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Giorgia Meloni e Matteo Salvini

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Matteo Salvini nemico numero 1 di Giorgia Meloni, il Capitano punta a logorare la premier per riconquistare la leadership del centrodestra e attacca il sostegno militare all’Ucraina


Matteo Salvini contro tutti. Anzi, verrebbe da dire, prima di tutto contro Giorgia Meloni. Il leader della Lega, nonché vicepresidente del Consiglio in carica, trascorre le sue giornate a mettere i bastoni fra le ruote all’inquilina di Palazzo Chigi. Il capo di via Bellerio si muove a tutto campo: politica estera, dossier interni, vaccini, legge elettorale, autonomia.

Lo fa apposta? Ufficialmente dalle parti della Lega smentiscono, sbuffano, si infastidiscono a dover ripetere che «mai e poi mai Matteo farà deragliare l’Esecutivo di Giorgia». Eppure, basta scorrere quanto è successo solo nell’ultima settimana: l’adesione al gruppo dei Patrioti in Europa, l’emendamento di Claudio Borghi sui vaccini. Insomma, due episodi che in altri tempi avrebbero innescato una crisi di governo dagli esiti difficili da decrittare.

SALVINI NEMICO NUMERO 1 DI GIORGIA MELONI: ANCORA MODALITÀ PAPEETE

Raccontano che Salvini sia tornato in modalità Papeete. Tutti sanno come sia andata a finire l’ultima volta: crisi del governo Conte e nascita di un altro Esecutivo, ma di centrosinistra. All’epoca “Matteo” puntava alle elezioni anticipate, ma l’operazione non andò in porto.

E adesso quali sono le mire del segretario della Lega? Alle europee si è salvato grazie alla candidatura di Roberto Vannacci, il generale della discordia che nel frattempo è diventato il punto di riferimento dei leghisti di destra e il vicepresidente del gruppo dei Patrioti. E ora il leader del Carroccio ha un obiettivo che ovviamente tiene nascosto: logorare la leader di Fratelli d’Italia (ormai seduta nella stanza dei bottoni e costretta a votare Ursula von der Leyen) e riconquistare la leadership del centrodestra.

«La coerenza prima di tutto» è il motto di Salvini. Partendo dall’Europa. «L’obiettivo – ha scandito in un’intervista a Libero – è costruire a Bruxelles un nuovo grande gruppo che contrasti lo strapotere dei lobbisti, burocrati e banchieri, tutti tendenti a sinistra, filo islamici e filo cinesi. Un gruppo aperto e inclusivo, che ha l’ambizione di crescere e contare. La scelta della Lega è stata chiara prima e dopo il voto: mai nessun accordo con i socialisti e i fanatici che hanno fatto solo danni, il voto in Francia è comunque decisivo. Macron è ormai estrema minoranza in casa sua, come Scholz in Germania, e la Lega con i suoi alleati sarà determinante».
Un messaggio che prima di tutto sembra essere rivolto a Giorgia Meloni e che non a caso ha infastidito tutta la war room di Palazzo Chigi.

Così come ha avuto lo stesso effetto l’uscita di Claudio Borghi che ha depositato un emendamento in commissione Salute al Senato per rendere solo «raccomandata» la profilassi per morbillo e rosolia. «Siamo l’unico Paese in Europa, forse con la Francia ad avere 12 vaccinazioni obbligatorie per i bambini. La legge Lorenzin era una sperimentazione e non mi sembra che ci siamo, la pertosse, ad esempio, ricomincia». Ovviamente il leghista Claudio Borghi si è subito affrettato a precisare che «l’emendamento è mio e non c’entra nulla la Lega».

SALVINI NEMICO DI GIORGIA MELONI? LE STRATEGIE SOTTERRANEE

Eppure in tanti continuano a pensare che la mossa sia stata concordata con il grande capo di via Bellerio. Anche per via di uno scetticismo dichiarato nei confronti dei vaccini. La battaglia salviniana è a tutto tondo, dunque. Ieri, per dire, si è espresso in questi termini: «Penso che Roma, il Lazio, l’Italia, abbiano bisogno di meno burocrazia e di meno vincoli ideologici. Rendiamo compatibili il tema ambientale e l’intelligenza umana. Per rane, moscerini, farfalle… non si possono dire dei no assurdi. Io adoro tutti gli esseri animali, forse meno le zanzare, però non si può fermare una città». Parole che hanno fatto inferocire alcuni ministri: «Ma Matteo sta in maggioranza o all’opposizione?».

Per non parlare dell’uscita sull’invio delle armi a Kiev che rischia di incrinare il fronte della maggioranza sulla guerra in Ucraina. «Più armi si inviano e più la guerra va avanti».
Le dichiarazioni del vice premier vengono contestate dall’altro vicepremier, Antonio Tajani: «Noi siamo parte integrante della Nato. Nessuno ha mai detto che dobbiamo uscirne. Il nostro impegno è quello di procedere verso l’obiettivo del 2%, un obiettivo che non si può raggiungere immediatamente. Ma bisogna tenere conto anche che l’Italia è il secondo Paese che offre donne e uomini in uniforme in tutte le missioni di pace della Nato e che siamo arrivati all’1,6%. Intendiamo procedere, per noi la Nato è un punto fondamentale della nostra politica estera, come la presenza nell’Unione europea».

LE PROTESTE DELLE OPPOSIZIONI

Le opposizioni si aggiungono al grido di protesta: «Salvini è evidentemente tornato in versione Papeete», commenta il capogruppo di Italia viva al Senato, Enrico Borghi. «Nei giorni del vertice Nato di Washington e del terribile bombardamento russo all’ospedale pediatrico di Kiev – osserva – Salvini se ne esce con una dichiarazione che nel merito è un’autentica provocazione, e sul piano politico è una netta presa di distanze dalla linea seguita dal governo. Come primo atto italiano del nuovo gruppo europeo filo-putiniano, non male. Qualcuno avverta la presidente del Consiglio che nel suo governo c’è chi balla il tango con più di uno».

Non è finita. Salvini se la prende prima con Macron nel pieno vertice Nato – «È un leader delegittimato» – e poi con il presidente degli Stati Uniti: «Le condizioni di salute di Biden non mi sembrano brillantissime, essere in salute per il capo degli Usa mi sembra importantissimo».
Un’altra uscita che si somma alle altre e che di certo non aiuta l’immagine del governo Meloni all’esterno. Logorare la premier è la strategia. E sembra fin troppo evidente.


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