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Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni

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IL VERO banco di prova del governo a guida Giorgia Meloni rimanda a una parola su cui tutti gli esecutivi che si sono succeduti nel corso degli anni hanno subito una battuta di arresto: la parola magica è “riforme”. Ed è vero che non è passato un anno dalla nascita dell’esecutivo Meloni ma è anche vero che per realizzare le riforme può non essere sufficiente un’intera legislatura. Un primo risultato non definitivo è stato segnato nella giornata di venerdì con l’approvazione del disegno di legge delega fiscale. Fin da subito ci si metterà al lavoro sui decreti legislativi di attuazione da varare entro il luglio del 2025 per far sì che i primi provvedimenti possano partire comunque da gennaio del 2024. «Una giornata storica, attesa da cinquant’anni, una svolta per il nostro sistema fiscale che è assolutamente penalizzante per i contribuenti» scolpisce il viceministro Maurizio Leo.

Parole, sulle riforme, che sono state rilanciate dalla premier Giorgia Meloni: «Sono molto soddisfatta dell’approvazione di una riforma strutturale e organica che incarna una chiara visione di sviluppo e crescita. Un provvedimento storico che rivoluzionerà il rapporto tra fisco, cittadini e imprese». Riformare il fisco è uno degli obiettivi di tutto il centrodestra. Non a caso la coalizione si è mostrata compatta fin dal primo minuto e lo dimostrano le parole di Maurizio Lupi di Noi Moderati: «Un fisco più vicino ai cittadini, con la semplificazione, l’aiuto a famiglie e imprese, la diminuzione della pressione fiscale, la lotta all’evasione fiscale: questo era il compito che i cittadini ci avevano assegnato con la delega fiscale e l’abbiamo raggiunto». E il primo step della riforma è stato apprezzato da chi, come il renziano Luigi Marattin, non siede nei banchi della maggioranza: «La riforma fiscale del governo va nella giusta direzione perché riprende tutti i temi della delega Draghi. Dalle modalità di sostituzione dell’Irap, ai principi di semplificazione dell’Iva. Dalla codificazione all’avvicinamento tra bilancio civilistico e fiscale, passando per le microtasse, la semplificazione della tassazione dei redditi finanziari, la mensilizzazione delle imposte per gli autonomi, gli interventi sull’Irpef. E molto altro ancora».

Insomma, qualcosa si muove ma non è certo sufficiente. Perché l’iter parlamentare potrebbe non essere lineare. Sul fronte inflazione è in procinto di approvazione il dl “Asset e investimento” atteso per domani in consiglio dei ministri con l’obiettivo di contenere il caro prezzi per i biglietti aerei. E dal primo ottobre scatterà il trimestre anti-inflazione sul carrello della spesa. Un accordo raggiunto dal ministro del Made in Italy Adolfo Urso che dovrebbe dare «un definitivo colpo all’inflazione riconducendola a livelli naturali». Va da sé, che in questo contesto il governo dovrà vedersela con altre due riforme: l’autonomia differenziata, caldeggiata dalla Lega di Salvini, e il «premierato», invocato dalle truppe di Meloni. Due riforme su cui si sta giocando una partita tutta interna al centrodestra. I leghisti, infatti, premono per approvare il ddl autonomia prima delle elezioni europee, così da poter consegnare agli elettori del nord un risultato. Tuttavia la premier Meloni intende portare avanti le due riforme parallelamente, per evitare che un partito si avvantaggi sull’altro. Augurandosi, altresì, di allargare il consenso in Parlamento. E a proposito di aperture sono arrivati segnali che vanno in questa direzione da parte delle truppe renziane. Poi certo le opposizioni fanno muro e continueranno a farlo.

Per Francesco Boccia del Pd «più che una delega fiscale la chiamerei delega in bianco agli evasori: è un festival di condoni e scudi fiscali». Tesi condivisa da Nicola Fratoianni di Alleanza Verdi e Sinistra: «Si tratta invece per l’ennesima volta di un favore agli evasori con condoni e corcordati e della riduzione ancora una volta della progressività fiscale. Insomma la conclusione è chiara – conclude Fratoianni – più disuguaglianza sociale e più ingiustizia fiscale a danno della maggioranza dei cittadini di questo Paese».


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Alessandro Chiappetta

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