Un cartello esposto durante la manifestazione in difesa del porto di Gioia Tauro
4 minuti per la letturaGIOIA TAURO – Una direttiva approvata dal Consiglio Europeo e fatta propria dal Parlamento Europeo, può essere cambiata dagli stessi organismi dell’Ue. Così è stato per la direttiva Ets della quale si sta parlando tanto in Calabria a proposito del Porto di Gioia Tauro e dei rischi che incombono. Ma dopo la grande manifestazione di martedì scorso che possibilità ci sono perché la ormai famosa direttiva possa essere rivista?
Secondo gli osservatori di politica europea poche, anzi pochissime. Su sette gruppi che compongono il parlamento della Ue ben cinque si sono espressi a favore e tra questi il gruppo dei Verdi – Alleanza Libera Europea, che in qualche modo hanno insistito affinchè la direttiva venisse varata con un voto a larghissima maggioranza. Dovrebbe essere la Commissione Ambiente a proporre al Consiglio Europeo la variazione della direttiva ed infine, qualora quest’ultimo riuscisse a rivederla dovrà passare al vaglio del parlamento per la seconda volta.
Un iter tortuoso e difficilissimo, anche perché lo scalo che rischia maggiormente in Italia è solo quello di Gioia Tauro che sul piano politico e rappresentativo che conta nel nostro paese è isolato anche dai contesti storici delle lobby portuali. Basta vedere che spazio ha avuto nei media italiani e soprattutto tra quelli di settore la notizia della manifestazione davanti al gate portuale. Ma il Governo italiano in questa partita può esercitare un ruolo decisivo? Certo, perché può non recepire la direttiva e quindi opporsi alla rovina di Gioia Tauro.
Vedremo cosa accadrà. E la politica italiana? Tranne qualche rara presa di posizione a livello nazionale si è assistito al solito balletto delle adesioni, dei comunicati di facciata, ma non risulta che un partito abbia deciso ancora di convocare i propri europarlamentari per tentare di fare forzature su Bruxelles, ma anche su Roma. Sintomatica, per esempio, la richiesta che l’eurodeputato calabrese Denis Nesci ha fatto alla presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola di «prestare attenzione al problema relativo all’impatto della direttiva “Ets marittimo” sui porti del Mediterraneo.
Le ho evidenziato – ha scritto Nesci – come sia necessario rinegoziare la direttiva, in quanto, il suo effetto sarà dirompente sulle infrastrutture strategiche dell’intero bacino. In particolare, ho esposto la mia preoccupazione per il porto di Gioia Tauro, per cui è di vitale importanza un intervento che scongiuri il depotenziamento dell’hub portuale più importante d’Italia e del sud Europa in termini di transhipment.
L’auspicio è che, attraverso anche una sinergia istituzionale con tutti gli altri Paesi del Mediterraneo – ha concluso Nesci – si possa trovare il modo di revisionare la direttiva già nella fase iniziale della sua applicazione come previsto dalla stessa direttiva». Nesci auspica, certamente uno dei pochi a prestare attenzione su quanto sta accadendo, ma sa bene che in questa fase può solo auspicare e basta.
Il tempo stringe e mancano pochi mesi all’entrata in vigore nello shipping nel sistema di scambio delle quote di carbonio, l’Emission Trading System (Ets), che obbligherà i mercantili sopra le 5mila tonnellate di stazza a ridurre drasticamente le loro emissioni. La data fissata è per il prossimo 1° gennaio del 2024 e di tempo ce n’è pochissimo.
Quello che ha colpito tutti è stata la velocità con cui è stata introdotta la direttiva. Come se qualcuno avesse studiato a tavolino gli effetti che rischia di produrre solo a Gioia Tauro. Colpisce per esempio il poco tempo concesso agli armatori per cambiare i motori delle navi che adesso utilizzano combustibili fossili o per far costruire altre navi già predisposte con altre tipologie di combustibile; così come colpisce la tempestività con la quale è stata adottata la direttiva che rischia di compromettere la competitività di mercato dei porti di transhipment, guarda caso come Gioia Tauro dove c’è il rischio a partire dall’anno prossimo che una parte dei traffici diretti in Europa devi verso aree che non sono soggette alla stessa direttiva.
Ridurre le emissioni è pienamente condivisibile, ma quello che non si può accettare è che non tutti i porti giocano la partita sullo stesso piano, principio cardine per l’Unione Europea. In questo contesto è impensabile che la tassa prevista per le navi dalla Direttiva Ets (destinata ad integrare il Fondo di Coesione) venga conteggiata per i paesi Ue al 100 per cento, per quelli extra Ue al 50 per cento e addirittura a zero per le navi che pur attraversando il Mediterraneo non sostano in porti dell’Ue come Gioia Tauro.
Quasi un invito ad andare alla larga dal porto calabrese che può essere salvato, solo se si riesce a far sospendere la direttiva per il trasporto marittimo e ad accelerare l’analisi prevista dalla stessa Commissione europea che riguarda una revisione della direttiva prima che i processi di trasferimento delle linee marittime diventino potenzialmente irreversibili.
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