Fontana festeggia: è ancora presidente della Regione Lombardia
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ALLE 15.01 Giorgia Meloni mostra il primo sorriso. Gli Instant poll fotografano un risultato limpido per il centrodestra di governo. Attilio Fontana e Francesco Rocca svettano in Lombardia e nel Lazio. Tutti gli istituti di ricerca attestano i candidati della coalizione di governo oltre il 50%. «Game, set and match» si lascia scappare, con la formula tennistica che certifica la vittoria finale, uno dei colonnelli dell’inquilina di Palazzo Chigi. Minuto dopo minuto si consolida il risultato del centrodestra. Che diventa pieno. Le prime proiezioni consegnano sul tavolo della premier, lontana dai riflettori per una lieve influenza, dati che la fanno sorridere ancora una volta: Fontana è al 56.86% e Rocca al 49.47%. Ragion per cui alle 16.30 Meloni esce allo scoperto. Lo fa in questi termini: «Complimenti a Francesco Rocca e Attilio Fontana per la netta vittoria di queste elezioni regionali, sicura che entrambi daranno il massimo per onorare il voto e il mandato ricevuto dai cittadini di Lazio e Lombardia».
LA LEGA SI SALVA
E se questa è la premessa, poi c’è lo svolgimento: «Un importante e significativo risultato che consolida la compattezza del centrodestra e rafforza il lavoro del governo». Anche perché non si registra il temuto scossone all’interno della coalizione. In Lombardia, per esempio, la Lega raggiunge quota 16,79%, una percentuale superiore alle politiche del settembre scorso. Anche Forza Italia tiene nella regione dove viene riconfermato il governatore uscente Fontana. Gli azzurri superano il 7%. Certo, sempre in Lombardia, FdI è il primo partito, confermandosi al 25,61%. Non c’è stata quindi l’Opa del partito di Meloni su FI, né tantomeno sulla Lega. I rapporti di forza sembrano restare immutati e di conseguenza non ci saranno scossoni all’interno del governo.
A confermare questo scenario è Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura e fedelissimo di Meloni: «FdI non punta a leadership particolari all’interno della coalizione. Per i nostri alleati siamo la certezza dell’ancoraggio a posizioni alternative alla sinistra e al M5s. Non facciamo campagne elettorali facendo concorrenza agli alleati». Il leader della Lega tira un sospiro di sollievo. Un risultato sotto il 10 per cento in Lombardia avrebbe riaperto la partita della leadership di via Bellerio e di sicuro provocato una scossa negli equilibri di Palazzo Chigi. E chissà se non abbia pesato sul risultato finale del Carroccio l’approvazione del disegno di legge sull’autonomia differenziata. Oltretutto se al dato della Lega viene sommato alla percentuale lista civica di Fontana (6,36%) il Carroccio si avvicina alla percentuale di Fd’I. «Possiamo dirvi grazie, grazie, grazie. Grazie ai lombardi che hanno riconfermato a furor di popolo il buongoverno della Lega e del centrodestra e, soprattutto, di Attilio Fontana, dopo anni impegnativi» esulta proprio Salvini.
ANESTETIZZATA LA POLEMICA DI SILVIO
Quanto a Forza Italia, il partner di minoranza non sfigura da azionista di minoranza. «Il dato dei presidenti – dice l’azzurro Mulè – non lascia spazio ai dibattiti: oltre la metà dei votanti ha scelto loro. Siamo molto soddisfatti del dato di Forza Italia. Il 2018 era un’era geologica fa, penso al crollo dei 5 stelle. Siamo ancora perno del centrodestra, per il governo un eccellente test. Dopo la legge di stabilità la Lombardia e il Lazio danno ottimi risultati. Siamo sulla strada giusta». Sullo sfondo restano le dichiarazioni di Berlusconi contro Zelensky e la linea di Forza Italia ondivaga sulla guerra in Ucraina. Ma il giorno di festa del centrodestra anestetizza la polemica del giorno precedente. Assicura il vicepremier Antonio Tajani: «Berlusconi è uomo di pace, la sua posizione e quella di Forza Italia non sono cambiate. Siamo dalla parte dell’Ucraina, del diritto internazionale, degli Usa, della Nato. Vogliamo che si arrivi alla pace, ma una pace giusta significa l’indipendenza dell’Ucraina».
I MUGUGNI DEL PD
In questo contesto elettorale il centrosinistra non brilla. Il Pd, che si trova nel pieno della fase congressuale, si presenta a geometria variabile nel Lazio e in Lombardia e non ottiene il risultato sperato. In Lombardia, il democrat Pierfrancesco Majorino, in coalizione con i 5Stelle, si ferma intorno al 32%. E non decolla la terzopolista Letizia Moratti (circa il 9%). Nel Lazio la musica è stata più o meno la stessa: Alessio D’Amato, appoggiato da Pd e Terzo Polo, si attesta sul 36% dei consensi, mentre la pentastellata Donatella Bianchi si ferma all’11%. «In un quadro politico per noi particolarmente complicato e con il vento chiaramente contro, il Pd ottiene un risultato più che significativo, dimostra il suo sforzo coalizionale e respinge la sfida di M5S e Terzo Polo» si difende il segretario uscente del Pd Enrico Letta.
Aspettando le primarie che eleggeranno il nuovo segretario, il candidato Bonaccini la mette così: «Sconfitta in continuità con quella delle politiche». Elly Schlein, sfidante di Bonaccini alla segreteria, è ancora più netta: «Ora bisogna cambiare nei volti e nel metodo». Il sindaco Giorgio Gori se la prende con la scelta del Terzo Polo di schierarsi con Letizia Moratti: «Una sciocchezza il sostegno a Moratti». Insomma, è tutti contro tutti. Infine, l’affluenza: mai così bassa. In Lombardia è pari al 41,67% e nel Lazio al 37,19%. «La partecipazione così bassa è il primo elemento su cui riflettere, anche per chi ha vinto» ammette il renziano Ettore Rosato.
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