Antonio Tajani, segretario di Forza Italia
4 minuti per la letturaDa tre mesi almeno il vicepresidente del Consiglio, Antonio Tajani dice la sua, spesso fuori asse rispetto alla premier e all’altro vice, Matteo Salvini, come, per fare un esempio, sullo ius scholae
DA TRE mesi Antonio Tajani è impegnato a distinguersi dagli alleati di governo, a cercare la nota fuori spartito così da rappresentare la forza tranquilla e moderata della maggioranza di governo. Riuscirà il numero due a diventare numero uno? Da vicepresidente del Consiglio, Tajani alza il dito e dice la sua, spesso fuori asse rispetto alla premier e all’altro vice, Matteo Salvini. Tanto per fare un esempio, sullo ius scholae, dice Tajani: «Essere italiano, essere europeo o essere patriota non è legato a sette generazioni prima. Preferisco uno che ha i genitori stranieri e canta l’inno di Mameli a uno che è italiano da sette generazioni e non canta l’inno. Chi è più patriota dei due?».
E ancora, rivolgendosi ai due alleati, Meloni e Salvini: «Non è che se un tema non è nel programma di governo non se ne può parlare. Io non impongo niente a nessuno, ma non voglio neanche che nessuno imponga qualcosa a me, quindi sono libero di parlare». Più di qualcuno ha interpretato questo sfogo, al Meeting di Rimini – classico appuntamento estivo della politica – come lo sfogo di chi non intende recedere dalla proprie posizioni. «Antonio fa sul serio» sussurra chi conosce e frequenta il leader di Forza Italia.
IUS SCHOLAE E NON SOLO: LA BRACE DI TAJANI SOTTO LA CENERE
Non è dato sapere come possa tradursi in concreto tutto questo. Fatto sta che da ieri il chiacchiericcio di Palazzo non esclude più l’ipotesi di una crisi di governo. Cosa vuole fare da grande il vicepremier azzurro? Innescare una crisi per portare la presidente del Consiglio al rimpasto? Oppure il disegno tajaniano deve essere letto in un altro modo, come il tentativo di ridisegnare l’intera architettura della politica italiana? Tutto può succedere, dunque. I processi di rinnovamento non vengono mai programmati. Spesso accadono da un momento all’altro. Si domanda un parlamentare esperto: «Chi mai avrebbe mai immaginato l’arrivo di Draghi? Così come chi mai avrebbe immaginato la crisi del governo dell’ex governatore della Bce?».
In tanti sostengono che tutto questo sia connesso all’inizio della parabola discendente della presidente del Consiglio. Discesa che ancora non si percepisce nei sondaggi, ma viene percepita nei Palazzi romani. Insomma, qualcosa è mutato. A dispetto di tutto questo, gli azzurri spargono ottimismo e ufficialmente rilasciano dichiarazione di amore per gli alleati. «Non c’è e non ci sarà alcuna instabilità di governo. L’Esecutivo è solidissimo e gode di ottima salute» dice il portavoce di Forza Italia, Raffaele Nevi. «Il rischio di tenuta della maggioranza – dice Nevi – ci sarebbe se un partito della coalizione votasse contro un impegno comune presente nel programma di governo, ma non è questo il caso».
La teoria di Nevi suona così: «Sulla cittadinanza si discute, così come si ragiona su Quota 41 o su altri temi, mi viene in mente per esempio la castrazione chimica, ma anche se si hanno posizioni diverse su taluni argomenti, questo non può e non deve rappresentare un problema. Soprattutto non deve far venir meno quel rispetto reciproco che è la base di tutto».
IL PARALLELO CON GIANFRANCO FINI
Insomma, la posizione degli azzurri sul dossier ius scholae non intende cambiare: «Crediamo – insiste Nevi d’accordo con Tajani – che un ciclo di studi di dieci anni sia necessario e sufficiente per ottenere la cittadinanza e favorire una maggiore integrazione di cittadini regolari, bambini che vivono e vanno a scuola in Italia. Niente a che vedere con la proposta dei Cinque stelle, per la quale basterebbero soltanto cinque anni, e ancor di più con quella del Pd che è ancorata allo ius soli. Ma finché si aprirà un dibattito su un tema, e trovo importante che sia accaduto anche in materia di cittadinanza, Forza Italia esprimerà le proprie idee e si confronterà con gli alleati e nelle aule parlamentari. Nessuno si senta offeso. E, soprattutto, nessuno offenda a sproposito nessuno».
In queste ore, proprio perché l’instabilità è uno scenario possibile, c’è chi arriva a fare il parallelo tra Antonio Tajani e Gianfranco Fini. L’ex leader di Alleanza nazionale, ai tempi del Pdl, fece uno strappo di cui ancora oggi si parla. E lo fece dopo aver fatto una serie di passi che sembravano strizzare l’occhio all’opposizione. Come, per esempio, quando nel 2008 sposò una proposta di legge bipartisan proprio in materia di cittadinanza. Ecco perché ritorna lo spettro dell’instabilità e ritorna l’ipotesi di un grande contenitore centrista che possa tenere insieme tutte le anime liberali e popolari.
Non crede nella svolta liberale di Forza Italia, Matteo Renzi: «Come non lo è stato sulle carceri o sulla giustizia – dice -. Forza Italia cerca visibilità, ma in Parlamento servono gli articoli delle leggi, non quelli dei giornali. Abbiamo presentato una proposta di legge che ricalca fedelmente quella approvata alla Camera sotto il mio governo e bloccata al Senato con il governo successivo. Fu frutto di una mediazione tra l’allora ministra Boschi e l’allora capogruppo Ncd Lupi. Adesso vedremo se Forza Italia voterà a favore». Di sicuro, questa volta Tajani e Forza Italia fanno sul serio. Gli alleati sono stati avvertiti.
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