare o a studiare nelle regioni del Centro-Nord e all’estero, rispetto agli stranieri immigrati regolari che sceglieranno di vivere nelle regioni del meridione.

Viceversa, nelle regioni del Centro e soprattutto del Nord il saldo naturale negativo sarà compensato, dal 2020 al 2050, sia dall’afflusso degli immigrati (+1,4 milioni nelle regioni centrali e +2,6 milioni nelle regioni settentrionali), sia dall’ingresso di residenti prevalentemente meridionali, pari a +280 mila nel Centro e a +655 mila nel Nord.

ASSISTENZIALISMO

Questi numeri dimostrano che l’emergenza dell’emigrazione del Sud determinerà una perdita di popolazione, soprattutto giovanile e qualificata, solo parzialmente compensata da flussi di immigrati, modesti nel numero e caratterizzati da basse competenze.
In più (sarà un segno di ritrovata unità nazionale nelle sciagure?) le città e le regioni del Sud sono flagellate da piogge torrenziali che generano frane, smottamenti e inondazioni. Come provvede lo Stato ad affrontare uno squilibrio storico tra Nord e Sud? Con l’assistenzialismo. Il reddito di cittadinanza doveva abolire la povertà, assicurando da subito un reddito alle famiglie indigenti, poi un lavoro tramite i navigator, assunti in appoggio ai Centri per l’impiego.

Nel mese di settembre 2019, risultavano beneficiari del Reddito di cittadinanza 842.787 nuclei familiari (in cui vivono 2.214.911 individui) con un importo medio dell’assegno versato al nucleo familiare pari a 518,36 euro. Il 65,1 per cento dei percettori e il 61,7 per cento delle famiglie risiedono nel Mezzogiorno.

Moltiplicando l’importo medio mensile per i nuclei familiari percettori del Reddito di cittadinanza otteniamo – secondo i dati dell’Osservatorio – una spesa mensile in deficit pari a 437 milioni di euro, 285 milioni dei quali viene destinata ai nuclei familiari residenti nelle regioni del Mezzogiorno. Tutto qui. E poi?

L’IMPEGNO DI CONTE

Il presidente del Consiglio, Conte, nel discorso d’insediamento alla Camera del suo secondo governo, il 9 settembre scorso, ha dedicato un passaggio alle azioni per il Sud, collegate al rilancio degli investimenti.

«L’azione di rilancio degli investimenti – ha detto – passa necessariamente dall’abbattimento del divario fra Nord e Sud del Paese. A questo scopo occorre rilanciare un piano straordinario di investimenti per il Sud anche attraverso l’istituzione di una Banca Pubblica per gli Investimenti che aiuti le imprese e dia impulso all’accumulazione di capitale fisico, umano, sociale e naturale del Sud. Per le aree più disagiate dobbiamo promuovere il coordinamento di tutti gli strumenti normativi esistenti, come i Contratti istituzionali di sviluppo, le Zone economiche speciali, i Contratti di rete e intervenire affinché i fondi europei di sviluppo e coesione siano utilizzati al meglio per valorizzare i territori. In particolare i contratti istituzionali di sviluppo sono un esempio virtuoso di azione politica concreta e rapida, che abbiamo già sperimentato con successo e che vogliamo riproporre in tutte le aree economicamente disagiate del Paese».

Per ora, però, c’è stata solo la riconferma del reddito di cittadinanza. Forse sarebbe il caso che i percettori – che attendono fino a tre proposte lavorative e che non ne hanno avuta neppure una – fossero utilizzati per affrontare le attuali emergenze.


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