Il direttore del Quotidiano Roberto Napoletano
3 minuti per la letturaPOTENZA – Più competenze per riequilibrare le due Italie, facendosi aiutare nella fase di progettazione ed evitando di fare ammucchiate ora che il flusso finanziario sta per inondare i territori: il Pnrr è una rivoluzione possibile.
Sono molti gli spunti emersi nel corso del webinar organizzato dall’agenzia di sviluppo “La cittadella del sapere” sul Piano nazionale di ripresa e resilienza che può essere visto in streaming a questo link.
All’incontro da remoto, moderato dalla giornalista Margherita Sarli, hanno partecipato Francesco Tufarelli, direttore generale della Presidenza dei Consiglio dei Ministri, direttore dell’Ufficio per il coordinamento delle Politiche europee ed ex capo di gabinetto dei ministri degli Affari europei e per i Beni culturali; Francesco Minchillo, consulente Progetto Italiae; Roberto Napoletano, direttore del Quotidiano del Sud e Nicola Timpone, esperto di sviluppo locale.
«Partiamo da un chiarimento – ha esordito Tufarelli, da 36 anni alle leve della macchina dello Stato –, il Pnrr non è assolutamente un Piano Marshall, dal momento che l’Unione Europea non è altro rispetto all’Italia: noi ne siamo soci fondatori». Riconoscendo il lavoro preparatorio fatto dall’allora ministro Amendola, Tufarelli ha rimarcato che il Sud è una missione «trasversale» alle 6 macro aree che compongono il Piano (Digitalizzazione, Rivoluzione verde, Infrastrutture, Istruzione e ricerca, Equità sociale, Salute) e ha invitato a «evitare le ammucchiate» sui 209 miliardi cui sono da aggiungersi i 30 del cosiddetto “fondone”.
E di «rivoluzione» ha parlato anche Napoletano, il cui intervento è partito dall’errore storico commesso dalla Bce di Trichet in occasione della crisi finanziaria internazionale del 2007-2009. «Di quella crisi non si è capito niente – ha detto il direttore del Quotidiano del Sud –, la sofferenza economica è aumentata e il problema greco è diventato il problema italiano e spagnolo». Poi il celeberrimo “whatewer it takes” di Draghi alla Bce, «ovvero la cosa giusta fatta al momento giusto». Il diktat, diventato formula da dizionario, con cui da governatore della Banca centrale l’attuale premier dettò i tempi del salvataggio dell’euro. Era il luglio 2012. Per Napoletano questa “rivoluzione” da attuarsi attraverso quello che definisce «il Progetto Italia» («non è vero che siamo stati in ritardo, al contrario eravamo tra i primi dieci ad aver consegnato i progetti entro il 30 aprile» ha chiarito), ha bisogno di un Decreto unico di semplificazione: nella fase autorizzativa di un progetto l’obiettivo è passare dai 30 mesi attuali a 60 giorni. Infine un invito-appello a dimostrare la «capacità di fare e soprattutto gestire i progetti al Mezzogiorno» per cancellare la prima «disparità» (il Sud, appunto) e di conseguenza le altre due (giovani e donne), a loro volta ben innestate nello scenario meridionale.
«Il segretario del Pd, Enrico Letta – ha sorriso Napoletano – spesso dimentica il Sud e cita solo donne e giovani…». Minchillo, per testimoniare quanto proprio sulle «competenze» si giochi la vera sfida di un pubblico impiego da «ripensare», ha citato un numero che deve fare riflettere: in tutta Italia ci sono solo 12 dirigenti di fascia alta ne Comuni sotto i 5mila abitanti.
Napoletano ha preso la palla al balzo per dire che «il punto debole del Sud, ma anche il Nord non ne è esente, è la difficoltà di progettazione». Anche qui un numero che spiega il concetto in modo spietato: 34 dei 54 miliardi del Fondo coesione e sviluppo 2014/2020 non sono stati non soltanto spesi, ma addirittura programmati in alcune Regioni meridionali. «I capipopolo non chiedano altri soldi – ha concluso –, la sfida è superare questo federalismo della irresponsabilità, all’italiana, e restituire l’investimento pubblico e produttivo al Paese, un investimento che mobiliterà quelli privati. Da tempo denunciamo la sperequazione della spesa sociale, intere aree del Sud non hanno asili nido e mense scolastiche pubbliche: è una battaglia di diritti civili, e riconosco una coerenza meridionalista degasperiana a questo governo. Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza bisogna riconoscere una grande occasione civile».
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