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Edi Rama e Giorgia Meloni con l'accordo sui migranti

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LA NOTIZIA più complicata da gestire per la cabina di regia di Palazzo Chigi arriva sul far della sera: attorno alle 18.30, quando da qualche ora si sono concluse le comunicazioni di Giorgia Meloni al Senato in vista del Consiglio europeo, la Consulta albanese annuncia la sospensione delle procedure parlamentari per l’approvazione dell’accordo Rama-Meloni sui migranti, prevista per oggi. Si tratta di una grana di non poco per Palazzo Chigi e per la sua narrazione, visto che Meloni in tema di migranti aveva fortemente puntato sul Patto con il premier albanese Edi Rama.

Tutto questo succede nel giorno del secondo tempo di Meloni in Parlamento. Questa volta al Senato in vista del vertice europeo. Dell’accordo che rischia di saltare in Albania tra Meloni e Rama sui migranti, se ne parlerà dopo. Anche a Palazzo Madama ribadisce un concetto: ovvero che vede “qualche spiraglio” sulla trattativa del Patto di stabilità. Giorgia Meloni si presenta su queste note al Senato. La riforma del Patto di stabilità? “È una trattativa complessa, le posizioni di partenza sono distanti e penso che la posizione italiana si debba decidere alla fine”. L’inquilina di Palazzo Chigi ammette che all’interno di Bruxelles ci sono delle divergenze che non sarà facile colmare. Per dire, “la posizione che è più distante da noi è quella della Germania, non dell’Ungheria. Ma è legittima”, sottolinea. Parole che non fanno altro che alimentare l’indiscrezione del veto italiano sul patto di stabilità. O comunque di un finale non ancora scritto: “Io non escludo nessuna delle scelte. Credo si debba fare una valutazione su ciò che è meglio per l’Italia sapendo che se non si trova un accordo, noi torniamo ai precedenti parametri. Io farò tutto quello che posso per far ragionare i miei omologhi. Quello che stiamo proponendo è utile non solo a noi, ma ad una strategia”.

In aula al senato c’è ancora l’eco degli attacchi al governo Draghi del giorno precedente a Montecitorio. Un attacco che è stato poi minimizzato dalla stessa leader di Fd’I. “Nessun attacco a Draghi” taglia corto là premier. “Non bisogna ribaltare il quadro. Su un treno per Kiev sono salita anche io, io mi riferivo al fatto che in passato c’è stata un’Italia che ha ritenuto che tutto il suo ruolo dovesse essere accodarsi a Francia e Germania e mettersi in fila per una fotografia. Io non credo che questa sia politica estera”.

Capitolo Mes. Che ne sarà della riforma del Fondo Salva Stati? L’Italia resterà il solo paese a non ratificarlo? Anche in questo caso la premier rilancia e prende di mira il secondo esecutivo presieduto da Giuseppe Conte. “Quel governo alla chetichella ha dato l’assenso al Mes”. E proprio mentre scolpisce queste parole Meloni mostra alle opposizioni il fax inviato all’allora rappresentante Massari da Luigi Di Maio in cui lo autorizzava a siglare il Mes. E tutto questo, ha aggiunto la presidente del consiglio, è successo “il giorno dopo le dimissioni del governo Conte, quando era in carica solo per gli affari correnti. Capisco la vostra difficoltà e il vostro imbarazzo, ma dalla storia non si esce. Questo foglio dimostra la scarsa serietà di un governo che prima di fare gli scatoloni lasciava questo pacco al governo successivo”.

Sia come sia, Meloni spazia su tutto: dal Mes alla sanità. Su quest’ultimo dossier Meloni non ne vuole sapere di chi la accusa di aver taglia il fondo sanitario. “Al massimo abbiamo liberato risorse sul diritto allo studio, sull’Emilia Romagna, abbiamo dato ancora più finanziamenti sulla sanità. Con un piccolo escamotage tecnico arriva il fondo sanitario al massimo di risorse mai avute nel fondo”. Da questo momento in poi Meloni mette in fila i risultati del governo. “Durante gli anni di governo del centrosinistra il Pil crollava ora con noi il Pil va meglio”. E ancora: “La propaganda poi si scontra con la realtà”. Si rivolge poi alle opposizioni: “Io farò sempre la mia parte per ricordare le politiche disastrose di governi precedenti che noi siamo chiamati a riparare. L’austerità? Non so cosa intenda, noi abbiamo smesso di buttare i soldi degli italiani dalla finestra con spese come quelle per superbonus e banchi a rotelle. Non è austerità ma serietà” ed è il motivo “per cui gli italiani hanno chiesto a noi di governare e a voi di fare un passo indietro”.

