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Nonostante la protesta dei balneari siamo all’ultima spiaggia: questa volta il governo difficilmente riuscirà ad evitare le gare per le concessioni


Non se n’è accorto nessuno, turisti, locali, il popolo delle spiagge in genere. Gli organizzatori, Sib-Confcommercio e Fiba-Confersercenti, dicono che è stato un successo: “80% di adesioni, con punte del 90 per cento. Il nostro obiettivo non era certo danneggiare gli utenti ma accendere un faro su di noi”. In effetti se ne parla: la serrata degli ombrellini, lo sciopero dei balneari, ombrelli chiusi tra le 7.30 e le 9.30 del mattino, orari in cui le spiagge notoriamente non sono affollate e comunque non serve più di tanto ripararsi dal sole.

E però, si, se ne parla, Liguria, alta Toscana, la Versilia di sapore di sale, la Romagna dei 1.052 stabilimenti balneari, la regione con più imprese del settore seguita da Toscana (917), Liguria (797), Lazio (582), fino ai 669 stabilimenti balneari della Calabria e ai 698 della Campania. In tutto sono 7244 registrati in tutta Italia, danno lavoro a più di trentamila persone. Solo che a fronte di un giro d’affari stimato di circa 10 miliardi, lo Stato incassa dagli affitti dei lidi demaniali circa 115 milioni l’anno, una media di 3.200 euro l’anno per avere in concessione spiagge e lidi. Affitti che si tramandano da generazioni, dalla metà degli anni sessanta in barba ad ogni regola di libera concorrenza.

BALNEARI ALL’ULTIMA SPIAGGIA: IL GIORNO DELLA PROTESTA

È stato il giorno della protesta soft. Ma anche quello in cui la categoria si è resa conto di essere arrivata a fine corsa. Dopo diciotto anni di rinvii e proroghe, la direttiva Bolkestein (2006) che impone la regole del mercato in tutta Europa e anche in Italia alla voce (tra le altre) concessioni demaniali farà il suo corso anche in Italia. Ed è esattamente questo il motivo della serrata e della rabbia: proprio il governo di destra, quello di Meloni e Salvini e anche Forza Italia che in questi sedici anni ha detto e giurato che “mai sarà applicata la Bolkestein nel nostro paese” devono accettare l’evidenza dei fatti e delle regole. Il problema è spiegarlo ai balneari.

Martedì pomeriggio Matteo Salvini, ospite come ogni anno del Caffè della Versiliana, ha provato a rassicurare: “Stiamo negoziando con l’Europa”. Diceva che sarebbero andati dritti, che avrebbero “superato”, “archiviato”, “cancellato” la Bolkestein. Adesso invece spiega ad un pubblico scettico, che “la messa gara delle concessioni balneari (questo in sostanza chiede di fare la Bolkestein, mettere a gara le concessioni dei lidi aprendo al mercato per evitare esclusive e prezzi bloccati, ndr) va rispettata”.
La negoziazione riguarderebbe due aspetti della faccenda: il diritto di prelazione per le aziende, per lo più familiari, che gestiscono i bagni; gli indennizzi, cioè riconoscere gli investimenti fatti negli anni negli stessi lidi. Piscine, bar, cabine che sono mobili ma nel frattempo sono diventate casette affittate di anni in anno a prezzi da capogiro con tende e ombrelloni. Praticamente Salvini è costretto a tornare ad una legge del governo Draghi che nel luglio 2022, prima di essere sfiduciato da Lega, 5 Stelle e Forza Italia.

LE DICHIARAZIONI DEL MINISTRO RAFFAELE FITTO

Non diverse le parole del ministro per i Rapporti con l’Europa Raffaele Fitto e i concetti filtrati da palazzo Chigi da parte di Giorgia Meloni che ha voluto tenere per se in questi due anni la delega sui balneari. “Le gare vanno fatte – spiegano fonti di governo – a partire da gennaio, non possiamo più rinviare ne prorogare, lo dicono le sentenze del Consiglio di stato e della Corte europea. Non fare nulla porterebbe alle multe per la procedura d’infrazione e al caos, ogni comune si muoverebbe in autonomia e alla peggio la storia finisce in mano ad un giudice”.

L’ammissione della sconfitta suona alle orecchie dei concessionari come un tradimento e una fregatura. Qualcuno in questi giorni è arrivato a rimpiangere persino Draghi perchè “almeno era stato più chiaro”. Soprattutto conseguente. “A settembre, alla riapertura, sarà fatta chiarezza e saranno date regole certe” ha promesso Palazzo Chigi.

Il problema è quale. Non c’è dubbio che la trattativa debba seguire i criteri della prelazione e dell’indennizzo. Così come non ci sono dubbi sull’obiettivo finale della Bolkestein: aprire al mercato, garantire la concorrenza e allo Stato “un gettito corrispondente al valore del bene”. Il problema è che è difficile calcolare indennizzi e avviamento ad aziende che, in quanto familiari, spesso e volentieri hanno bilanci un po’ approssimativi. Pio Silvestri, procuratore generale della Corte dei Conti, nella requisitoria alle Sezioni Unite del 27 giugno ha calcolato un’evasione media e stabile intorno al 20%. Ha parlato della “necessità di una disciplina quadro sulle concessioni demaniali (non ci sono solo le spiagge, ndr) in linea con il rispetto delle prescrizioni Ue e delle decisioni degli organi giudiziari nazionali”.

BALNEARI ALL’ULTIMA SPIAGGIA, SILVESTRI: «GARE PUBBLICHE PER GARANTIRE IL GETTITO»

È stato Silvestri a parlare di “gare pubbliche per garantire un gettito corrispondente al valore del bene”. Ma, per farla semplice, come potranno le aziende familiari reclamare indennità pari a cento se i loro bilanci parlano di 40-50? Come potranno reclamare indennizzi su opere che però sono già andate in ammortamento negli anni? Ai tempi del Covid i balneari erano infuriati perché il loro indennizzi erano pari a 300-500 euro. “Una miseria” reclamarono in coro. “Il 20% di quanto avete dichiarato” fu la risposta. Adesso siamo un po’ nella stessa situazione. E dunque come farà il governo a fissare le quote di avviamento e indennizzi?

Da qui la grande preoccupazione delle categoria. Anche il Papeete, soprattutto il Papeete, il buen retiro di Salvini, ha fatto la serrata. La sensazione è di essere finiti nell’angolo dopo anni di promesse.
“Sulle concessioni balneari sta crollando il castello di bugie della destra costruito negli ultimi anni e famiglie ed imprenditori sono vittime della loro propaganda” accusava ieri Piero De Luca,, deputato Pd e capogruppo in Commissione politiche europee alla Camera. Il caos è soprattutto tra i sindaci che, in assenza di istruzioni, stanno andando avanti in ordine sparso tra proroghe e messe a gara. Riccardo Magi (+Europa), per anni uno degli alfieri della concorrenza, ha pronta la soluzione: “Basta privilegi e spreco di denaro pubblico. Nel disegno di legge concorrenza appena approvato dal governo presenteremo un emendamento per mettere subito a gara le spiagge”.


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