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Liste d’attesa in sanità, ci si potrà rivolgere al privato per la visita e l’esame “urgente” come da prescrizione senza anticipare i soldi


DOMANDA numero uno: che differenza c’è tra questo provvedimento taglie-code nella Sanità e quello del 1998 che però non ha mai dato benefici? Risposta del ministro della Sanità Orazio Schillaci: “Che i cittadini, se trovano code e hanno urgenza, potranno rivolgersi al privato con i prezzi del pubblico o alle strutture convenzionate”. In realtà succede già, in alcun regioni. “Conto che questa volta funzioni perché ci saranno monitoraggio e controllo delle prenotazioni”. Domande numero due: quante risorse reali e immediate il governo è riuscito a mettere in questi provvedimenti per la Sanità vista la lunga e complessa interlocuzione che c’è stata in questi giorni con il Mef? “Il costo della defiscalizzazione degli straordinari che i medici vorranno fare per aumentare il numero delle visite specialistiche è stato stimato in 250 milioni”.

E’ evidente anche ad un bambino che i quattro milioni e mezzo di italiani che rinunciano a curarsi sono un problema che non può essere risolto con 250 milioni visto che mancano 35 mila medici e 45 mila infermieri per soddisfare il fabbisogno negli ospedali. Sono solo un paio delle domande che ieri nella conferenza stampa hanno levato un po’ di fiocchi, polvere d’oro ed effetti speciali al pacchetto Sanità approvato in mattinata dal Consiglio dei ministri. Domande che hanno messo a nudo l’ennesimo decreto acchiappa-voti – il terzo in tre settimane – deciso dal governo nell’ultimo mese di campagna elettorale.

Intendiamoci bene: qualunque cosa venga fatta per aiutare il Servizio sanitario nazionale a funzionare come dovrebbe, è sempre meritoria e da augurarsi che risolva almeno un po’ le numerose criticità. Diverso invece considerare questo pacchetto Sanità sia provvidenziale e risolutorio come ha subito fatto credere la premier Meloni. Che ieri, nel primo pomeriggio, ha voluto diffondere un video messaggio di cinque minuti che in alto a destra portava la scritta: “Impegno mantenuto”. La premier non è venuta in conferenza stampa e ha preferito, considerati i numerosi impegni, affidarsi al solito video messaggio. Dal sapore vagamente autopromozionale. “Sono molto felice di annunciarvi che questa mattina il Consiglio dei Ministri ha approvato due importanti provvedimenti che riguardano la Sanità” sorride Meloni che ha il dono di parlare molto veloce senza nuocere alla chiarezza e sacrificando però sempre il contraddittorio.

“Avevamo promesso ai cittadini che ci saremmo occupati di due problemi in sanità che in passato non sono mai stati affrontati efficacemente, ovvero l’abbattimento delle liste d’attesa e la cronica carenza di medici e personale sanitario, e lo abbiamo fatto” ha spiegato per poi ricordare che dopo la modifica del Titolo V della Costituzione le liste d’attesa “competono alle Regioni, ma noi abbiamo deciso di fare la nostra parte per aiutarle ad affrontare questo problema”. Il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto di sette articoli e un ddl di 15 articoli. Un “doppio binario normativo per abbattere le liste d’attesa in sanità” secondo gli spin di palazzo Chigi. Un passo indietro, rispetto al previsto decreto onnicomprensivo, reso necessario dalla mancanza di soldi subito da mettere nel sistema sanitario.

“Le due principali novità del decreto – ha spiegato il ministro Schillaci – sono la possibilità per i cittadini di usufruire delle prestazioni di cui necessitano nel privato convenzionato o presso la libera professione, se nel Servizio sanitario nazionale non possono averle nei tempi previsti”. Per fare questo i medici dovranno scrivere nelle ricette l’urgenza dell’esame ed entro quanto tempo va fatto. La seconda novità, sempre nel decreto, è “l’abolizione del tetto di spesa per il personale sanitario, che esiste da 20 anni e che nessuno ha mai cancellato, a partire da gennaio 2025 ma con la possibilità immediata per le Regioni di innalzarlo dal 10% attuale al 15% già nel 2024”. Già, sottolineano le Regioni, ma con quali soldi alziamo il tetto per le assunzioni? “Con gli stessi già disponibili ed impegnati per lo più su altri capitoli di spesa” è la risposta. Dunque, non più soldi ma l’invito ad usarli diversamente. La novità vera per i cittadini è la possibilità di rivolgersi al privato per fare la visita e l’esame “urgente” così come da prescrizione medica senza dover anticipare i soldi per cui poi andava chiesto il rimborso. Per questo passaggio è necessario un decreto ministeriale da adottarsi entro 60 giorni dopo la conversione in legge. Se facciamo due conti, sono altri quattro mesi da quando il decreto andrà in Gazzetta. Se ne parla a ottobre.

Il Mef ha fatto i conti e potrebbe servire fino ad un miliardo di euro. Il decreto taglia code prevede anche la possibilità per medici e tecnici di laboratorio di lavorare anche nei festivi e la sera “facendo straordinari che saranno detassati”. L’incentivo è stata valutato intorno ai 250 milioni che dovrebbero spuntare fuori dal miliardo e mezzo che il ministero ha assegnato alle Regioni per il triennio 2024-2026. Fondi per l’abbattimento delle code che, ha spiegato il ministro, “non risulta essere stato speso”. Il decreto prevede nei fatti la nascita di un sistema di controllo e monitoraggio delle prenotazioni per snellire le liste d’attesa in sanità. Si prevede un Cup (Centro unico di prenotazione) non più solo regionale ma nazionale e il divieto assoluto di chiudere le agende di prenotazione e l’obbligo per il privato di condividere le proprie con quelle del Cup regionale. Non solo: il medico dovrà dare la stessa prestazione al pubblico e al privato. “Invece adesso – ha detto il ministro – troviamo strani fenomeni per cui lo stesso medico fa nove visite nel pubblico e 90 nel privato. Anche questo non sui potrà più fare”. Norme sacrosante. Speriamo che funzionino. Furono già pensate nel 1998 ma non fu mai fatto il decreto attuativo. Al disegno di legge è delegata la parte più difficile: l’aumento degli organici tra medici e infermieri. E, ancora una volta, non sono indicate le fonti per la copertura di spesa. “Guardate che il problema dei medici al Pronto soccorso è condiviso in molti paesi, anche in Svizzera – ha detto Schillaci – Del resto non è colpa di nessuno se le donne medico vogliono fare tutte dermatologia”.

Per le opposizioni, tutte, siamo davanti al “solito spot elettorale”, un po’ come il decreto casa e la riforma della magistratura. E in effetti la maggior parte delle norme sono scelte politiche che potevano essere prese anche qualche mese fa. O tra qualche mese.


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