Conte è il più bersagliato del primo intervento e della replica della stessa premier. “Noi non stiamo trasferendo armi a Israele. Oppure vi riferite alle armi che il Governo Conte ha venduto ad Israele, visto che il governo Conte è stato quello che ha venduto più armi di tutti a Israele”. Il tutto senza dimenticare il Pd di Elly Schlein, in particolare in tema di migranti. “Mi ha colpito la reazione del Pd”. Sull’accordo con l’Albania, che “non viola il diritto internazionale”, “io sono rimasta basita quando qualcuno ha paventato l’espulsione di Rama dal partito socialista europeo per aver osato di aiutare l’Italia. Questo la dice lunga sul punto di vista che si ha sull’anteporre gli interessi di partito a quelli della nazione. Io credo che gli interessi della nazione vadano anteposti a quelli di partito, non è quello che ho sempre visto a sinistra”.

Dall’altra parte del campo si scatenano le opposizioni. Per il Nazareno tocca a Beatrice Lorenzin replicare alla premier: “Oggi in Senato abbiamo ascoltato un intervento inutilmente aggressivo della presidente Meloni. Reduce dalle gaffe alla Camera su Draghi di ieri sera, non ha trovato di meglio che attaccare il Pd. Però le ricordiamo che da piu’ di un anno oramai lei governa, insieme ad una maggioranza numericamente solida”. Insomma, insiste Lorenzin, “ci si saremmo aspettati un atteggiamento meno arrogante verso un parlamento privato sempre piu’ delle sue prerogative istituzionali e degli spazi d’indirizzo che gli appartengono. Oggi abbiamo assistito all’ennesima prova generale del premierato a cui la destra ambisce”. Bordate al governo arrivano anche da Carlo Calenda, leader di Azione: “Sul Mes, c’e’ una posizione delirante: vi state tutti accusando su chi ha mollato prima la contrarieta’ a una cosa che sappiamo che comunque ratificheremo. Portiamo il Mes in Parlamento e vediamo chi lo vota. La destra dice l’avete ratificato nottetempo, la sinistra dice, no che lei ha cambiato idea”.

Va da sè, non si esente dal criticare la premier il M5S di Giuseppe Conte, messo sotto accusa in diversi passaggi dall’ inquilina di Palazzo Chigi. È Stefano Patuanelli a rispondere per le rime alla premier: “Ormai non c’è più limite alla involontaria comicità della Presidente del Consiglio. Rivendicare soltanto una mini-flessibilità sugli interessi sul debito pubblico contratto per certi tipi di investimenti, peraltro solo fino al 2027, è ridicolo. Ebbene, in cambio di questo nulla, il Governo Meloni alla fine ratificherà il Mes. Così si chiuderà il cerchio: Giorgia Meloni, che era ministro del Governo di centrodestra che nel 2011 istruì, preparò e approvò il Mes, alla fine metterà la firma sulla sua ratifica. Che magnifico sovranismo”.

E poi c’è Matteo Renzi. Il leader di Italia viva torna anche lui a battere il tasto del Mes: “Il Fondo Salva Stati nasce con il governo Berlusconi e il presidente del Consiglio era ministro. Avete diritto di dire di no al Mes, ma faccia votare il Parlamento. Vediamo se qualcuno è pro o contro. Io voterò a favore. Come è possibile che lei ci abbia nascosto la legge di bilancio e la possibilità di discutere del Mes. Venite in parlamento e discutete, altrimenti la retorica parlamentare diventa fuffa. Il fatto che faccia melina sul Mes non le fa onore, lei è la donna dei sì, sì, no, no”.

La serata si conclude e poi arriva la doccia fredda direttamente dall’Albania sul patto per i migranti sottoscritto da Meloni e Rama


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