Zlatan Ibrahimovic
3 minuti per la letturaRieccoli. Il mercato del calcio, quello che solitamente viene chiamato “di riparazione”, giacché le società cercano di “riparare” agli errori dell’estate spesso facendo gli errori dell’inverno, è appena cominciato. Non si tratta di saldi, come nelle vetrine di tutta Italia che promettono affaronissimi confondendo quei compratori che ancora non si affidano al web (sempre meno, ahinoi). Può trattarsi di “bufale”, questo sì.
Talvolta di “silenziatori della piazza”. Talvolta non basta alla protesta tifosa il vedere servita sulla ghigliottina dei contratti la testa dell’allenatore, pratica che viene messa in campo sempre più spesso quando le cose non vanno per il verso giusto, o forse ci vanno giacché il verso era prevedibilmente già quello fin dall’inizio.
I sostituti vengono a loro volta sostituiti e ci si affida, anche in panchina, alla “mozione dei sentimenti” oppure a quella dell’immaginario, com’è il caso di Ringhio Gattuso chiamato a fare il cane da guardia in quel gregge partenopeo che vede più d’una pecorella smarrita.
Ringhio ha talmente conquistato il cuore caldo dei tifosi napoletani che hanno dato il suo soprannome, Ringhio appunto, al più richiesto dei fuochi di Capodanno: una volta c’era “la bomba di Maradona”, quest’anno c’era Ringhio sul mercato parallelo dei botti e doveva vedersela con un altro “bombone”, politicamente chiamato “Quota 100”.
Ma è tra i calciatori che si va a pizzicare, inseguendo spesso la suggestione momentanea anziché l’idea tecnica, l’instant team che metta al riparo da ulteriori contestazioni in cova sotto la cenere. Per questo rieccoli, e non solo in Italia.
Qui il simbolo di questa filosofia è di certo Ibrahimovic. Il grande Ibra, detto Ibracadabra per via delle sue magie più misteriose (ma anche più efficaci) di quelle che Giucas Casella sparpagliava in tv, è tornato a casa a Milano, in rossonero, dopo qualche stagione nel calcio lento degli States, che è il giardino delle delizie dei pensionati o pensionandi, lo scivolo di lusso dei campioni del football.
Nessuno sa quale sia la condizione atletico-sportiva di Ibra: i più si augurano di rivederlo quale fu. Immenso.
In Argentina, nel frattempo, registrano un altro ritorno spettacolare: Pablo Daniel Osvaldo. Fu bomber di grido, in Italia: tanto che non gli negarono quel che viene negato ai poveri cristi che arrivano con il barcone: una specie di “ius culturae” che, salendo per li rami, lo trasformò in italiano e lo fece pure nazionale.
Osvaldo aveva scelto un altro palcoscenico da qualche anno. Anzi: il palcoscenico tout court. Era diventato protagonista di un complesso rock chiamato “Barrio Viejo” ed aveva pure “ballato con le stelle” facendo battere il cuore, e non solo, delle fan, come un Roberto Bolle di piccolo cabotaggio. Adesso avrebbe firmato un nuovo contratto con il Banfield, squadra argentina lontana dai fasti cui Osvaldo era abituato anche in casa, con la maglia del Boca Juniors.
Ma non si guarda soltanto al “modernariato” in questo mese di mercatino. C’è chi cerca l’opera d’arte nascosta sotto un disegno adolescenziale. Potrebbe averla scoperta la Juve, al solito, con quell’operazione che l’ha vista sfilare da sotto il naso Kulusevski, che era dell’Atalanta, gioca nel Parma ed a giugno affollerà l’ingorgo di campioni in bianconero. Qualcuno si chiede: ma che ci fanno con tutti questi? Beh, una cosa intanto l’hanno fatta: l’hanno tolto all’Inter.
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