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Giorgia Meloni e Antonio Tajani

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La presidente del Consiglio Meloni è consapevole che la strada da qui in avanti non sarà lineare: migranti condoni ponte e mes ecco i nodi della maggioranza

Non basta la ritrovata sintonia con Emmanuel Macron che, come sussurra un parlamentare in Transatlantico, «è l’ultimo regalo di Napolitano, senza il suo funerale non ci sarebbe stato l’incontro tra Meloni e il presidente francese». La presidente del Consiglio è consapevole che la strada da qui in avanti non sarà lineare, che ogni giorno ci sarà un nodo da sciogliere, uno scoglio da superare. E non basta certamente la sintonia con Ursula von der Layen, perché la questione migranti – come si evince da quanto sta succedendo negli ultimi giorni – non si risolve certo con uno schiocco di dita.

L’inquilina di Palazzo Chigi sa altresì che da ora in avanti i decibel degli alleati continueranno ad aumentare e che tutto sarà assai drogato dalla lunghissima campagna elettorale. Che ci sia più di un problema nella maggioranza lo sanno in tanti e ne è consapevole la stessa premier Giorgia Meloni, la quale si aspetta un atteggiamento diverso da parte di tutti. Prima di ogni cosa dai suoi che devono evitare uscite scomposte. E poi dagli alleati.

MIGRANTI E CONDONI, LE FIBRILLAZIONI IN MAGGIORANZA

La dichiarazione di Andrea Crippa ha fatto sobbalzare dalla sedia la war room di Palazzo Chigi. «Ottant’anni fa il governo tedesco decise di invadere gli Stati con l’esercito ma gli andò male, ora finanziamo l’invasione dei clandestini per destabilizzare i governi che non piacciono ai socialdemocratici». Un’accusa pesantissima scandita non dall’ultimo dei peones di via Bellerio ma da un vicesegretario leghista. Lo stesso che negli ultimi giorni ha chiamato in causa anche la premier Meloni sul caso migranti: «La via delle diplomazia ha fallito», ha tuonato.

Ecco, l’uscita di Crippa non è la sola nel mazzo di una giornata. A seguire c’è il solito Salvini che ha rincarato la dose. «Quando mi hanno detto che la Germania, ma anche altri Paesi, finanziano attività private e associazioni private, che collaborano alla gestione dell’immigrazione clandestina in Italia, non mi è sembrato rispettoso. Se le Ong tedesche portassero gli immigrati in Germania nulla quaestio, se li lasciano in Italia è un problema».

Non a caso Tajani, che rappresenta il centro della coalizione, prende le distanze da Crippa. «Non è un membro del governo, quindi non è quella la posizione del governo». Tutto questo sta a significare che la coalizione di governo non è in buona salute. Emerge sempre più l’eterogeneità di una compagine di governo dove i tre azionisti si dividono sulle scelte e dunque sull’azione dell’esecutivo. Addirittura succede che su una stessa proposta – il condono per i piccoli abusi edilizi (copyright Matteo Salvini) – si spacca la Lega.

«Io posso rispondere sulle cose che fa il governo. Non su notizie che appaiono sui giornali ma che il governo non ha adottato e che probabilmente non ha neanche intenzione di adottare». È la replica piccata del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Dubbioso anche Maurizio Lupi, leader di Noi moderati, stampella centrista del centrodestra: «Se fossi stato in Salvini non avrei proposto una soluzione con la parola “condono”. Mi pare che le priorità siano le semplificazione, la sburocratizzazione e i tempi certi per i titoli edilizi».

IL PONTE SULLO STRETTO: SALVINI CORRE FRATELLI D’ITALIA FRENA

E cosa dire dell’ultimissima crepa che riguarda la grande opera su cui Matteo Salvini sta investendo tutte le fiches: il Ponte sullo Stretto. Il ministro delle Infrastrutture continua a manifestare ottimismo: «I cantieri si apriranno dopo 52 anni di parole, nell’estate dell’anno del signore 2024». Peccato che gli alleati di Fratelli d’Italia frenino attraverso le parole del capogruppo a Montecitorio Tommaso Foti. «Allo stato mi pare che non abbiamo un progetto esecutivo, poi io non mi occupo della progettazione. Prudenzialmente posso pensare che nel 2024 ci possa essere il progetto esecutivo».

E ancora: «Il ponte sullo Stretto in manovra? Il ponte in manovra è una spesa d’investimento e quindi penso possa essere una posta di bilancio che riguarda un programma pluriennale. Nel 2024 bisogna vedere, io dubito che saremo già agli appalti. In genere i soldi servono per la progettazione e per gli appalti, ma servono più per gli appalti, non per la progettazione».

Altro terreno scivoloso: il Mes. L’esecutivo italiano è rimasto l’unico paese in Europa a non aver dato il via libera alla ratifica, per le resistenze di FdI e Lega. Non proprio un buon viatico in vista dell’invio della manovra di bilancio e della discussione sulla riforma del patto di stabilità. Ragion per cui nelle ultime ore Meloni avrebbe cambiato idea, accendendo la luce verde. Eppure c’è chi sostiene che Salvini fino all’ultimo opporrà resistenza.

MIGRANTI, CONDONI, MES MA SOPRATTUTTO BILANCIO: L’ATTACCO DELL’OPPOSIZIONE ALLA MAGGIORANZA

«Meloni arriva tardi e male a questo appuntamento. La negoziazione ‘a pacchetto’ era solo nella sua testa e la Legge di stabilità non sarà da ‘nuovo rinascimento italiano’ ma da Paese che cresce assai meno delle previsioni di iniziò anno» tuona il deputato di +Europa Benedetto della Vedova. Insomma, saranno settimane infuocate, a partire dalla stesura della legge finanziaria. «Scrivere la manovra di bilancio senza un centesimo in cassa è impresa disperata, né può mai funzionare il ricatto all’Europa pensando di dare il via libera al Mes in cambio di maggiore deficit» attacca Osvaldo Napoli della segreteria di Azione.


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