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Il ministro Sangiuliano presenta le dimissioni alla premier Meloni sul caso Boccia: «Non ho mai speso soldi pubblici, non sono ricattabile» ha detto al Tg1. Giorgia Meloni, pur essendo furibonda rifiuta le dimissioni del ministro, anche per evitare rimpasti


«Avevamo una relazione, anche per questo ho revocato l’incarico». Lo ha detto ieri il ministro Gennaro Sangiuliano in un’intervista al Tg1, parlando di Maria Rosaria Boccia. «Mai speso soldi pubblici – ha detto – Non sono ricattabile». Sangiuliano ha aggiunto di aver «presentato le dimissioni alla premier, ma lei le ha respinte».

Insomma, la notte porta sempre consiglio. In questa storia tra il ministro “Genny” Sangiuliano e Lady Pompei – già pronto il canovaccio di una soap – porta sempre messaggi di lei che puntualmente riscrivono in tutto o in parte quanto sostenuto da lui fino alla sera prima. In questo caso il ministro, che deve almeno conoscere un po’ la sua quasi consulente, ha cercato di giocare d’anticipo pubblicando ieri su La Stampa una lettera-sfogo con la verità e tutta la verità.

SANGIULIANO PRESENTA LE DIMISSIONI, MELONI LE RIFIUTA

Più o meno quello che aveva spiegato in novanta minuti di fuoco alla premier Meloni martedì pomeriggio a palazzo Chigi. Ovvero che neppure un euro di danaro pubblici è stato impiegato per la quasi consulente; che eventuali spese per le numerose trasferte sono state tutte pagate da lui con la sua carta di credito personale; che non è mai salita in auto con la scorta ma «solo con me, sulla mia auto e per tragitti brevi»; che il contratto di collaborazione è saltato nel momento in cui «io stesso mi sono reso conto che un rapporto personale era andato oltre il dovuto. A quel punto, oltre che per profili di conflitto di interesse, ho ritenuto che non fosse possibile fare un contratto a Maria Rosaria Boccia».

Ha rivendicato di essere una persona «onesta», il ministro, di «non aver fatto nulla di male» e, anzi, andrebbe rispettato per aver evitato ulteriori imbarazzi.
Il giornale non ha fatto in tempo ad arrivare nelle edicole, fisiche e digitali, e lady Pompei ha postato altri tre contenuti che autorizzano a pensare esattamente il contrario di quanto il povero ministro si era sforzato di mettere in bella copia. Un timing cinico e astuto quello di lady Pompei: mentre gli interessati si abbeverano del peccato di cuore del ministro che «quasi quasi, dai insomma, poverino, s’è fatto fregare alla vecchia e antica maniera», la quarantenne manager di se stessa spara sui social le sue cartucce. La domanda è : quante sono? Quali sono? Quando finiranno?

UNA DIFESA FRAGILE

Abbiamo così potuto leggere la gentile mail con cui l’ufficio legale del ministero, il numero 1 e il numero 2 in persona, il 10 luglio informavano la dottoressa Boccia di fare riferimento a entrambi «per qualunque esigenza legata alla sua nomina quale Consigliere del ministro per i grandi eventi». In un’altra mail sono allegate le carte d’imbarco con i nomi di “Sangiuliano” e “Boccia”, l’oggetto della mail è «Timing 23 luglio Pompei».
In una terza story si ascolta la telefonata con un funzionario del ministero (sempre ufficio legale) in cui Boccia dà conto di aver firmato il decreto di nomina del ministro (atto ministeriale interno che non deve passare da palazzo Chigi). Siamo verso la fine di luglio. Se un decreto è stato firmato, come conferma il funzionario, qualche traccia ci deve essere.

