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Per l’Italia una figuraccia internazionale e Nordio messo alla gogna per la liberazione del criminale libico. Servono spiegazioni


Tra una citazione di Popper e una di Gibbon, le riflessioni sulla felicità ispirate a Filangeri e Benjamin Franklin, con una retorica vivace e sceneggiata per cui «non c’è una sillaba, non una parola né una virgola nella riforma che separa le carriere tra giudici e pm che possa prospettare la sottoposizione del pm al potere esecutivo», il ministro della Giustizia cerca di rendere meno noioso un rito stanco come la relazione annuale del Guardasigilli sull’amministrazione della giustizia.
Carlo Nordio, prima al Senato e poi alla Camera, si sottopone al rito in un momento molto delicato: la riforma costituzionale che separa le carriere di pm e giudici e li mette sotto la tutela di due diversi Csm è stata approvata in un ramo del Parlamento e terminerà la prima doppia lettura, è la promessa, «entro l’estate».

Siamo alla vigilia della solenne inaugurazione dell’anno giudiziario in Cassazione (domani) e il giorno dopo nei 26 distretti delle Corti d’appello. L’Anm ha proclamato lo sciopero contro «la inutile, quindi dannosa riforma che non aiuta in alcun modo l’amministrazione della giustizia» e promette gesti «clamorosi» . La tensione tra politica e magistratura è tornata ai livelli del ventennio berlusconiano, con la differenza che la denuncia dell’uso politico della giustizia ormai attraversa un po’ tutti gli schieramenti politici e la magistratura è molto più sola e più bassa nel gradimento popolare.
Ma il problema per Nordio, ieri, non è arrivato dalla magistratura e neppure dai «numerosi vuoti di dati e analisi» che le opposizioni hanno denunciato: i tempi della giustizia sempre inaffidabili e penalizzanti per tutto il sistema; il numero esorbitante di nuovi reati (almeno 50 più 400 aumenti di pene decisi in due anni e mezzo); l’inaccettabile condizione carceraria e la totale incertezza della pena.

OPPOSIZIONI ALL’ATTACCO

Il problema della giornata della vittoria di Nordio, si chiama Najeen Osema Almasri Abish: è il capo della polizia giudiziaria libica e responsabile del Centro di detenzione di Mitiga.
L’ufficiale ha sulla testa un mandato di cattura internazionale firmato dalla Corte di giustizia internazionale (Cpi) per gravi reati contro l’umanità, un torturatore e trafficante di essere umani, uno di quelli a cui il governo Meloni ha giurato di dare la caccia «su tutto il globo terraqueo».
Bene: sabato scorso la Digos di Torino riceve sul circuito Interpol la red notice”, l’ordine di arresto per Almasri; lo esegue nella notte tra sabato e domenica appena uscito dallo stadio (i trafficanti possono fare i week end in Italia?) e lo porta in cella in esecuzione di un mandato di arresto internazionale a cui non ci possiamo sottrarre. Tempo 48 ore, però, e il governo italiano lo ha liberato, imbarcato su un Falcon di Palazzo Chigi e portato a Tripoli, dove è stato accolto tra ali di folla festanti.

La storia è da un paio di giorni sui giornali, dove è stata ricostruita, visto l’embargo totale, con grande difficoltà almeno nelle parti essenziali e comunque troppo tardi per impedire lo scempio della liberazione con tanto di aereo di stato. Ieri le opposizioni unite hanno presentato la richiesta ai presidenti di Camera e Senato perché la premier Meloni venga a spiegare cosa è successo.
«Questo è un stato un blitz politico – hanno detto in una affollata conferenza stampa e poi ripetuto nei vari interventi in aula Pd, 5 Stelle, Avs, Iv e Azione – Non possiamo assistere allo scarica barile in atto tra Giustizia, Farnesina e Interno, la premier venga a spiegare cosa è successo» il senso degli interventi in aula perché «passi il pragmatismo in politica estera che ha consentito di liberare Cecilia Sala, ma l’Italia non può certo diventare la zona franca dove criminali o presunti tali circolano liberamente perché sanno di godere di impunità».

L’ACCUSA DELLA CPI

Nordio ha dovuto abbozzare. E provare a scansare la rogna che si porta dietro una figuraccia internazionale. La Cpi ha distribuito un comunicato ieri per dire che «se il problema è stato di tipo procedurale (come sta provando a dire il governo scaricando sui giudici, ndr) bastava una telefonata tra gli uffici e ci saremmo chiariti».
Invece non solo non c’è stata la telefonata ma «il soggetto ricercato Almasri è stato mandato in Libia a nostra insaputa». La Cpi aveva diffuso il mandato di cattura in cinque Paesi. Per dire della sua pericolosità.
La prossima settimana sarà il ministro dell’Interno a spiegare al Parlamento cosa è successo. Una settimana di tempo per aggiustare una storia che possiamo già riassumere con una parola: ricatto. Nelle 48 ore in cui Almasri è stato in cella a Torino, dalle coste libiche sono partite imbarcazioni cariche di migranti. Inoltre in Libia ci sono oltre 200 italiani che lavorano lì e che sarebbero potuti diventare facile merce di scambio. Come è stata Cecilia Sala.

Il fatto è che in meno di un mese si sono ripetuti due casi fotocopia: l’ingegnere iraniano Abedini ricercato dalla polizia Usa con l’accusa di terrorismo; il capo della polizia libica, torturatore da lunedì al venerdì, privato cittadino a zonzo per l’Italia nel weekend. In entrambi i casi il sistema italiano non ha funzionato. E dire che venerdì scorso il sottosegretario Mantovano aveva riunito i tecnici proprio per evitare in futuro altri casi Sala.
Nordio non ha voluto ascoltare buona parte di queste accuse. Dopo la replica, prima delle 19, ha lasciato l’aula. Prima aveva voluto rivendicare la bontà, oltre che la necessità, della separazione delle carriere. «Nessuna aggressione alla magistratura, abbiamo fatto una scelta politica, senza dubbio, che alcuni magistrati ci hanno chiesto e alcuni condiviso». Ha detto, per l’ennesima volta, che «è infondato il timore che il pm diventi un superpoliziotto, perché già nel sistema attuale nei fatti lo è. Con l’aggravante che, godendo delle stesse garanzie del giudice, esercita un potere immenso senza alcuna reale responsabilità». Risponde poi a una interpretazione scadente e a un pregiudizio obsoleto» l’idea che «il pm possa finire sotto l’Esecutivo».

Qualche parola sulle carceri: «Aumenteremo i posti letto con il piano di edilizia (se ne parla da una quindicina d’anni, ndr)» ma non ci sarà nessuna amnistia perché sarebbe un segnale di «debolezza dello Stato e un incentivo alla recidiva».
Mentre Nordio parlava in aula e difendeva la sua idea di garantismo e di giustizia, una toga con un ruolo chiave come il procuratore di Napoli Franco Gratteri spiegava in tv la sua idea di giustizia: «Per combattere le mafie vanno abolite tutte le riforme, dalla Cartabia in poi», Nordio compreso a cui Gratteri concede «una buona conoscenza della Storia».


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