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Un’immagine della “Rivolta” di Rosarno del 2010

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A 14 anni dalla “Rivolta” di Rosarno, poco è cambiato sul piano dello sfruttamento e delle condizioni di vita; nella Piana di Gioia l’inferno dei braccianti sfruttati


SAN FERDINANDO – «Quasi un inferno!». Sono passati quattordici anni dalla cosiddetta “Rivolta” di Rosarno, quando centinaia di braccianti di nazionalità africana marciarono mettendo a ferro e a fuoco la città. Pochissimo è cambiato sul piano dello sfruttamento delle braccia.
Un settore trainante quello dell’agricoltura nella Piana di Gioia Tauro. Oltre ventimila ettari coltivati ad uliveto ed agrumeto, con proprietà frammentate e parcellizzate. Poco è rimasto del grande latifondo dei secoli passati che assicuravano, ieri come oggi, ricchezze per pochi e sfruttamento per molti. Una sorta di giardino che è passato nel corso dei decenni ai nuovi latifondisti della ’ndrangheta che ha sempre messo le mani sulla “terra” come elemento di riscatto sociale e di riconoscimento criminale.

L’OBBIETTIVO E’ RIDURRE IL COSTO DEL LAVORO: BRACCIANTI SFRUTTATI NELLA PIANA DI GIOIA

Chi era ed è proprietario della terra da queste parti è sempre stato considerato il padrone del territorio, perché oltre all’agricoltura c’era ben poco, sul piano produttivo. Ora quel giardino o quei boschi di alberi secolari sta cambiando aspetto. Si sradicano i tronchi giganteschi che vengono venduti come ornamento nelle ville del nord Italia e persino nei paesi arabi per soppiantarli con distese di kiwi più remunerativi rispetto alla produzione di olio. Stessa cosa con gli agrumi che non trovano più mercato rispetto a quelli importati dal Marocco, o dalla stessa Spagna o Portogallo.
E per ottenere un po’ di utili è chiaro che si punta a ridurre il costo del lavoro, che ha prodotto l’arrivo in massa dei braccianti di colore. Schiavi delle braccia che vino ai margini, in baraccopoli o tendopoli, i casolari abbandonati nelle campagne. Un luogo non luogo dove “fanno finta di vivere” durante i periodi di raccolta migliaia di persone.

NELLA PIANA DI GIOIA, PER I BRACCIANTI SFRUTTATI E’QUASI UN INFERNO: SI MANGIA, SI DORME, SI MUORE PER TERRA

Tende, sporcizia, baracche costruite alla “meno peggio” e con mezzi di fortuna, dove si cucina per terra e si mangia per terra, si dorme per terra e si muore per terra. Uno spaccato che crea condizioni di sfruttamento ancora oggi, e soprattutto marginalità sociale e sanitaria.
È in questo e in altri luoghi che Emergency, l’associazione fondata da Gino Strada, cerca di portare assistenza sanitaria per come si può. Nel 2023 più di 2.100 le prestazioni socio-sanitarie effettuate da Emergency in Calabria e 643 le persone supportate. Nella Piana di Gioia Tauro l’Ong garantisce assistenza sanitaria gratuita, orientamento socio-sanitario e supporto psicologico ai lavoratori braccianti, ma anche a tanti cittadini italiani, sì italiani, che non possono permettersi cure, e stranieri in difficoltà. L’ambulatorio fisso a Polistena e l’ambulatorio mobile, che si muove quotidianamente tra Rosarno e la tendopoli di San Ferdinando, fa parte di Programma Italia, il progetto con cui Emergency dal 2006 offre nel nostro Paese servizi di cura a persone indigenti e in stato di bisogno spesso escluse dal Servizio Sanitario Nazionale.

IL DIRITTO ALLA SALUTE PER CITTADINI STRANIERI E’ LIMITATO

Il diritto alla salute di cittadini stranieri, persone migranti, persone in condizioni di fragilità e povertà è infatti limitato da barriere burocratiche, linguistiche ed economiche che, insieme alle complessità amministrative, rappresentano veri ostacoli all’accesso alle cure. Lo scorso anno 585 persone hanno usufruito dei servizi dell’ambulatorio mobile che staziona in piazza Valarioti a Rosarno e presso la tendopoli di San Ferdinando dove centinaia di lavoratori braccianti, in particolare durante la stagione della raccolta degli agrumi, vivono in condizioni igienico-sanitarie e abitative estremamente precarie.
Nel 2023 attraverso la clinica mobile, effettuate 1.979 prestazioni socio-sanitarie che si sono suddivise in 676 prestazioni di orientamento sociosanitario e mediazione linguistico-culturale; 952 prestazioni infermieristiche; 338 prestazioni di medicina generale e 6 colloqui con lo psicologo.

Le persone supportate nell’ambulatorio mobile provengono per la maggior parte dall’Africa sub-sahariana e lavorano come braccianti. Tra i primi Paesi di provenienza dei pazienti, ci sono stati Mali, Gambia, Senegal, Marocco, Romania, Bulgaria, Ghana, Guinea e Costa D’Avorio. I braccianti vivono spesso in alloggi di fortuna, come insediamenti informali ed edifici abbandonati, senza avere accesso ai servizi igienici. Gli effetti sulla salute sono evidenti.
I salari rispetto a 15-20 anni fa sono cresciuti ma non di molto e la mediazione del lavoro avviene quasi sempre grazie al ruolo di caporali senza scrupoli. Un fenomeno che ha devastato il settore, azzerato ogni forma di rispetto contrattuale e disseminato i campi di alloggi fortuna.

LE CONDIZIONI DI IRREGOLARITA’ VENGONO VIA VIA A MANCARE

ROSARNO – «C’è il rischio che molte persone, che oggi lavorano con un contratto e hanno un permesso di soggiorno, cadano in futuro in una condizione di irregolarità non avendo la possibilità di rinnovare il documento. Oltre a ciò, i contratti di lavoro spesso non rispecchiano le giornate effettivamente lavorate, impedendo alle persone di avere un giusto salario e di accedere ai sussidi di cui avrebbero diritto, come la disoccupazione. Si dovrebbe intervenire su tutti questi aspetti e, parallelamente, promuovere politiche che incentivino i modelli di abitare diffuso, garantendo il diritto alla casa e uscendo dalla logica dei ghetti che rendono le persone sempre più invisibili e senza tutele”, dice Mauro Destefano, referente di Emergency nella Piana.

A Polistena vi è anche un ambulatorio fisso realizzato all’interno di uno stabile confiscato alla ’ndrangheta, voluto proprio da Gino Strada. Emergency ed altre associazioni caritatevoli del territorio si danno da fare, ma manca una presenza costante di denuncia che stronchi le forme di caporalato che è ancora presente e forte.

Si assiste a forme di arretramento della presenza sindacale tra gli schiavi delle braccia rispetto agli anni scorsi e ciò provoca maggiori spazi di rassegnazione e assenza di diritti fondamentali. Un mondo a parte, quello dei braccianti, pieno di sofferenze, solitudini e povertà. Quasi un inferno.


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