Ieri, tra la fine mattinata e le prime ore del pomeriggio, ci sono state ore di panico. Sangiuliano è uno convinto di sapere e capire quasi tutto e quasi sempre. Dove e perché l’errore? Cos’altro può saltare fuori? Sono ore di tensione anche negli uffici di via del Collegio Romano, sede del ministero. Un ambiente, a quanto pare, non nuovo a veleni visto che proprio da qui partirono le mail che portarono alle dimissioni di Sgarbi, una personalità e una cultura che facevano troppa ombra al ministro in carica.
Ora la faccenda è ancora più seria: la premier ha dato fiducia al suo ministro ma è condizionata. Alla prima prova contraria, salta tutto, a cominciare dalla poltrona, fosse anche l’ultima cosa che la premier vorrebbe fare.

SANGIULIANO, ARCHIVIATE LE DIMISSIONI PASSA ALL’ATTACCO

Nel pomeriggio il ministro ha deciso un doppio piano di attacco. Si è sottoposto alla prova scontrini: ha consegnato ad alcune agenzie di stampa la ricevuta del pagamento con la sua carta di credito del biglietto aereo andata e ritorno per Catania (luglio, Taormina, festival letterario). Idem per Bari dove Lady Pompei è stata ospite a Polignano a Mare. Dove non ci sono scontrini ci sarebbe la prova che il soggiorno è stato a spese degli organizzatori e degli enti locali ospitanti. Come se questi non fossero soldi pubblici..
Come seconda mossa, ieri sera ai microfoni del Tg1 il ministro ha deciso di raccontare tutta la verità anche al popolo italiano casomai si fosse sentito tradito e preso in giro.

La linea rossa del «non un euro pubblico è stato speso per la consulente» è molto debole. Se bisogna stare al profilo penale, un’ipotesi di peculato può scattare in qualunque momento, visto che comunque quanto pubblicato da Boccia dimostra che la struttura del ministero ha comunque lavorato per questa signora che non aveva alcun titolo per beneficiare di prenotazioni e servizio di segreteria.

La linea rossa della decenza e del senso del ridicolo è stata invece superata da un pezzo. Lady Pompei è solo l’ultimo anello di una catena di gaffe e figuracce, one man show by Gennaro Sangiuliano, dal romanzo mai letto ma che ha votato allo Strega, a Napoli fondata 250 anni fa, nel mezzo qualche microfono strappato di mano ai giornalisti che «vi insegno io come si fanno le domande». Il genere di articolo più gettonato in questo ore è: «Tutte le gaffe del ministro della Cultura»: si contano decine di svarioni.

L’ILLUSIONE SGRETOLATA

Come ha ricordato ieri mattina su La Stampa una voce dall’interno come Flavia Perina, ex parlamentare, giornalista e donna nativa della destra (e però non valorizzata da Meloni), il problema è che la rivoluzione culturale promessa da Sangiuliano per combattere il pensiero unico e le élite di sinistra e definire una nuova egemonia culturale della destra con tanto di pantheon di illustri pensatori (ha provato a reclutare Gramsci e Dante) è finita miseramente in una farsa. Sbriciolata pezzo dopo pezzo: il cantante Morgan, la consulente Boccia, le gaffe. Ancora si ricorda la presentazione alla Camera dei deputati (4 aprile 2023) del convegno “Pensare l’immaginario italiano, Stati Generali della cultura nazionale”. «L’egemonia di sinistra ci ha emarginato per anni, ora tocca a noi» tuonò il neo ministro alla Cultura.

Ecco qua, un anno e mezzo dopo, più o meno ci siamo: una bella ragazza, magari anche brava ma non abbastanza per diventare consulente; una ragazza anche furba e cinica che non si vergogna certo di registrare, fotografare, conservare e indossare occhiali con telecamera che filmano dove non si può filmare; un ministro che balbetta e costretto alla prova scontrino; ci mancano solo gli insulti sessisti di firme del giornalismo. Un B movie, ecco dov’è finita l’egemonia culturale della destra. Le opposizioni chiedono spiegazioni e le dimissioni di Sangiuliano. Dopo Santanchè (per motivi giudiziari) e Fitto (commissario europeo), la sostituzione di Sangiuliano nei fatti aprirebbe a un rimpasto di governo. Con una nuova fiducia. La premier è furiosa. E tra due settimane c’è il G7 della cultura. Ancora incerta la sede. E anche il ministro.


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Francesco Ridolfi

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