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UNA misura tampone, ma non di certo risolutiva e che rischia addirittura di aggravare il problema: siamo convinti che il Decreto legge sulle liste d’attesa riuscirà a dare maggiore sostegno ai pazienti e, in particolar modo, ai malati oncologici? I dubbi restano. E poi: se i professionisti sono sempre gli stessi e con carichi di lavoro già inaccettabili, come potranno mai erogare le prestazioni anche il sabato e la domenica senza violare la direttiva europea sugli orari di riposo che prevede, oltre alle 11 ore al giorno, almeno un giorno intero di riposo a settimana? Non si possono accorciare le liste di attesa senza mettere un euro e assumere personale. È stato rimosso il tetto ma non sono state finanziate. Quindi serve a ben poco. Le misure per gli straordinari invece vanno a scontrarsi con il fatto che già attualmente i medici si trovano in una fase di superlavoro e rischiano il burnout. La carenza di personale medico è una delle problematiche più spinose affrontare.

La soluzione? Investire sul personale sanitario aumentando gli organici, e non stremare ulteriormente quello già in servizio, con il rischio di alimentare ulteriormente la fuga dei professionisti dal Servizio sanitario nazionale. I numeri di Istat e Agenas confermano che negli ultimi 15 anni tra medici di base, pediatri e guardie mediche si sono persi per strada 13.788 camici bianchi schierati sul territorio. In pratica è venuto a mancare un medico su cinque. Se un tempo i medici di famiglia chiedevano di poter restare in servizio fino a 72 anni adesso scappano in anticipo. Per non parlare dei carichi di lavoro, perché non solo sono aumentati gli assistiti da ciascun medico, ma tra loro ci sono sempre più anziani afflitti da policronicità che richiedono molte più attenzioni e tempo che non c’è.

E mancano i sostituti per quelli che vanno in pensione: in Lombardia per 1.349 posti vacanti si sono presentati in 399, nelle Marche c’erano da coprire 227 studi medici, sono stati assegnati solo 15 incarichi. In Piemonte sono stati banditi 440 posti ma si è riusciti ad assegnarne solo 200, di cui 150 a medici in formazione. Per facilitare l’assunzione di nuovo personale che riesca a far fronte alla crescente domanda di prestazioni, il decreto modifica il tetto di spesa per le assunzioni con un incrementato del limite, per il 2024, al 15% del Fondo sanitario regionale, mentre dal 2025 verrà completamente abolito.

Approvata la legge sulle liste d’attesa, le Regioni fanno i conti per capire la ricaduta delle misure sulle casse locali. Il ministro della Salute Orazio Schillaci è già al lavoro per cercare di ottenere in sede di manovra ulteriori risorse. Intanto la Conferenza delle Regioni e Province Autonome ha raggiunto l’intesa sulla proposta di riparto del Fondo sanitario nazionale per l’anno 2024 che si attesta a 134.015 miliardi di cui 128.302.813.418 come Fabbisogno indistinto. È stata ripartita anche la quota premiale 2024, che è pari a 670,075 milioni di euro e corrisponde allo 0,5% del livello di finanziamento complessivo. Si attiverà adesso il passaggio ai Ministeri competenti che porterà all’approvazione definitiva da parte del Governo del Fondo Sanitario Nazionale 2024 in sede di Conferenza Stato-Regioni.

Dal canto, il ministro della Salute ha assicurato che nella prossima finanziaria chiederò che vengano previsti più fondi per la sanità. Schillaci ha difeso l’importanza del provvedimento contro le liste di attesa, ma resta il tema delle risorse umane. “Noi dal 2025 avremo un nuovo calcolo del fabbisogno e speriamo di potere superare il tetto di spesa e di potere assumere più medici, più infermieri, più operatori sanitari”, sono le parole del ministro. E sulle risorse finanziarie e sul rischio che la norma sia una scatola vuota, risponde: “È chiaro che questo provvedimento non può essere lasciato da solo e stiamo lavorando per avere risorse in più per il fondo sanitario nella prossima finanziaria”.

Intanto un tassello importante del quadro si è riempito appunto per le Regioni con il riparto del fondo: al Piemonte arriveranno 315 milioni di euro in più, sottolinea il presidente della Regione, Alberto Cirio, insieme al nuovo assessore alla Sanità, Federico Riboldi. “È un grande risultato – hanno affermato – che per il Piemonte vede incrementare il fondo sanitario di circa 315 milioni di euro rispetto al 2023. Il risultato, al quale lavoriamo da mesi, conferma la sicurezza dei conti in sanità, e serve anche a coprire gli incrementi contrattuali e a migliorare il livello delle prestazioni, per garantire ai cittadini una sanità sempre più efficiente e vicina ai loro bisogni”.

“Nonostante l’urgenza e la gravità della condizione nella quale versa la sanità italiana a causa delle liste d’attesa, le soluzioni varate dal Governo centrale sono insufficienti, prive di risorse e mal concepite e rischiano di aggravare ulteriormente il problema. Invito il Governo a rivedere le proprie decisioni e a collaborare attivamente con le amministrazioni regionali per individuare soluzioni più adeguate e condivise. Solo attraverso un dialogo costruttivo potremo superare questa emergenza e garantire ai cittadini un servizio sanitario efficiente e tempestivo”, ha detto invece il presidente della Commissione Sanità della Regione Campania, Enzo Alaia, che annuncia la convocazione di una seduta ad hoc dell’organismo consiliare. Per di più, ancora una volta si punta sul privato accreditato, indebolendo il sistema pubblico di tutela della salute. Ma c’è un altro aspetto su cui riporre attenzione: molte delle disposizioni del decreto rispecchiano quanto è già previsto da norme vigenti per le liste d’attesa, che tuttavia vengono spesso disattese, innanzitutto per la cronica mancanza di risorse. Quindi, poco o nulla all’orizzonte. Un passaggio fondamentale sarà rappresentato dalla prossima legge di bilancio: se si vuole che gli interventi non restino solo sulla carta, nella Finanziaria andranno previste risorse adeguate ai fabbisogni reali. Sarà dunque possibile vedere l’effettiva intenzione e capacità di Governo e Parlamento nel dare risposte concrete a quanto i cittadini legittimamente chiedono e che è loro diritto ottenere nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale.


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